Marittimi extra-Ue a bordo, il Governo prova a indorare la pillola
Un emendamento al Decreto Lavoro istituirebbe un fondo per la formazione dei marittimi, assegnando però le risorse alle compagnie armatoriali. Proposti anche l’esenzione Art per i terminalisti e il prepensionamento per alcuni portuali
Potrebbe essere addolcita la deroga all’imbarco di extracomunitari sui traghetti italiani che quasi un mese fa ha fatto infuriare i marittimi italiani.
Come si ricorderà, la norma inserita dal Governo nel Decreto Lavoro prevede, con la motivazione di una “contingente carenza di marittimi comunitari”, la possibilità per le compagnie armatoriali di sospendere temporaneamente, per tre mesi (e previo accordo coi sindacati “comparativamente più rappresentativi a livello nazionale”) le regole della cosiddetta Legge Cociancih, che legano la fruibilità degli sgravi fiscali e contributivi del Registro internazionale all’imbarco di personale comunitario sui ro-pax impegnati in rotte intracomunitarie (sterilizzando di fatto la pratica dei cosiddetti ‘accordi di flotta’).
Le reazioni nel mondo dei lavoratori sono state dure e incentrate, almeno dal punto di vista del sindacato confederale (in realtà a sua volta preso di mira dalla base per lo storico ruolo attivo di percettore di un contributo per ogni marittimo non comunitario sdoganato dagli accordi di flotta), sul fatto che la problematica della carenza stagionale di marittimi – affrontata l’estate scorsa con le deroghe temporanee all’imbarco senza titoli abilitanti alla navigazione – è riemersa senza che in un anno sia stato adottato alcun provvedimento per contrastarne le cause.
Anche per questo in sede di conversione del decreto si sta tentando di apportare migliorie alla norma inserendo lo stanziamento di fondi pubblici a supportare la formazione dei marittimi, il cui costo è ritenuto uno degli elementi di disincentivo all’intrapresa di tali formazioni. L’emendamento con maggiori possibilità di riuscita, quello proposto da tre senatori della Lega, interviene però prevedendo che tali risorse siano attribuite in prima battuta alle imprese armatoriali e non direttamente ai lavoratori.
I contributi, 7 milioni di euro (1 per il 2023 e 2 l’anno da 2024 al 2026), infatti, in questo emendamento “sono assegnati alle imprese armatoriali con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sulla base delle attività di formazione rendicontate, ivi compresi gli oneri per l’acquisizione delle relative certificazioni, qualora si proceda all’assunzione di almeno il 60 per cento del personale formato”.
Al di là della durata (fino al 2028), differente l’approccio di minoranza. Secondo l’emendamento elaborato dal Pd (che modificherebbe anche la dicitura delle Ooss ammesse agli accordi di flotta, circoscrivendole esplicitamente a quelle firmatarie del Ccnl), infatti, le risorse “saranno erogate sottoforma di finanziamento individuale analogamente a quanto già in atto per il ‘buono patente’ del settore autotrasporto.
Da evidenziare, infine, come sia invece bipartisan il tentativo di allargare a imprese portuali e terminalisti il fronte di imprese esentate dal pagamento del contributo all’Autorità di regolazione dei trasporti per il 2023, limitato dal Decreto originale a quelle di autotrasporto. Analogamente, sono stati presentati da maggioranza e opposizione due emendamenti di analogo tenore per consentire il prepensionamento di alcune figure di lavoratori portuali.
Resta ora da capire quali di queste modifiche saranno portate avanti dai gruppi parlamentari.
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