Autotrasporto genovese sul piede di guerra (con un alleato e un assente inediti)
Il costo del tunnel lievita e il pagamento del contributo Aspi slitta: dichiarato un fermo di tre giorni (col timido sostegno dell’Adsp ma senza la Fai in mutamento di identità)
Dall’ultimo ultimatum sono passati più di quattro mesi e ora l’autotrasporto genovese sembra essersi stancato di aspettare: il 15, 16 e 17 giugno i camion a servizio dei bacini portuali e delle piattaforme logistiche del territorio si bloccheranno.
Lo annuncia una dichiarazione congiunta inviata alle istituzioni locali e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e sottoscritta dalle sigle Anita, Cna-Fita, Confartigianato Trasporti, ALiAI, Fiap, Lega cooperative, Trasportounito, “sollecitate fortemente dalle Imprese associate al rispetto degli impegni assunti nell’Assemblea del 27 Gennaio, preso atto che non sono stati assunti i provvedimenti auspicati da parte in primis di Società Autostrade oltreché delle Istituzioni territoriali e del Ministero dei Trasporti e Infrastrutture”.
Il riferimento (da cui l’intestazione anche al Ministero) è al mancato adempimento agli accordi sottoscritti nell’ottobre 2021 e sfociati nel maggio successivo in una pubblica assunzione di impegni, in base a cui fra i ristori accordati da Autostrade per l’Italia al territorio genovese a valle del crollo del ponte Morandi avrebbero dovuto esserci altri 180 milioni di euro destinati all’autotrasporto che ancora lamenta “riduzioni di carreggiata, inibizioni di transito, verifiche, chiusure di tratti intervenute in conseguenza del crollo del Ponte Morandi, che tuttora continuano a generare difficoltà operative che pesano sulle capacità di servizio del trasporto, provocando gravissimi e insostenibili danni economici al settore”.
Come accennato, l’ultimo appello delle sigle delle imprese di categoria è suonato fra gennaio e febbraio, invano però, da cui la dichiarazione di fermo, sostenuta da una nota del Comitato di gestione dell’Autorità di Sistema Portuale (fu proprio il presidente Paolo Emilio Signorini ad assumersi gli impegni di cui sopra), in cui si “sollecita le parti firmatarie a dare urgente attuazione agli indennizzi previsti dall’Accordo, nella misura prevista dallo stesso Accordo, con le modalità positivamente sperimentate in attuazione dei ristori previsti” dal decreto Genova.
In realtà la modalità è proprio una delle ragioni dello slittamento, come vedremo in seguito. Il problema principale, infatti, è il quantum. L’impegno assunto dalle istituzioni vale 180 milioni di euro. La cifra è parte di un pacchetto con tetto prefissato, in cui la parte del leone la fa il tunnel subportuale che Aspi dovrebbe realizzare a Genova. I costi di quest’opera, però, inizialmente stimati in 697,4 milioni di euro, stanno lievitando dopo l’integrazione progettuale richiesta dall’iter (al punto che i dati economici aggiornati sono stati stralciati dalla documentazione in pubblicazione), e, dal momento che l’accordo del 2021 prevede la copertura di eventuali gap con l’aumento dei pedaggi autostradali, i sottoscrittori dell’accordo (in primis Regione Liguria e commissario straordinario Marco Bucci) stanno cercando di evitare tale scenario. La soluzione, secondo quanto ricostruito da SHIPPING ITALY, potrebbe essere quella di stornare parte dei soldi promessi all’autotrasporto e indirizzarla sul tunnel.
Aspi naturalmente sta a guardare interessata l’impasse e ci mette del suo contestando la modalità: il metodo ‘Morandi’ basato sull’autodichiarazione, per quanto ritoccato (i viaggi intraurbani non sarebbero questa volta compresi) e dal suo punto di vista ‘blindato’ (sarebbero ristorati solo viaggi autostradali tracciati), non soddisfa infatti il concessionario, timoroso di possibili rivendicazioni similari in altre aree territoriali interessate da cantieri. Il favore di Aspi sarebbe per il cashback, la cui unica parametrazione chilometrica non accontenta però gli autotrasportatori, i cui disagi possono non dipendere e spesso non dipendono dalla lunghezza della tratta da percorrere.
In questo quadro va anche notata l’assenza fra i firmatari della Fai, sigla di Conftrasporto. La Federazione è rimasta infatti fuori dall’accordo con le altre sigle, dopo che la sede nazionale ha ritirato il mandato al rappresentante locale Gioacchino D’Andria (che con numerosi transfughi ha aderito al fermo con la nuova sigla Aliai), passando la mano alla Fai Liguria: “Siamo convinti della necessità di ristorare il disagio degli autotrasportatori, ma il fermo è una misura che riteniamo non necessaria perché il confronto con le parti istituzionali è già in fase avanzata” ha commentato il segretario Gianfranco Tiezzi. Una posizione che, al di là delle frizioni anche nazionali fra Fai e Trasportounito (capofila della protesta), fra i proclamatori del fermo viene però letta coi molti cappelli istituzionali del presidente di Fai Liguria, Davide Falteri, non solo presidente anche della sezione ligure di Federlogistica (associazione vicina alla galassia Msc, contraria alla protesta dell’autotrasporto) ma soprattutto, in qualità di consigliere comunale delegato, stretto collaboratore del sindaco Bucci, fra i principali bersagli della protesta stessa (anche se nel suo ruolo di commissario straordinario per la ricostruzione del ponte Morandi).
Ad ogni modo il fermo potrebbe ancora essere ‘fermato’: il governatore Giovanni Toti ha convocato i protagonisti della vicenda per dopodomani.
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