Un portuale coinvolto nel traffico di stupefacenti a Vado Ligure
Fra i 17 arrestati dalla Dda di Genova anche un lavoratore che dall’interno del porto forniva informazioni sulla posizione dei container, anche spostandoli per favorire il recupero della droga ai sodali
Una nota degli inquirenti ha reso noto che “militari dei Comandi Provinciali della Guardia di Finanza di Savona e di Genova, con l’ausilio di uomini e mezzi dello Scico, del Roan di Genova, del Gruppo Imperia, delle Compagnie di Sanremo e di Vigevano hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Genova, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, cui è stata applicata anche un pubblico ministero della Procura della Repubblica di Savona (dove l’inchiesta si è originata prima di essere trasmessa per competenza alla Dda di Genova), nei confronti di diciassette persone, 13 di nazionalità italiana, 4 di nazionalità albanese”. Secondo quanto reso noto l’associazione era dedita al “all’acquisto, importazione (dal Sud America), trasporto, detenzione e vendita di sostanze stupefacenti del tipo cocaina e hashish”, con l’ausilio di mezzi, magazzini e strumenti di comunicazione.
Legata ad una “serie di recuperi intervenuti tra il 2019 e il 2020, di quantitativi di stupefacente pari a oltre 180 kg di cocaina nel porto di Vado Ligure”, l’indagine ha evidenziato come l’associazione si avvalesse fra l’altro “di un sodale, dipendente di una società di Trasporto di merci e pacchi operante all’interno del porto di Vado Ligure (risultata totalmente estranea alle vicende oggetto della presente indagine) con mansioni di gruista, che forniva informazioni sulla posizione dei container in cui erano occultati i carichi di cocaina provenienti dal Sud- America sbarcati al Porto di Vado Ligure, anche spostandoli all’interno dell’area portuale in caso di necessità, allo scopo di agevolare le fasi di recupero dello stupefacente dai container per conto dell’organizzazione”.
Gli inquirenti hanno spiegato che “In considerazione del numero dei sequestri effettuati e dei quantitativi di stupefacente rinvenuti, le indagini si sono focalizzate (attraverso la disamina delle telecamere di videosorveglianza collocate all’interno del porto) per individuare chi, tra quanti lavorassero all’interno del porto potesse consentire agli odierni indagati di individuare ed aprire i containers dove lo stupefacente era stato occultato e recuperarlo. Le prove sono state acquisite attraverso intercettazioni delle comunicazioni (anche tra presenti, all’interno di autovetture) e la acquisizione ed analisi delle comunicazioni tra gli indagati (avvenute per lo più sulle piattaforme Encrochat e SkyEcc)”.
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