La Federazione del Mare cambia abito per incidere maggiormente ma la rappresentatività del comparto soffre
Fra screzi e tentativi di fare squadra al convegno di Assiterminal è emersa la scarsa percezione dell’importanza della blue economy nella politica e nell’opinione pubblica
Roma – Palazzo Colonna a Roma, sede di Confitarma e della Federazione del Mare, è stata la sede scelta da Assiterminal per il suo convegno dedicato alla portualità italiana. Una sede non casuale perché proprio alla Federazione del Mare ha aderito recentemente l’associazione italiana dei terminalisti portuali e perché dal presidente della federazione Mario Mattioli è partito un invito esplicito a unirsi rivolto a Lugi Merlo, presidente di Federlogistica.
I presupposti per una rappresentanza unitaria dell’economia del mare in Italia difficilmente sembrano esserci però perchè tante, troppe, sono ancora le schermaglie, le difformità di vedute e le distanze oltre alle divergenze di interesse su alcune materie fra le vare anime dell’associazionismo.
Durante il suo intervento Mattioli si è soffermato sulla scarsa percezione dell’importanza della blue economy, “nonostante l’Italia sia un paese ‘immerso nel mare’! Manca la consapevolezza dell’esistenza di un sistema marittimo” ha detto. Aggiungendo poi: “Probabilmente il problema è che, a fronte di un’ampia rappresentanza del settore e di tutti i suoi comparti, vi è una scarsa rappresentatività. Ecco perché la Federazione del Mare, che sin dalla sua istituzione rappresenta l’intero cluster marittimo in modo inclusivo, dai trasporti marittimi, ai cantieri, alla pesca, alla nautica agli agenti e piloti, fino alla formazione e al diritto marittimo, continua a espandere la sua compagine anche a comparti come l’energia”.
Serve di più e per questo sono in arrivo dei cambiamenti: “Ben sapendo che questo non basta abbiamo deciso di modificare lo statuto della Federazione del Mare che da giugno, con una nuova governance di tipo associativo, sarà un soggetto attivo nell’ambito della blue economy e non più solo partecipativo. Di fatto per dare un’effettiva rappresentatività al cluster marittimo abbiamo tutte le possibilità per metterci insieme e fare fronte comune, non solo verso le istituzioni italiane, ma anche a Londra e a Bruxelles. La domanda è ‐ ha concluso Mattioli ‐ perché non lo facciamo?”.
In attesa di capire se e come questa trasformazione risulterà in un cambio di passo, il convegno di Assiterminal è servito a ricordare una volta di più quanto frammentata e debole (a volte) sia la lobby dell’economia del mare italiana.
Luca Becce, presidente dell’associazione dei terminalisti portuali, ha andato all’attacco dicendo: “Assiterminal è l’unica associazione che non ha al suo interno nessun padrone, dove viene difeso l’elemento della pluralità. In questi anni c’è stata la tendenza a confondere l’associazionismo con il lobbysmo, nate diverse associazioni che ruotano attorno a un singolo nucleo di interessi. Spero che sia reversibile questo trend. Servono soluzioni che guardano all’interesse generale e non a quello particolare”. Il riferimento (poco) velato era ad associaizoni come Alis (promossa e guidata da Grimaldi) e Fise Uniport oltre che Federlogistica (dove invece è stato il Gruppo Msc trainante).
Parle, quelle di Becce, che hanno immediatamente generato la reazione stizzita di Luigi Merlo, presidente di Federlogistica: “Ho accettato l’invito a partecipare perché i presupposti erano queli di cercare di fare squadra ma dopo aver sentito le parole di Becce capisco che questo non sembra essere l’intento”. Oltre ciò ha aggiutno che “il mondo associativo tutto deve fare autocritica”. Fra i due poi c’è stato un chiarimento a seguito delle scuse pubbliche di Becce.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Marcello Di Caterina, direttore generale di Alis: “Ci spostiamo per convegni da sala a sala ma alla fine siamo sempre gli stessi. Che ci sia una crisi del mondo associativo dobbiamo dircelo. Noi come Alis abbiamo cercato di avviare un percorso innovativo e diverso ma è arrivato il momento di fare una sana lobby tutti insieme”.
Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’economia del mare.
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