L’autogol italiano sugli e-fuel per il trasporto marittimo
Transport&Environment spiega perché il Governo dovrebbe rivedere la decisione di non sostenere la proposta di introdurre una quota minima di carburanti sintetici per le navi
Intervento a cura di Chiara Mingozzi *
* shipping policy analyst Transport & Environment
Fin dall’antichità, le navi hanno giocato un ruolo centrale per il commercio italiano, assicurando l’approvvigionamento costante di molti dei prodotti che oggi troviamo nei nostri negozi di fiducia, oltre a quelli che ci arrivano comodamente a casa. La crescita esponenziale del commercio marittimo ha tuttavia piazzato quest’industria in testa alle classifiche dei settori più inquinanti del pianeta, al pari dell’aviazione. Senza ulteriori misure volte a contrastare le emissioni del trasporto marittimo, entro il 2050 le navi potrebbero essere responsabili per il 10% delle emissioni globali di CO2.
Oggi, grazie ai passi da gigante fatti negli ultimi anni dalla tecnologia nel settore, è finalmente possibile immaginare un futuro diverso: un trasporto marittimo pulito che possa sostituire combustibili fossili con carburanti sintetici (o e-fuel), prodotti a partire da idrogeno verde. A livello Europeo e nel contesto della Direttiva FuelEU Maritime, gli Stati membri stanno infatti discutendo l’introduzione di una quota che richiederebbe alle navi di utilizzare un minimo del 2% di carburanti sintetici marittimi per stimolarne la domanda e ridurre quindi i costi. Questa misura sarebbe la prima a introdurre dei target di riduzione delle emissioni concreti per le navi.
Dopo un lungo silenzio, la scorsa settimana l’Italia ha deciso di non appoggiare la proposta di una quota minima di e-fuel, con l’obiettivo di “preservare la neutralità tecnologica’’, ovvero non favorire un tipo di carburante rispetto a un altro. Eppure l’Italia più di tutti dovrebbe riconoscere il potenziale di investire in questi carburanti emergenti. I produttori di auto e carburanti hanno mobilitato per anni le proprie lobby per promuovere l’uso di carburanti sintetici nel mercato automobilistico. Ma se per le automobili il destino sarà elettrico, le navi avranno sempre più bisogno di questi carburanti alternativi.
Nel 2022 il governo italiano ha addirittura stanziato 230 milioni di euro per l’utilizzo dell’idrogeno nel trasporto stradale; fondi che sono più che sprecati in un settore per il quale l’elettrificazione diretta resterà una misura più economica, oltre che più efficiente dal punto di vista energetico rispetto all’idrogeno. L’ex ministra Teresa Bellanova ha definito l’annuncio ‘’una grande occasione per rafforzare la nostra posizione competitiva nel campo delle tecnologie basate sull’idrogeno verde e sviluppare un know-how Made in Italy da esportare anche all’estero.’’ Perché, quindi, non incanalare questi investimenti nel settore marittimo – per il quale l’elettrificazione non può essere l’unica soluzione – traendone benefici sia ambientali che economici per i produttori?
I prossimi anni saranno fondamentali per assicurarsi un ruolo da leader nella produzione e export di e-fuel e paesi come la Spagna sembrano averlo già capito. Il paese Iberico ha infatti da poco annunciato un progetto in collaborazione con Maersk per la produzione di due milioni di tonnellate di e-metanolo entro il 2030, sia per l’uso domestico che per l’export. La Spagna ha saputo individuare un’opportunità in quella che, al momento, è una mancanza del mercato, assicurandosi così un ruolo da futura protagonista.
A confronto, l’Italia dovrebbe fornire appena 15.000 tonnellate di idrogeno per consentire alle navi che fanno scalo nei propri porti di soddisfare la quota del 2%. Se il Governo italiano decidesse di muoversi per tempo e posizionarsi come leader nella produzione di e-fuel in Europa ne potrebbe produrre ed esportare quantità molto più ingenti, traendo profitti dalla crescente domanda delle navi europee. In Europa si contano già 65 navi a metanolo (anche se ancora di origine fossile) tra navi pronte e in ordine, ma senza una spinta legislativa gli e-fuel verdi faranno fatica a competere con i bassi costi dei combustibili fossili.
Entro il 22 marzo l’Italia e gli altri stati membri dell’Unione Europea saranno chiamati a prendere posizione sulla quota di e-fuel. Si sente spesso parlare di perdita di competitività e di posti di lavoro nel processo di transizione ecologica. Votare a favore della sottoquota significherebbe investire nella transizione di un settore chiave per l’economia italiana, traendone benefici ambientali ed economici. L’alternativa è restare a guardare nell’ombra e gridare all’ingiustizia quando paesi terzi si appropriano della leadership del mercato nascente.
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