Tutto da rifare sui dragaggi al Molo Polisettoriale di Taranto
Dopo anni di tira-e-molla (e milioni di euro di riserve riconosciute) l’Adsp decide di risolvere il contratto con Webuild. Da capire anche i possibili sviluppi del rapporto concessorio con il San Cataldo Container Terminal
“Lo stato di fatto in cui versa l’appalto non consente la prosecuzione dei lavori”, sicché “ricorrono le fattispecie richiamate dalle norme per dare seguito senza indugio (…) alla risoluzione del contratto”.
Questa frase è contenuta in un decreto dell’Autorità di Sistema Portuale di Taranto con cui pochi giorni fa è stato deciso di risolvere il contratto risalente a inizio 2015 con Partecipazioni Italia (società di Webuild che aveva rilevato l’originario contratto di Astaldi) per la realizzazione di una vasca di colmata e il dragaggio di 2,3 milioni di metri cubi di fanghi presso il Molo Polisettoriale dello scalo jonico. Ovvero il mancato approfondimento a -16,5 metri dei fondali che nel 2016 consentì già all’allora concessionario Taranto Container Terminal di restituire la concessione lasciando a casa 500 dipendenti senza pagare dazio, essendo uno degli impegni vincolanti assunti dall’ente concedente.
Uno scenario che ora potrebbe forse ripetersi (con la differenza che il personale è stato riassunto solo in minima parte) col concessionario subentrato nel 2019, il gruppo turco Yilport, anche se l’Adsp nello specifico non ha mai precisato come in tal senso sia stato disciplinato il rapporto con il termianlista e il suo piano d’impresa.
L’esito della vicenda, ad ogni modo, non arriva a ciel sereno. L’inadeguatezza del progetto emerse fin dal principio, ci furono frizioni fra appaltante e appaltatore, tanto che per un’opera da 670 giorni furono necessari due anni solo per arrivare alla consegna dei lavori. A ciò si aggiunse la crisi di Astaldi, di fronte alla quale il presidente Sergio Prete, numero uno dell’ente, decise di proseguire e nel febbraio 2021 nominò un Collegio Consultivo Tecnico (Cct), organo introdotto dal Decreto Semplificazioni, per tentare di facilitare le controversie fra stazioni appaltanti e appaltatori.
È proprio del Collegio la valutazione definitiva succitata all’inizio di questo articolo, anche se due anni fa, malgrado numerose “non conformità” fossero già state segnalate dalla direzione lavori, l’organo era di tutt’altro avviso e aveva riconosciuta all’appaltatore circa 17 milioni di euro sui 60 circa di riserve richiesti.
Ora, dopo altri due anni di ping pong, non senza l’emersione di sempre nuove problematiche (su tutte la scadenza della Via e il fallimento nel rinnovarla) e dopo l’ultimatum dello scorso autunno ampiamente scaduto, si è deciso di metter la parola fine, ma è da vedere quanto l’ente riuscirà a recuperare di quelle risorse già impiegate.
La port authority ha infatti deciso di escutere la cauzione sull’anticipazione del 2017 e di non svincolare la cauzione definitiva “sino alla quantificazione del pregiudizio da porre a totale carico dell’appaltatore”. L’Autorità di sistema portuale, in sostanza, si riserva di valutare i danni subiti e ‘subendi’, anche in termini di eventuale “maggiore spesa sostenuta per affidare ad altra impresa i lavori” e decisivo (anche per il lavoro della Corte dei Conti) sarà capire se e quanto della vasca realizzata si potrà eventualmente recuperare.
Se il contenzioso con Webuild appare probabile, l’incognita principale è come detto quella che riguarda il futuro del Molo Polisettoriale, del concessionario San Cataldo Container Terminal e dei lavoratori ex Tct ancora in attesa di una soluzione. Sulla vicenda la port authority di Taranto ha preferito non rilasciare dichiarazioni.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY