La Corte dei Conti dice no alla nuova agenzia del lavoro portuale a Taranto
Parere negativo sotto tutti i profili per l’iniziativa promossa dall’Adsp in vista della scadenza della Port Workers Agency
“Carente sotto il profilo motivazionale, in termini di completezza e di adeguatezza dell’analisi di fattibilità, sicché la Sezione non può valutare come sufficientemente attendibili le conclusioni che l’AdSP del Mar Ionio trae in merito alla sostenibilità economico-finanziaria dell’operazione e alle ragioni di convenienza economica sottese alla scelta dello strumento societario”.
È una bocciatura netta quella che la Corte dei Conti ha pochi giorni fa sancito dell’idea dell’Autorità di sistema portuale di Taranto di istituire un fornitore di manodopera temporanea portuale ex comma 5 dell’articolo 17. L’iniziativa nasceva in ordine alla prossima scadenza (marzo 2024) della Taranto Port Workers Agency, la società di riqualificazione e ricollocamento dei circa 500 lavoratori licenziati nel 2016 dall’allora Terminal Container Taranto dopo che quest’ultimo rimise senza penali la concessione per le inadempienze contrattuali dell’ente (mancato dragaggio).
Tale soggetto, controllato al 100% da Adsp, è stato più volte prorogato e rifinanziato dallo Stato (onde pagare l’indennità di mancato avviamento prevista sul modello di quella riconosciuta da Inps ai fornitori di manodopera tradizionali), ma il terminal e le attività portuali in generale continuano a ristagnare e nei suoi elenchi a gennaio 2023 risultavano ancora 356 iscritti. Nel frattempo lo scorso aprile andava in scadenza l’articolo 17 (comma 2, vincitore cioè di una gara) regolarmente autorizzato, ovvero la Nuova Neptunia soc. cons. a r.l.. Da qui l’idea dell’ente della costituzione di una società ex comma 5 (cioè partecipata da terminalisti e imprese portuali), da affiancarsi alla Taranto Port Workers Agency fino alla scadenza di questa, con un personale costituito il primo anno da 10 persone (i dipendenti di Neptunia), per poi salire a 45 unità al terzo e 80 dal quinto e a regime.
Il Ministero, si apprende ora dal parere negativo della Corte dei Conti, non ha sollevato obiezioni, ma a sconsigliare l’iniziativa dell’Adsp è stata appunto la magistratura contabile.
Il primo rilievo è che al comma 5 si può ricorrere solo laddove non sia possibile procedere secondo il comma 2. L’Adsp, cioè, deve prima esperire una gara per individuare un soggetto privato interessato alla fornitura di manodopera e solo fallita tale procedura può promuovere un comma 5. Evitare la gara rappresenterebbe una “distorsione della concorrenza” che, considerando l’apporto di capitale da parte dell’ente, configurerebbe un aiuto di Stato, “incompatibile con il mercato comune”.
Tanto basta, scrive la Corte, per chiudere il discorso, ma per i magistrati c’è di più.
Intanto il fatto che Adsp intenda partecipare al 51% a un soggetto che sarebbe fornitore esclusivista di tutti i 15 fra terminalisti e imprese portuali autorizzate ma partecipato solo da 7 di essi (tanti sarebbero infatti gli operatori mostratisi interessati) non sembra assicurare una “posizione di neutralità ed indipendenza”.
Quel che però nei giudici “desta maggiori perplessità è il fatto che in ordine alle motivazioni che hanno determinato l’AdSP del Mar Ionio a costituire l’Agenzia in esame non è dato ravvisare alcun fattore necessitante che abbia escluso la percorribilità di soluzioni alternative. (…) La preferenza accordata alla soluzione individuata dall’AdSP sembra, piuttosto, trovare fondamento in ragioni di mera opportunità, (…), in modo da dimensionare la strategia di ricollocazione del personale in esubero in un contesto di maggior gradualità”. Ecco perché “la soluzione societaria adottata dall’AdSP del Mar Ionio, discostandosi significativamente dallo schema normativo delineato dal comma 5 dell’art. 17, non sembra poter corrispondere alle finalità istituzionali dell’Ente”.
A tutto ciò si aggiunge una serie di criticità sull’analisi di fattibilità. Ad esempio “il profilo della sostenibilità finanziaria, inteso come capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento, risulta, invece, del tutto trascurato”. E un “ulteriore limite di affidabilità delle proiezioni formulate dal Piano di fattibilità è ravvisabile nella prospettazione dei costi e dei ricavi”.
Da qui il “parere negativo”, che potrebbe non essere però vincolante. Ma l’Adsp, secondo la legge, “è tenuta a motivare analiticamente le ragioni per le quali intenda discostarsi dal parere e a dare pubblicità” (come dovrebbe pubblicare il parere stesso della Corte dei Conti).
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