Dubbi della Corte dei Conti sul decreto ‘Rinnovo flotte’ e sulle nuove navi veloci di Rfi
Bacchettate della magistratura contabile alla società del gruppo Fs ma anche al Mit per la gestione degli 800 milioni di euro stanziati dal Pnrr per l’ammodernamento del naviglio impiegato sui traffici di cabotaggio
Dei tre subinvestimenti in cui si declinava la missione di rinnovare, con un sostegno da 800 milioni di euro garantito dal fondo complementare al Pnrr, la flotta marittima di bandiera, due sono stati conseguiti al pelo della scadenza e in modo parziale, mentre per il terzo “i tempi previsti dal D.M. 15.7.2021 non sono più attuabili, la tappa del II semestre 2023 è quindi destinata a non essere raggiunta nei tempi”. A darne conto con un apposito report è appena stata la Corte dei Conti.
Due dei subinvestimenti erano in capo al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, 500 milioni di euro per il “rinnovo della flotta navale mediterranea con unità a combustibile in grado di ridurre l’impatto ambientale” e 220 milioni per “aumento della disponibilità di combustibili marini alternativi (Gnl)”. Rilevato il parziale fallimento dell’operazione, con l’aggiudicazione di quote rispettivamente poco superiori al 32% e al 50% dei due plafond, alla Corte “appare chiaro che i sub-investimenti in esame non sono stati ben ponderati in relazione alle condizioni del mercato italiano prima ancora che a motivo di fattori esogeni (la crisi internazionale) non prevedibili. Va da sé, infatti, che nel tarare l’intervento non si è tenuto adeguatamente conto del fatto che il principale armatore del Paese (Grimaldi) aveva già affrontato in proprio il retrofitting delle proprie navi, nonché della circostanza che – come ammesso dallo stesso Ministero – non sono ancora molti i player operanti nel settore [dei combustibili marini alternativi] talché il novero dei possibili beneficiari risulta particolarmente ridotto”.
Ragion per cui “dovrà essere accuratamente valutato se effettuare un re-impiego dei fondi non assegnati verso altri progetti ovvero se procedere ad un ‘rilancio’ degli investimenti in esame” come parrebbe essere intenzionato a fare il Ministero dei Trasporti. In questo secondo caso per i magistrati “andrebbe quindi effettuata una seria consultazione con gli stakeholders i cui esiti dovrebbero essere messi a raffronto dei dati relativi ai costi e benefici, in termini ecologici, dei due progetti”. Bisogna in ogni caso sbrigarsi, “giacché anche le lungaggini della tempistica attuativa hanno un costo in termini di benefici ambientali”.
Maggiormente critico il resoconto sul terzo subinvestimento, gestito da Rfi, 80 milioni di euro per il “rinnovo della flotta navale per l’attraversamento dello stretto di Messina”, che avrebbe dovuto declinarsi in due linee: 1) la ibridizzazione delle navi Iginia e Messina e la costruzione di una nuova nave ibrida; 2) l’acquisto di tre navi dual-fuel per sostituire mezzi ormai obsoleti.
Questa la ricostruzione dell’accaduto da parte della Corte dei Conti quanto al primo caso. Dopo il fallimento della gara per la nuova nave ibrida, motivato con la “mancata trasmissione dei documenti” da parte dell’aggiudicatario Hijos de Barreras, Rfi – così ha riferito alla Corte – non ne avrebbe organizzato un’altra perché la Struttura tecnica del Ministero “chiese di approfondire la possibilità di traghettare sullo Stretto treni ad Alta Velocità. Ciò avrebbe comportato l’acquisito di navi più lunghe (230 m contro gli attuali 150 m) e importanti interventi di ampliamento delle infrastrutture di terra. Questa ipotesi progettuale è poi decaduta” ma si sarebbero persi mesi prima di tornare all’idea “dell’acquisto di una nuova nave standard”.
Critico anche il resoconto sull’ibridizzazione della Iginia, con la produzione da parte di Rfi di “uno studio di analisi costi-benefici che dimostra come – completando i lavori di ibridizzazione nel 2022 – si avrà un superamento dei benefici rispetto ai costi a partire dal 2035”, mentre è noto, quanto all’acquisto di tre mezzi veloci dual fuel, che il fallimento della prima gara è stato dovuto all’infattibilità economica del progetto, tanto da dover ridimensionare, a parità di spesa, l’acquisto a due unità.
La Corte ha però rilevato come siano mesi che la procedura è ferma alla valutazione delle offerte di T. Mariotti – Intermarine e di Armon e Rfi ha replicato “che alcune circostanze esterne mettono attualmente in discussione il progetto come era stato concepito”. Da una parte il caso Liberty Lines, con la sentenza del Consiglio di Stato che ha obbligato a mettere a gara il servizio fra Sicilia e Calabria, dall’altra l’intervenuta decisione del Governo di realizzare il Ponte sullo Stretto.
Biasimate le “debolezze pianificatorie” dell’intero percorso impostato da Rfi, la Corte ha invitato il Mit e la stessa Rfi a “definire tempestivamente le linee strategiche che possano utilizzare nel modo più efficace possibile il budget stanziato per il rinnovo della flotta di Rfi, secondo criteri che tengano conto della possibilità di non utilizzare più le navi nello Stretto (ove alla società non venisse più aggiudicato il servizio di trasporto) ovvero di utilizzarle in misura minore, ove il Ponte entrasse in piena funzione secondo i tempi annunciati dal Governo”. In base al report, la società del gruppo Fs avrebbe manifestato l’intenzione di portare a termine la gara per i mezzi veloci e procedere a giugno all’ibridizzazione di Iginia, precisando che “a tendere, Rfi potrà operare con una flotta di tre unità di cui due potrebbero essere utilizzate all’occorrenza anche per altre tratte (es. missioni in Sardegna) e potrebbero essere vendute ove la flotta si rivelasse ex post sovradimensionata”.
A.M.
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