L’Emission Trading Scheme potrebbe costare al trasporto marittimo italiano 800 mln di euro dal 2026
Ferracchiato (Brs Shipbrokers Group) ha illustrato quanto e come il mercato dei certificati per emettere CO2 impatterà finanziariamente sui conti dei vettori marittimi
Quale costo avrà per l’armamento italiano l’introduzione dell’Emission Trading Scheme al trasporto marittimo nei prossimi nani? La risposta è che a livello globale l’intero comparto dovrà sborsare annualmente quasi 7 miliardi di euro se durante il 2024 il carbonio continuerà a oscillare intorno ai 90 euro/tonnellata. Per il mercato marittimo italiano e i suoi armatori e noleggiatori, si parla di un costo che gradualmente potrebbe passare da circa 250 milioni di euro all’anno nel 2024 fino a 800 milioni dal 2026 in poi raggiungendo probabilmente il miliardo alla fine del 2029. Basti pensare che un classico viaggio fra i porti di Sarroch (dove ha sede la raffineria di Saras) e Genova potrebbe costare circa un 62% più nel 2026 rispetto a oggi.
I numeri sono emersi in occasione di un workshop organizzato dal Gruppo Giovani Armatori di Confitarma presieduto da Salvatore d’Amico in collaborazione con Brs Shipbrokers Group e intitolato ‘Eu Ets – 2024 Eu Emission Trading System’. A “dare lezione” di certificati verdi è stato Mattia Ferracchiato, head of carbon markets di Brs Shipbrokers Group, al quale è spettato il compito di approfondire le caratteristiche del sistema europeo di scambio delle quote di emissione Ets (Emission trading scheme), un meccanismo che copre il 45% delle emissioni europee e che dal 2024 includerà anche il settore marittimo.
“Confitarma guarda con molto interesse, ma anche preoccupazione, agli sviluppi dell’applicazione allo shipping di questo sistema di tassazione. Ribadisce anche la necessità di esentare le linee di Autostrade del Mare e quelle di cabotaggio con tutte le isole, incluse le maggiori, non solo quelle con meno di 200.000 abitanti come è oggi” è stato il commento del presidente di Confitarma Mario Mattioli.
Dal 2024 in poi armatori e noleggiatori di navi con stazza lorda superiore alle 400 tonnellate dovranno progressivamente acquistare e trasferire permessi di CO2 per ogni tonnellata di gas serra rilasciata nell’atmosfera durante un anno solare.
Per garantire un’agevole inclusione del settore marittimo nell’Eu Ets, la restituzione delle quote da parte dei vettori marittimi sarà gradualmente aumentata rispetto alle emissioni verificate. Saranno infatti tenuti a restituire le quote secondo il seguente calendario: 40% delle emissioni verificate dichiarate per il 2024, il 70% delle emissioni verificate comunicate per il 2025 e il 100% delle emissioni verificate comunicate dal 2026 in poi. Inoltre, le navi che effettuano viaggi con partenza da un porto dello Spazio Economico Europeo e arrivo in un porto extraeuropeo o viceversa vedranno ridotto del 50% il loro requisito di resa. L’idea alla base di questo secondo sconto è che il restante 50% delle emissioni del viaggio dovrebbe essere infine contabilizzato dal piano del carbonio nel paese extra Ue. A proposito delle deroghe, le più importanti vedranno una momentanea esclusione dei viaggi che si effettuano tra le isole con meno di 200.000 residenti stabili, ma questa durerà solamente fino al 2030. L’elenco delle compagnie di navigazione sarà aggiornato: ogni 2 anni per gli iscritti in uno Stato membro, ogni 4 anni per chi non è registrato in uno Stato membro.
Secondo quanto emerso dal workshop di Confitarma l’impatto della direttiva Ets per il settore marittimo sarà notevole soprattuto a causa dell’elevato prezzo di 1 Eua (Emission Unit Allowances) che oggi è di circa 93 euro/tonnellata. Per ogni tonnellata di bunker (carburante navale) usato poco più di 3 tonnellate di CO2 vengono rilasciate nell’atmosfera. “Ad oggi questo equivale a quasi 300 euro di extra costo che verrà quasi sicuramente trasferito al noleggiatore” (e quindi al consumatore finale) secondo gli armatori.