Santi (Federagenti) contro “l’inflazione legislativa” e la “burocrazia difensiva”
Consenso unanime sulla futura centralità del Mediterraneo per i traffici marittimi ma secondo Ponzellini attenzioni e soldi dell’Europa andranno al’Ucraina per la ricostruzione
Roma – Progetti infrastrutturali che mancano, un rapporto con l’Europa da migliorare, investimenti green e un’attenzione particolare ai giovani con un preciso appello ai ministeri competenti per attrarre forza lavoro qualificata nello shipping. Questi alcuni dei temi sollevati da Alessandro Santi, presidente di Federagenti, all’assemblea pubblica tenutasi a Roma e alla quale hanno preso parte il Ministro del Sud e del Mare, Nello Musumeci, e il viceministro a Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi (che sono stati ben attenti a non incrociarsi).
Aperta con il ricordo di Fabrizio Poggi (il giovane presidente dell’agenzia Ant. Bellettieri di Civitavecchia appena scomparso) e con un sentito e collettivo applauso di apprezzamento e sostegno al lavoro della Guardia Costiera nell’emergenza migranti, l’assemblea della Federazione italiana degli agenti marittimi è stata utilizzata dal presidente Santi per lanciare alcuni messaggi precisi.
Citando le parole del noto giurista Sabino Cassese, il presidente degli agenti marittimi ha detto: “Stiamo morendo di inflazione legislativa, lo Stato italiano continua a produrre leggi, non abbiamo la logica del ‘one in one out’, continuiamo a sovrapporre e non ne veniamo fuori”. Santi ha criticato poi la “burocrazia difensiva: siamo attori – ha aggiunto – di lentezze e burocrazia che si incastra perché i nostri amministratori cercano di prevenire problemi chiedendo pareri a (professionisti, ndr) ex Anac, ex Corte dei Conti, ecc. E’ giusto ma noi così non andiamo da nessuna parte”. Infine l’appello diretto: “Per cortesia delegifichiamo. Liberiamo gli amministratori pubblici da questa paura. Ce lo meritiamo”.
Il presidente di Federagenti ha anche chiesto “una strategia” e “maggiore centralità dei porti”, ma anche “maggiore coinvolgimento degli stakeholder negli organismi di partenariato”. Il resto delle criticità da risolvere sono le medesime da tempo: “dragaggi, grandi navi a Venezia, informatizzazione”, ecc.
L’assemblea 2023 di Federagenti è stata anche l’occasione per presentare uno studio sui cambiamenti industriali nell’area Mena e sulle conseguenze attese sui traffici marittimi e sulla logistica delle merci curato dal Centro consulenza strategica intitolato a Giuseppe Bono. Il suo presidente Massimo Ponzellini lo ha illustrato definendolo “purtroppo politically correct” e ironizzando sul fatto che “una frase riportata a pag.7 è ancora la stessa” che lo stesso Ponzellini aveva scritto “in un rapporto sulle autostrade del mare 40 anni prima. Fra 40 anni un cinese (o meglio una cinese) ripeterà ancora questa frase”. Un modo per dire che in Italia si continua a parlare di problemi noti ai quali si fatica a trovare azioni e contromisure efficaci per far cambiare le cose. “In Italia più facile chiedere soldi che dare strategie mentre noi dobbiamo suggerire soluzioni” ha aggiunto Ponzellini nel suo intervento concluso con commozione per il ricordo di Giuseppe Bono.
Sempre secondo il presidente del neonato Centro studi “le tre forze del Mediterraneo sono: 1) le disgrazie (terremoti, migranti, inquinamento, ecc.) che soddisfano la mentalità del burocrate europeo; 2) siamo il mare dove transita quasi un terzo dell’energia diretta in Europa; 3) cultura, turismo, scuola”. Per Ponzellini “l’Italia deve mettere sul piatto i migranti” se intende ottenere attenzione e risorse dall’Europa per il Mar Mediterraneo. La conclusione dell’esperto banchiere non è però ottimista: “Dopo la guerra ci sarà la corsa agli aiuti per l’Ucraina, paese con un livello di corruzione importante. Quindi i soldi per il Mediterraneo finiranno per essere dimenticati” da parte di Bruxelles.
Pur non delineando quali saranno precisamente gli scenari futuri nell’area Mena (“certa è una rivoluzione in atto ma quale quadro di riferimento nella supply chain si potrà generare non è dato ancora saperlo”), lo studio intitolato “Il mare che verrà” sostiene che “il processo di friend shoring” verso il Mediterraneo “sarà comunque inevitabile e provocherà un dialogo di tipo del tutto differente fra i paesi costieri dell’Europa e quelli del Nord Africa e del Medio Oriente”.
All’assemblea di Federagenti è intervenuto anche Michael Tanchum, professore del Middle East Institute, sottolineando che “il Nord Africa e probabilmente la penisola arabica diventeranno il luogo di produzione industriale e di fonti energetiche alternative. I progetti sono giò in fase esecutiva e riguardano in modo consistente tutto il comparto della componentistica nel settore automotive, dei fertilizzanti rispettosi del clima che contribuiscono a garantire la sostenibilità e la resilienza della produzione alimentare e la produzione di idrogeno”.
Nel suo intervento Tanchum ha anche menzionato “la vicinanza dei depositi di ferro, rame e zinco del Marocco e dell’Algeria, così come del ferro, e dello zinco alla Tunisia, ai siti produttivi del Maghreb stesso e dell’Europa si rivelerà di crescente importanza per la resilienza della catena di approvvigionamento, aumentando la natura strategica del commercio marittimo transmediterraneo”.
Michele Acciaro, professore alla Copenhagen Business School, ha sottolineato come “la transizione energetica europea avrà implicazioni significative per le merci trasportate e gestite nei porti europei. Un’opportunità per alcuni scali che possono consolidare la loro posizione strategica investendo nella loro funzione di hub energetici”. Durante il suo intervento Acciaro ha spiegato infine che “l’ulteriore consolidamento della posizione competitiva dell’Italia nel settore marittimo richiede il superamento di alcune note criticità, incluse le inefficienze burocratiche, la carenza degli investimenti, i ritardi infrastrutturali e, paradossalmente, in un Paese caratterizzato da alti tassi di disoccupazione, la manodopera qualificata. In particolare sembra urgente lo sviluppo di figure che abbiamo familiarità sia con la transizione digitale che sostenibile”.
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