A Civitavecchia torna la Darsena Grandi Masse (ma non è chiaro per cosa)
L’Adsp laziale bandisce la progettazione di fattibilità economia per un’opera da 300 milioni senza al momento specificare la finalità d’utilizzo
Fantasma che aleggia sul litorale di Civitavecchia da 18 anni, la Darsena Energetica Grandi Masse è tornata a manifestarsi nel porto laziale.
Nelle scorse ore, infatti, l’Autorità di sistema portuale di Civitavecchia, che, nell’ambito di una tornata di finanziamenti alla progettualità di “opere prioritarie”, nei mesi scorsi aveva ottenuto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 2,7 milioni di euro per la bisogna, da spendersi in tempi brevi, ha avviato una procedura ristretta “per l’affidamento dei servizi attinenti all’architettura e l’ingegneria per la redazione del ‘documento di indirizzo alla progettazione’ (Dip) e del ‘progetto di fattibilità tecnico-economica’ (Pfte) dell’intervento denominato Darsena Energetica Grandi Masse”.
Una denominazione che, come è noto, fu ben presto superata, anche se venne mantenuta pure quando, una decina di anni fa, si pensò, in piena sbornia nazionale da container, all’ennesima piattaforma dedicata a questa merceologia. Altrettanto noto è il fallimento dell’operazione, con strascico di contenzioso senza esclusione di colpi col concessionario poi revocato (facente capo al gruppo Gavio). Oggi più che mai – date le dinamiche generali dei traffici container, i volumi del locale terminal dedicato (Roma Terminal Container) e gli impegni statali già in corso su infrastrutture concorrenti (in primis la Darsena Europa di Livorno) – risulterebbe difficilmente giustificabile una proposta di realizzazione a spese dello Stato di un nuovo terminal container da 300 milioni di euro (questa la cifra menzionata dei documenti di gara).
E infatti l’Adsp non lo fa. Però non è chiaro quali siano le intenzioni dell’ente. Se, infatti, è già inusuale chiedere che sia il privato a produrre un ‘documento di indirizzo alla progettazione’, inspiegabile è che l’ente non abbia pubblicato fra i documenti di gara la “Relazione tecnico-metodologica del servizio” che, spiega il disciplinare (inserendola peraltro fra i documenti soggetti a obbligatoria ‘presa visione’ da parte dei candidati), è il documento che dovrebbe dettagliare l’oggetto dell’appalto. Di poco aiuto il piano regolatore portuale, che per l’area prevede praticamente tutte le funzioni possibili (commerciale, industriale, artigianale) ad eccezione dei passeggeri.
Più chiaro il quadro sull’altra gara bandita in ossequio ai fondi ricevuti per la progettazione di opere prioritarie, vale a dire il secondo stralcio dell’ampliamento dell’Antemurale Colombo. In sostanza l’estensione delle banchine già ricavate sulla diga dello scalo e destinate al traffico crocieristico. In questo caso la ‘relazione’ sull’opera da 38,8 milioni di euro (anche in questo caso da finanziarsi) è stata pubblicata e spiega, richiamando la temporaneità della funzione crocieristica dell’accosto 25, che l’opera avrà “la fondamentale funzione di fornire uno spazio vitale all’area crocieristica, con un notevole aumento dell’operatività degli accosti, e di assicurare idonee condizioni di sicurezza nelle fasi di sbarco e imbarco dei passeggeri.
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