Roma Terminal Container perde definitivamente la guerra delle banane a Civitavecchia
I container per il Consiglio di Stato non sono “una categoria merceologica o funzionale”, legittimo movimentarli anche continuativamente su banchine pubbliche e terminal multipurpose
Iniziata nel 2014 e arrivata all’acme nel 208, la guerra delle banane di Civitavecchia è definitivamente terminata e a vincerla sono stati l’Autorità di Sistema Portuale e Cfft – Civitavecchia Fruit & Forest Terminal.
A innescarla era stata Roma Terminal Container, società del gruppo Msc concessionaria del terminal contenitori di Civitavecchia, che, in estrema sintesi, contestava i diversi atti dell’Adsp succedutisi fra 2014 e 2018 in ragione dei quali Cfft, un’impresa portuale ex articolo 16, era riuscita ad operare regolarmente un servizio di linea di Maersk, limitatamente ai container refrigerati contenenti prodotti ortofrutticoli, utilizzando, con continuità e regolarità, la banchina pubblica n.24 di Civitavecchia.
Nel 2020 il Tar del Lazio aveva premiato le ragioni di Adsp e Cfft ed oggi il Consiglio di Stato ha rincarato la dose, con una sentenza che rafforza le tesi del giudice di prime cure. Tesi che potranno quindi ora dispiegare i potenziali effetti dirompenti per gli assetti concessori intravisti tre anni fa.
Nel respingere l’assunto di Rtc che, con gli atti in questione, Cfft sarebbe passata “dal mercato delle merci varie a quello dei container”, il Cds ha fra l’altro sentenziato che i container “non integrano una categoria merceologica o funzionale, ma sono semplicemente dei contenitori multiuso, adatti per essere utilizzati nelle diverse tipologie di trasporto merci”. E che “non emergono evidenti criticità – neppure sotto il profilo della pianificazione portuale – a che un’impresa autorizzata ai sensi dell’art. 16 della l. n. 84 del 1994 possa svolgere operazioni portuali relative anche a prodotti ortofrutticoli trasportati in container refrigerati, su banchine ad uso pubblico (…): il piano regolatore portuale, in effetti, disciplina le destinazioni d’uso delle aree portuali, non anche le modalità di trasporto delle merci via nave”.
Secondo i giudici nemmeno sarebbe condivisibile la tesi dell’indebito vantaggio che ciò comporterebbe per un’impresa portuale che, a differenza di un terminalista container, non paga un canone per l’occupazione stabile di un’area né ha paragonabili obblighi di investimento nelle dotazioni strumentali e di forza lavoro, potendo avvalersi, come nel caso di specie, di fornitori temporanei terzi. Determinante in tal senso l’impossibilità per l’impresa portuale di programmazione: “Del resto – e l’argomento è decisivo – Civitavecchia Fruit & Forest Terminal s.p.a. non può effettuare alcuna programmazione sulle banchine pubbliche portuali (in particolare sulla banchina 24), a differenza dei terminalisti portuali (tra cui l’appellante) i quali, godendo della disponibilità esclusiva di una specifica banchina 25 e delle aree retrostanti, può, in via autonoma, calendarizzare gli ormeggi ed organizzare le attività a terra in modo più efficiente ed economico”.
Ma il passaggio forse maggiormente destinato a lasciare il segno è quello in cui il Consiglio derubrica la massima espressione della funzione pianificatoria in capo alle Adsp, il Piano regolatore portuale, a strumento di mera esecuzione infrastrutturale, sottraendogli ogni valenza di piano deputato all’organizzazione dei traffici. “Il Piano regolatore portuale – si legge infatti nella sentenza – individua caratteristiche e destinazione funzionale delle aree del porto (…); tali destinazioni d’uso indubbiamente si riflettono sulle infrastrutture da realizzare nelle aree interessate e sull’organizzazione funzionale a terra, ma di per sé non attengono – come correttamente evidenzia l’amministrazione appellata – alle modalità di esercizio delle operazioni portuali, né a quelle di trasporto della merce, sin tanto che non venga a mutare quanto programmato dallo stesso Prp (in pratica, per rimanere alla vicenda su cui si controverte, non deve mutare l’organizzazione funzionale a terra del terminale, che deve rimanere quella di un terminale per merci convenzionali”.
Una lettura che, stando alla definizione di merci convenzionali data dagli stessi giudici (merci “veicolabili con qualsiasi tipo di mezzo”) trasforma non solo ogni terminal multipurpose ma ogni banchina polivalente, anche pubblica, in un potenziale terminal container, con conseguenze difficilmente immaginabili in termini di anarchia pianificatoria.
“Il Consiglio di Stato – ha commentato il presidente dell’Adsp Pino Musolino – ha respinto tutti gli assunti e motivi di ricorso di Rtc, stabilendo che le decisioni assunte dall’Adsp e l’operato dei suoi uffici sono stati corretti e mettendo fine una volta per tutte a una vicenda che negli anni scorsi aveva creato non pochi problemi e motivi di incertezza nel porto di Civitavecchia, danneggiandone l’immagine e mettendone in dubbio l’affidabilità a livello nazionale e internazionale e rischiando di far perdere allo scalo uno dei traffici, quello dell’ortofrutta, in cui è più forte sul versante delle merci. È una ottima notizia, che ora ci consentirà di poter promuovere e proporre con maggiore vigore il porto, che a causa dei numerosi contenziosi pendenti finora non ha potuto sfruttare pienamente le proprie potenzialità strategiche e infrastrutturali”.
A.M.
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