Rivolta degli operatori portuali a Civitavecchia contro la sovrattassa per la diga antemurale
Tredici aziende chiedono a Musolino un incontro urgente: “Rischio di colpo esiziale per il sistema portuale”
Divenuta ieri attuale l’ipotesi abbozzata un paio di settimane fa dall’Autorità di sistema portuale di un aumento della sovrattassa sulle merci a coprire l’impennata di oltre il 60% (in un anno) del costo del prolungamento di circa 400 metri della diga antemurale del porto di Civitavecchia, immediata è deflagrata la protesta degli utenti delle banchine.
La declinazione è quella di una lettera (rivelata da Trcgiornale) inviata al presidente dell’Adsp laziale, Pino Musolino, con la richiesta di un “incontro urgentissimo” (entro 7 giorni) e la firma è quella di 13 aziende: Traiana, Cilp, Cfft, Cpc, Cac, Rps, Spedimar, Bellettieri, Asamar, Ipc, Rct, Minosse e Cpr. La premessa della missiva è “l’inopinata approvazione” del suddetto provvedimento, adottato malgrado il dissenso espresso dall’organismo di partenariato dell’Adsp (l’organo che ospita le rappresentanze dell’utenza e dei lavoratori portuali e che ha prerogative esclusivamente consultive).
“L’ulteriore innalzamento delle tasse portuali (già di gran lunga le più alte del paese) determina un colpo che rischia di rivelarsi esiziale per la tenuta dell’intero sistema portuale laziale” avvertono i firmatari. A latere il ragionamento che verrà sottoposto all’Adsp (e, forse, non solo) è anche più articolato.
“Come può – ci si domanda nello scalo – la Banca europea degli investimenti (la sovrattassa serve formalmente a coprire l’incremento del tiraggio di un prestito di questa istituzione chiesto per coprire il sovra costo della diga, ndr) accettare una modalità di rimborso che, incerta per natura, in quanto legata al traffico, a Civitavecchia non gode nemmeno del beneficio del dubbio, essendo certo per legge che una delle merci più movimentate e tassate, il carbone, dal 2025 non sarà più movimentata (il riferimento è alla data prevista per lo stop all’alimentazione a carbone della locale centrale elettrica, ndr)? Senza considerare che il gettito potrebbe comunque diminuire per lo spostamento della merce su altri più economici porti”.
A prescindere dall’accoglimento della richiesta, difficile che Musolino cambi orientamento (l’appalto dell’opera da 106 milioni di euro è in aggiudicazione) o possa e voglia intervenire sulla critica che gli viene mossa (un piano infrastrutturale meno faraonico, a partire dall’apertura a sud dello scalo, avrebbe permesso di concentrare i fondi a disposizione sulle opere maggiormente prioritarie). Da vedere che ciò induca gli operatori ad affiancarlo in una ricerca di alternative forme di finanziamento che si preannuncia tutt’altro che banale.
A.M.
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