“In capo alle port authority la responsabilità di realizzare e gestire l’elettrificazione delle banchine”
La federazione europea Feport ha chiesto che gli oneri non ricadano sui terminalisti portuali
FuelEu Maritime e Alternative Fuels Infrastructure Regulation (Afir) costituiscono due importanti atti normativi volti a ridurre le emissioni delle navi.
Feport, la federazione europea dei terminal portuali, con una nota esprime favore per entrambi gli obiettivi, “poiché l’inquinamento atmosferico emesso dalle navi nei porti – come CO2, ossidi di zolfo, ossidi di azoto o particolato – costituisce una preoccupazione pressante per le aree costiere e le città portuali a causa del suo impatto sulla salute dei cittadini e sull’ambiente locale”.
Tuttavia, aggiunge, per ottenere una diffusione di successo dell’energia elettricità da terra, è essenziale che i diversi attori dell’ecosistema portuale/marittimo collaborino e siano allineati. “Le autorità portuali hanno un ruolo centrale nell’amministrazione e nella gestione delle infrastrutture portuali, comprese quelle per i combustibili alternativi come l’Ops (onshore power system, ndr). Allo stesso tempo, gli operatori dei terminali devono essere strettamente coinvolti nel processo, poiché gli impianti occuperanno una quantità significativa di spazio sulla banchina, incidendo quindi sulle operazioni dei terminali. È inoltre necessario un coordinamento con il fornitore di energia elettrica e con il settore marittimo, in modo che l’offerta corrisponda alla domanda”.
Poiché l’installazione di Ops è un puzzle logistico così complesso, Feport ha sempre chiesto che venga fornito in quei luoghi del porto (come ormeggi o terminal) dove ha più senso dal punto di vista ambientale ed economico. “La diffusione dell’elettricità da terra implica enormi costi e rischi di investimento, poiché manca una domanda volontaria da parte delle compagnie di navigazione per l’utilizzo dell’Ops e perché FuelEU Maritime consente alle navi di utilizzare altre tecnologie a zero emissioni all’ormeggio” aggiunge la federazione.
Feport nella sua nota sottolinea che “questi rischi di investimento non dovrebbero essere trasferiti ai gestori di terminali privati obbligandoli a investire nell’Ops, come avviene in alcuni porti. Gli operatori dei terminal hanno un impatto molto limitato sull’uso effettivo dell’energia da terra; la decisione di investire o meno nell’Ops dovrebbe rimanere una decisione commerciale volontaria, basata sul rendimento atteso dell’investimento. A questo proposito, è fondamentale che le condizioni di parità tra i porti siano mantenute grazie a un quadro giuridico chiaro e armonizzato per quanto riguarda la responsabilità degli investimenti in offshore power system”.
Feport invita pertanto i colegislatori, nell’ambito dei negoziati interistituzionali in corso sull’Air, a concordare un testo che specifichi chiaramente quale attore dell’ecosistema portuale è responsabile della fornitura di infrastrutture per i combustibili alternativi come gli Ops. La federazione dei terminalisti ribadisce che l’Afir dovrebbe essere coerente con la legislazione europea esistente, in particolare con l’articolo 2(5) del Regolamento sui Servizi Portuali che specifica come l’ente di gestione del porto o, se del caso, un’altra autorità competente, è responsabile della gestione e dell’amministrazione delle infrastrutture, nonché con i punti 157 e 161 aggiunti all’emendamento del 2017 del Regolamento Generale di Esenzione per categoria, che specificano che l’elettricità a terra rientra nella definizione di infrastruttura portuale.
Feport raccomanda quindi che, “in linea con la legislazione vigente, le autorità portuali e gli enti di gestione dei porti rimangano responsabili per la costruzione, la gestione e la manutenzione delle infrastrutture di base nei porti, compresa l’installazione di Ops e di impianti di bunkeraggio puliti”.
Infine, sempre secondo la federazione, a causa degli attuali rischi di investimento “è fondamentale stanziare sufficienti finanziamenti nazionali ed europei per l’introduzione dell’Ops. Le entrate che saranno raccolte con l’implementazione di FuelEU Maritime e l’applicazione dell’Ets (Emission trading scheme, ndr) al trasporto marittimo rappresentano un’ottima opportunità in questo senso. Anche l’imminente esame da parte della Commissione europea del fabbisogno di risorse del programma Connecting Europe Facility dovrebbe essere condotto tenendo presente la necessità di finanziamenti pubblici per sostenere l’introduzione di infrastrutture per i carburanti alternativi nei porti. Tali programmi di finanziamento dovrebbero anche le esigenze tecniche dei terminali e i costosi adattamenti delle sovrastrutture dei terminali che sono necessari per il successo dell’introduzione degli onshore power system”.
In Italia è recentemente intervenuto su questo tema il segretario generale di Assarmatori, Alberto Rossi, sottolineando che l’elettrificazione di alcune banchine e non della totalità di esse in uno scalo, configurerebbe una discriminazione concorrenziale a danno dei terminal non dotati di allaccio. Ciò sulla base del fatto che, con l’entrata in vigore delle regole Imo sul cosiddetto Cii – Carbon intensity indicator, un armatore ha un vantaggio concreto, in termini di degradazione della classe inquinante della propria nave, nel prediligere un terminal elettrificato a uno tradizionale.
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