Becce (Assiterminal) agita lo spauracchio Ccnl porti senza limitazione ai rincari dei canoni
Duramente contestato anche il progetto di riforma dei porti con l’autonomia differenziata chiesta in primis dalla Regione Liguria
Milano – Luca Becce, presidente di Assiterminal (associazione dei terminalisti portuali aderente a Confindustria), ha sfruttato il palco del convegno Shipping Forwarding & Logistics meet Industry, per lanciare due allarmi al Governo: il primo riguardante la nuova autonomia differenziata per i porti che alcune regioni vorrebbero adottare, il secondo il netto incremento dei canoni concessori.
A proposito di quest’ultimo delicato tema, ovvero l’aumento del 25% dei canoni concessori nei porti introdotto per il 2023 dall’ultima Legge di Bilancio (con conseguente mancato correttivo nel decreto Milleproroghe per effetto della bocciatura della Ragioneria dello Stato e del Quirinale), il presidente dei terminalisti portuali ha reso noto che un compromesso (suggerito dalla stessa Assiterminal) è stato trovato ma deve ancora concretizzarsi in un anno atto del Ministero dei trasporti.
“Abbiamo chiesto – ha spiegato Becce – che il 25% di aumento previsto per legge venga applicato al valore minimo inderogabile delle concessioni demaniali, ovvero ai livelli delle concessioni balneari dove la media è di 1,88 euro per metro quadrato mentre nei porti questo valore è di 10 euro per metro quadrato. Con il viceministro Rixi su questo è stata trovata un’intesa ma serve che precise indicazioni sull’interpretazione da utilizzare per applicare la norma vengano trasmesse dal Ministero delle Infrastrutture dei Trasporti alle singole Autorità di sistema portuale”. In questo modo, insomma, i terminalisti sarebbero riusciti a scongiurare le gravi conseguenze economiche che, altrimenti, un’applicazione fedele della norma avrebbe comportato in termini di costi aggiuntivi per i terminal operator. Per dare un’idea un incremento del 25% del canone concessiorio per il Psa Genova Pra’ significherebbe 3 milioni di euro di maggiori oneri rispetto a quanto pagato ogni anno negli esercizi passati.
Ad oggi, però, questa circolare interpretativa della norma dal Ministero dei trasporti ancora non è stata spedita alle 16 port authority italiane e Assiterminal mette già le mani avanti agitando lo spauracchio del prossimo rinnovo del Ccnl porti: “Se non ci sarà questo tipo di riconoscimento, considerando il +40% di costi energetici già sostenuti e il 40% di maggiori costi degli equipment portuali con tempi di consegna raddoppiati, noi terminalisti non saremo in condizione di rinnovare il Ccnl porti in scadenza a fine anno”. Per sottolineare il messaggio il presidente dei terminal operator ha esplicitamente parlato di “pace sociale a rischio perché non avremo i soldi per sopportare tutti questi aumenti”. Un’affermazione che non ha mancato di sollevare alcuni commenti in platea sugli enormi profitti che, soprattutto alcuni terminal container italiani, da anni accumulano stabilmente. Utili che, va detto, non riguardano indistintamente tutti i terminal portuali italiani ma solo alcuni.
Oltre al rincaro dei canoni concessori, Becce si è scagliato anche contro la possibile riforma portuale chiesta da alcune regioni sulla spinta dell’approvato decreto sull’autonomia differenziata. “Sono molto preoccupato -ha affermato – dalla discussione sull’autonomia differenziata. Stamattina mi sono dovuto sorbire un’altra filippica del governatore della Liguria, Giovanni Toti, su questo tema. E’ una stupidaggine parlare di porti di enti locali. Gli scali marittimi agiscono su demanio portuale nazionale che è dello Stato e non può essere della regione o del comune. Questo è un punto imprescindibile; le infrastrutture di collegamento dei porti verso i propri mercati interni sono servizi di carattere generale, servono aree geografiche nazionali o internazionali. Un porto core, inserito all’interno del network europeo Ten-T, come può essere governato da una Regione o da un Comune?”.
Secondo il presidente di Assiterminal è chiaro che ci sia “un tema di semplificazione” da affrontare ma “si tratta di stabilire quali materie sono di competenza nazionale e quali di competenza combinata fra nazionale e istituzioni locali. Bisogna smetterla di fare propaganda su questo tema. Le concessioni sul demanio nazionale vanno governate a livello nazionale”.
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