In 18 associazioni firmano la petizione per l’esenzione Iva per il trasporto e i servizi connessi all’esportazione delle merci
Nella dichiarazione i firmatari esprimono il proprio sostegno al dialogo per le petizioni del Parlamento europeo con la Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale della Commissione Europea
Alcune delle maggiori associazioni i categoria europee del business marittimo, portuale, aereo e logistico hanno espresso il loro convinto sostegno alla petizione n. 0276/2022 sull’esenzione dall’Iva sul trasporto di merci esportate presentata a metà dello scorso anno al Parlamento europeo dalla belga Ine Lejeune a nome dell’associazione armatoriale danese Danish Shipping. Con questa richiesta si è invitato il Parlamento a chiedere alla Commissione Europea e a tutti gli Stati membri di non riscuotere l’Iva sul trasporto di merci esportate fuori dal territorio dell’Unone Europea lungo tutta la catena commerciale, in applicazione dell’esenzione “economica”, e di abolire gli orientamenti del comitato Iva e quelli degli Stati membri che violerebbero l’articolo 146, paragrafo 1, lettera e), e l’articolo 153, della direttiva Iva, nonché – precisa la petizione – la pratica in disuso di accettare solo una dichiarazione in dogana e non qualsiasi elemento di prova da cui le autorità competenti possano dedurre con un grado di probabilità sufficientemente elevato che le merci trasportate siano state esportate dall’Ue.
Assarmatori Shipowners Association ha fatto sapere di essersi unita ai 18 co-firmatari rappresentanti la filiera europea dei trasporti “nel chiedere un approccio pragmatico e coerente a livello Ue per garantire una piena applicazione dell’esenzione Iva per il trasporto e i servizi direttamente connessi all’esportazione delle merci. Anche Confitarma risulta indirettamente fra i firmatari attraverso Ecsa.
Evidenziando che l’applicazione dell’Iva ai servizi di trasporto per l’esportazione di merci riguarda non solo le aziende di trasporto e i porti e gli aeroporti, ma anche le aziende che organizzano la loro catena di approvvigionamento globale da uno degli Stati membri attraverso un centro di servizi logistici condiviso, con questa richiesta si intende sottolineare che questa applicazione risulta contraria al principio di neutralità e si traduce in costi aggiuntivi che vengono trasferiti a ogni anello della catena di fornitura.
All’inizio di quest’anno la Commissione Europea aveva inviato le proprie osservazioni in merito al Parlamento, ricordando che – con riferimento a sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea citate dalla Lejeune – l’effetto dei pronunciamenti è che le prestazioni di servizi di trasporto e le operazioni accessorie effettuate da un subappaltatore del contraente principale che fornisce tali servizi al caricatore/speditore o al ricevitore dei beni non possono essere esenti e sono soggette all’Iva ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), dell’articolo 44 e dell’articolo 196 della direttiva Iva, e ciò significa che sono soggetti all’Iva quando viene stabilito il contraente principale che ordina i servizi del subappaltatore.
In una dichiarazione congiunta pubblicata ora le associazioni del settore della logistica chiedono all’Europa orientamenti “pragmatici e coerenti”. In generale la dichiarazione è stata firmata da European Community Shipowners’ Associations (Ecsa), International Vat Association (Iva), International Air Transport Association (Iata), Federation of European Private Port Companies and Terminals (Feport), European Shippers’ Council (Esc), European Community Association of Ship Brokers and Agents (Ecasba), European Sea Ports Organisation (Espo), European Association for Forwarding, Transport, Logistics and Customs Services (Clecat), Danish Shipping, Swedish Shipowners’ Association, Royal Association of Netherlands’ Shipowners, Assarmatori, Confederation of Danish Industry, Danish Chamber of Commerce, Danish Shipbrokers and Port Operators, Danske Speditører, Nordic Logistics Association e Itd.
Nella dichiarazione si rileva che, a seguito dei una delle sentenze emesse dalla Corte di Giustizia dell’Ue citata nella petizione (causa L.C.’ IK, C-288/16 del 29 giugno 2017), alcuni Stati membri hanno iniziato a limitare l’esenzione Iva per i servizi di trasporto quando si esportano merci se i servizi non sono fatturati né all’esportatore né all’importatore. “Riteniamo – spiegano i 18 firmatari – che questa interpretazione di quegli Stati membri e della Commissione Europea sia giuridicamente inesatta. Non solo è stata superata dalla giurisprudenza più recente, ma è anche in contrasto con altre norme comunitarie, in particolare con il codice doganale dell’Unione. In realtà, l’errata interpretazione della sentenza, degli orientamenti dell’UE e l’attuazione disarmonica tra gli Stati membri crea non solo oneri amministrativi e costi sproporzionati per tutte le parti della supply chain dei trasporti e per le autorità fiscali degli Stati membri, ma anche notevole incertezza giuridica, in particolare per molte Pmi coinvolte in questo settore”.
Nella dichiarazione i firmatari esprimono il proprio sostegno al dialogo per le petizioni del Parlamento europeo con la Direzione Generale Fiscalità e Unione Doganale della Commissione Europea al fine “di avviare un dialogo costruttivo con il settore dei trasporti e stabilire linee guida più pragmatiche che ripristinino la piena applicazione dell’esenzione economica e uniformino le condizioni di concorrenza globali per questo settore dell’Ue”.
Inoltre nella dichiarazione le associazioni sollecitano tra l’altro gli Stati membri e la Commissione Europea a tenere conto della giurisprudenza più recente e a non addebitare l’Iva sul trasporto di beni e altri servizi direttamente collegati ad un servizio di esportazione lungo l’intera catena commerciale, limitando così l’esenzione dall’Iva alla parte finale della catena, con l’imposta sul valore aggiunto che verrebbe riscossa nella nazione in cui la merce viene esportata, e quindi sulla sola base di questioni contrattuali e non su chi è il vettore.
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