Omologato dal tribunale di Trieste il concordato di Cimolai
Dopo il via libera da quasi il 90% dei creditori anche il Tribunale promuove la procedura di risanamento dell’impresa nordestina
Dopo l’ok dei creditori (88,8% di voti favorevoli), il Tribunale di Trieste ha emesso sentenza di omologazione dei concordati preventivi in continuità diretta di Cimolai spa e Luigi Cimolai Holding spa.
La crisi finanziaria di Cimolai, legata alla stipula di derivati legati al tasso di cambio euro-dollaro, era venuta alla luce nell’ottobre del 2022 e aveva portato il gruppo all’avvio delle procedure concorsuali. Nel marzo di quest’anno la società era stata ammessa al concordato preventivo, con un’esposizione lorda stimata di 400-500 milioni di euro nei confronti di 21 banche e broker, tra cui Bnl – Bnp Paribas, Banco Bpm, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Mps, Morgan Stanley, Deutsche Bank, Natixis, NatWest e UniCredit.
Attivo al servizio di molteplici ambiti dell’industria italiana, Cimolai ha una presenza di spicco anche nella navalmeccanica, dove opera in partnership con il cantiere genovese T.Mariotti nella joint venture Cimar a Porto Nogaro. Proprio le difficoltà finanziarie emerse lo scorso anno ne hanno invece fermato il debutto nel settore in autonomia, che sarebbe dovuto avvenire con la costruzione di cinque rimorchiatori azimutali per la Marina Militare la cui aggiudicazione non era stata però finalizzata. Sempre in ambito marittimo il gruppo controlla e opera anche una maxi chiatta semisommergibile utilzizata sia per il trasferimento di scafi costruiti proprio a Porto Nogaro e altri carichi eccezionali per peso e dimensione.
A luglio la famiglia Cimolai avrebbe messo sul piatto 10 milioni di euro per rafforzare il capitale del gruppo, aveva scritto ll Piccolo, precisando che Luigi Cimolai si era impegnato a sottoscrivere due aumenti di capitale, uno in Cimolai holding, per 3,1 milioni, e uno in Cimolai spa, per 5,4 milioni. Il 12 luglio l’Ansa aveva riferito di una nota della società che annunciava come il gruppo sarebbe andato avanti “in continuità diretta, senza più la creazione di una newco” con un piano che “si fonda anche su un importante apporto di capitale da parte dell’ingegnere Luigi Cimolai”. Una mossa che arrivava a distanza di pochi giorni dal preliminare supporto di Sace sulle modalità di riscadenzamento del debito.
Secondo Bebeez, “Cimolai Holding ha chiuso il 2021 con ricavi netti per 501 milioni di euro dai 407,1 milioni del 2020, un ebitda di 26,3 milioni (da 25,8 milioni) e un debito finanziario netto di 66,3 milioni (da 60 milioni). La ricognizione sui conti del gruppo evidenzia ora un debito complessivo di circa 668 milioni, di cui 230 milioni verso creditori privilegiati e 436 milioni verso creditori chirografari. L’esposizione verso banche, per linee di credito garantite da Sace, si aggira attorno ai 134 milioni. Si sommano altri 56 milioni di debiti legati a mutui, con intervento del Frie”. Il giro d’affari provvisorio 2022 ammonta a 435,4 milioni di euro, di cui 231,9 milioni all’estero e 203,4 in Italia, dice il sito dell’azienda, che spiega come l’Italia conti per il 47%, l’Europa il 27%, l’America il 24%, Africa e Medio Oriente ciascuna l’1%.
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