Stabile la ‘competitività logistica italiana’ secondo la Banca Mondiale
La Penisola resta in 19esima posizione a livello mondiale, come nella rilevazione del 2018
A cinque anni dalla precedente rilevazione (2018), resta invariata la pagella data all’Italia dalla Banca Mondiale tramite il suo Logistics Performance Index, misurazione che punta a quantificare la competitività logistica dei paesi analizzati indicando però allo stesso tempo anche punti di forza e di debolezza di ognuno.
La Penisola, nel report Connecting to Compete 2023, resta infatti stabile in 19esima posizione, ottenendo un punteggio (Lpi score) di 3,7 (era di 3,74 nella precedente indagine), pari merito con Cina, Grecia, Norvegia, Sudafrica e Regno Unito. Al primo posto della classifica mondiale si colloca questa volta Singapore (Lpi di 4,3), mentre la Germania, che era in vetta alla lista nel 2018, scivola (4,1) in quarta posizione.
Guardando da vicino lo scrutinio, emerge che gli ambiti in cui l’Italia ottiene i voti migliori sono quelli relativi al tracking & tracing delle consegne e alla puntualità, quest’ultima misurata come frequenza con cui le spedizioni raggiungono i destinatari nei tempi stabiliti, entrambi ambiti in cui la Penisola consegue un punteggio di 3,9 (in peggioramento rispetto al 2018, considerando che i rispettivi score erano stati di 4,39 e 4,24). Seguono le aree relative alla competenza e qualità logistica (3,8) e infrastrutturale (3,8). Più basse le valutazioni relative alle pratiche doganali e ai controlli transfrontalieri (3,4) e alla competitività delle spedizioni internazionali (3,4), aree che già nella rilevazione del 2018 avevano ottenuto score inferiori.
Oltre a questi dati di sintesi, il report offre però anche alcune indicazioni rispetto alle connessioni marittime e aeree dei paesi in questione.
Per quel che riguarda le prime, le analisi della Banca Mondiale (su dati di Mds Transmodal e di MarineTraffic) riferiscono come al 2022 l’Italia fosse raggiunta da 94 servizi container (di cui 74 internazionali, dato questo che precisamente risale al secondo trimestre dello scorso anno) e che nei suoi porti fossero attive 4 delle grandi alleanze del settore. Il tempo medio di permanenza di una portacontainer in uno scalo italiano (rilevato nel giugno 2022) era di 1,3 giorni, a fronte di una sosta mediana di 1,0. Per fare un confronto, si può rilevare come la ‘prima della classe’, ovvero Singapore, godesse nello stesso periodo di un numero ben maggiore di collegamenti container, ovvero 240 (di cui 81 internazionali), con la presenza di 5 alleanze. Ciononostante, la durata della sosta di unità portacontainer nel suo porto non si discostava molto da quella italiana, raggiungendo una media di 1,2 giorni (e una mediana di 1).
Relativamente all’attività portuale e ai problemi di congestione, il report offre poi anche uno spaccato dettagliato dell’andamento dei ritardi nelle sole attività di import, elaborato su dati di TradeLens raccolti nel periodo maggio- ottobre 2022. In Italia, su 23.629 casi osservati, l’analisi riferisce di un dwell time per il consolidamento del carico di 9 giorni (6,2 giorni il valore mediano), con un tempo medio di attesa in porto di di 8 giorni (mediano di 5,9 giorni). Nello stesso periodo Singapore, per usare lo stesso metro di paragone, esperiva 13.621 casi, con un tempo medio di consolidamento di 3 giorni e permanenza media un porto pure di 3 giorni.
Nell’analisi vengono infine trattate anche le connessioni aeree, rispetto alle quali il report (sulla base di dati di Cargo Iq gruppo di lavoro di Iata ovvero l’associazione che riunisce i vettori aerei a livello mondiale) segnala come al giugno del 2022 la Penisola fosse raggiunta da una media di 144,5 compagnie partner, con un dwell time (inteso come tempo che intercorre dall’avviso al destinatario dell’arrivo della merce alla consegna) medio di 2,6 giorni (3 è invece il valore mediano). Singapore, raggiunta da una media di 124,5 partner, offriva invece un dwell time medio di 0,3 giorni (e mediano di 1,6).
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