Legittimo il passaggio del controllo di terminal Sech a Psa
Il Consiglio di Stato ammette il ricorso di Spinelli ma gli dà torto nel merito: il divieto di doppia concessione era decaduto anche prima della modifica dell’articolo 18
A tre anni dall’operazione l’acquisizione del controllo del terminal container Sech del porto di Genova da parte del gruppo Psa, già concessionario nello scalo del terminal container di Voltri-Pra’ (il più grande gateway d’Italia), diventa acqua passata anche per giustizia amministrativa.
Il Consiglio di Stato, infatti, ha parzialmente rivisto le conclusioni del Tar di Genova sul ricorso avverso l’operazione proposto dal gruppo Spinelli, ritenendolo ammissibile ma respingendolo nel merito. In primo grado i giudici non erano nemmeno entrati nell’oggetto del contendere (il fatto che all’epoca la legge portuale proibisse la titolarità di due concessioni finalizzate alla stessa merceologia nello stesso porto), ritenendo Spinelli non titolato di un interesse legittimo a contestare il passaggio azionario.
Lettura che Palazzo Spada ha cassato, ritenendo che la ricorrente fosse “titolata” e avesse “interesse a contrastare operazioni societarie che secondo la sua prospettazione determinerebbero un effetto di restrizione della concorrenza nel settore imprenditoriale in cui la medesima ricorrente svolge la propria attività di impresa”.
Tuttavia le pretese di Spinelli erano infondate nel merito secondo il Consiglio di Stato, perché, come rilevava l’Avvocatura di Stato cui l’Autorità di sistema portuale chiese allora un parere, “in materia di concessioni del demanio portuale il mercato rilevante non è più limitato al singolo porto, ma all’area geografica in cui questo è situato”. Un “mutamento di prospettiva delle valutazioni sul rispetto di assetti competitivi nello svolgimento di attività economiche all’interno delle infrastrutture portuali” che, hanno ricordato i giudici, “ha innanzitutto trovato riconoscimento normativo, con la riformulazione dell’art. 18 della legge portuale” ed era già rinvenibile nelle norme e nelle consuetudini comunitarie: “La supremazia del diritto europeo impone quindi di attribuire rilievo non già al porto, come per il passato, ma all’area geografica di riferimento (c.d. catchment area), in coerenza del resto con la riorganizzazione del sistema di governo dei porti”.
Poco importa che testualmente la legge italiana n.84 del 1994 dicesse il contrario: “La circostanza che le modifiche normative in esame siano successive all’epoca in cui sono stati adottati i provvedimenti impugnati non impedisce infine di attribuirne in chiave retrospettiva, e dunque enucleare ragioni di legittimità degli stessi attraverso un’interpretazione del diritto nazionale precedentemente vigente conforme ai principi e alle libertà fondamentali dei Trattati europei”.
Respinta infine anche la tesi di Spinelli che l’Adsp di Genova non avesse valutato gli effetti nemmeno sulla catchment area: “Per effetto dell’operazione societaria avversata in questo giudizio non sono emersi profili di restrizione della concorrenza a livello dell’area geografica di riferimento. Contrariamente a quanto suppone la ricorrente, il profilo è stato specificamente esaminato dall’Avvocatura dello Stato, con valutazione condivisa dal comitato portuale nella delibera sopra richiamata, presupposta al decreto presidenziale di autorizzazione del riassetto societario che ha riguardato le società controinteressate”.
A.M.
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