Il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo durante la deglobalizzazione
Secondo un documento di Cdp occorre rafforzare la competitività degli scali marittimi puntando su efficientamento dei servizi portuali, potenziamento delle infrastrutture per l’intermodalità, sviluppo di aree retroportuali e trasformazione green
Come sta cambiando la globalizzazione? Quali vantaggi offrono i Paesi extra-UE affacciati sul Mediterraneo alle imprese europee che puntano a riorganizzare la produzione su scala regionale? E quali sono le opportunità che questo nuovo scenario apre per la portualità italiana?
Questi interrogativi sono al centro di un documento pubblicato da Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) che discute come il rallentamento della globalizzazione possa riflettersi in una progressiva regionalizzazione degli scambi, rilanciando la cooperazione economica del Mediterraneo e accrescendo la rilevanza dell’Italia quale hub logistico-portuale tra Nord Africa ed Europa continentale.
Sono almeno 15 anni che il processo di globalizzazione subisce un graduale rallentamento, che ha trovato un progressivo riscontro: nella riduzione del peso del commercio internazionale sul PIL mondiale; nell’esaurimento del processo di frammentazione delle catene globali del valore.
Due le ragioni principali alla base di queste dinamiche: da un lato, l’ambizione della Cina di affermarsi come potenza industriale sempre meno dipendente da tecnologie importate e dall’export; dall’altro, il ripensamento da parte dell’Occidente delle dipendenze estere in filiere strategiche per la sicurezza nazionale.
In questa prospettiva, le politiche intraprese da USA e UE mirano a favorire processi selettivi sia di re-industrializzazione (reshoring), sia di ri-localizzazione delle filiere produttive, puntando su partner geopoliticamente affidabili (friendshoring).
Tali dinamiche potrebbero alimentare una progressiva regionalizzazione della produzione e degli scambi, che in ambito europeo permetterebbero di rafforzare la cooperazione economica nel Mediterraneo.
I Paesi affacciati sulle sponde extra-europee, infatti, possono rappresentare una valida soluzione per ridefinire la configurazione delle filiere produttive della UE, facendo leva su: una buona specializzazione in ambiti industriali di particolare interesse per le imprese europee a valle; un costo del lavoro ancora contenuto, con salari manifatturieri mediamente inferiori a quelli cinesi; una dotazione di infrastrutture logistico-portuali in deciso rafforzamento.
Le opportunità offerte da questi vantaggi comparati non possono prescindere, tuttavia, da un attento monitoraggio dell’instabilità economica e sociale che caratterizza il Nord-Africa e il Medio-Oriente.
Il riassetto degli equilibri commerciali in ottica mediterranea rappresenta un’opportunità per la portualità italiana, che può fare leva sulla sua leadership indiscussa nel traffico marittimo a corto raggio. Per valorizzare pienamente la collocazione strategica dell’Italia, occorre però rafforzare la competitività degli scali, puntando su: efficientamento dei servizi portuali, potenziamento delle infrastrutture per l’intermodalità, sviluppo di aree retroportuali e trasformazione green.
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