“Traffici ro-ro nel Mediterraneo in crescita” ma “l’Italia non ha una strategia portuale dedicata”
L’importanza e le opportunità per lo shipping italiano al centro degli interventi di Messina e Duci al Mediterranean Market Meeting di Camera Vernetti shipping lawyers
Genova – Nel prossimo futuro il mercato del trasporto via mare ro-ro, quindi di carichi rotabili, subirà un’importante impennata, soprattutto nel Mediterraneo, ma l’Italia ad oggi non ha ancora un programma di sviluppo portuale ben chiaro per questa tipologia di traffico. Questo il ragionamento emerso dagli interventi di Stefano Messina, presidente di Assarmatori, e Gian Enzo Duci, amministratore delegato di Esa Group, intervenuti alla sessione intitolata “Italian overlook” del Mediterranean Market Meeting organizzato a Genova dallo studio legale Camera Vernetti.
“L’Europa ha un’applicazione troppo rigida di regole e norme che finiscono per penalizzare gli stessi paesi comunitari” è il ragionamento dell’armatore genovese del Gruppo Messina con riferimento all’entrata in vigore dell’Emission Trading System. Che poi ha aggiunto: “I soldi che andremo a pagare (acquistando certificati bianchi, ndr) rimangano nel Paese ma in concreto dove? Noi riteniamo che debbano essere spesi nello sviluppo di nuovi combustibili e rinnovo delle flotte”. In soldoni si parla di circa 5 miliardi di euro all’anno (dagli attuali 3,6 sempre secondo stime riportate da Assarmatori), di cui la metà destinati alla fiscalità generale ma una larga parte invece da ‘reinvestire’ nello sviluppo della decarbonizzazione del trasporto marittimo.
Guardando poi al mercato dei traghetti, secondo Messina “la guerra in Israele avrà riflessi anche su altri mercati come Qatar, Emirati Arabi, Arabia Saudita, India, ma anche Usa e altri. Il mercato ro-ro è ai massimi e nei prossimi 2-3 anni vedrà ulteriormente aumentare la domanda; la guerra interrompe infrastrutture a terra per cui il mercato ro-ro intra-Mediterraneo è quello che secondo me crescerà maggiormente. Vedo invece un calo nel mercato dei contenitori”.
Una visione condivisa e ripresa anche da Duci che, partendo dai riflessi attesi con l’entrata in vigore dell’Ets, è arrivato a sostenere la necessità di un piano di sviluppo coordinato per i terminal in Italia che lavorano nei traffici short-sea. “Il rischio più grosso è di tipo climatico. L’apertura della rotta Artica potrebbe marginalizzare il Mediterraneo ma non ci si può fare molto e nel caso questo ‘lago’ rimarrà centrale per i traffici locali. L’Ets, poi, dal punto di vista italiano ed europeo sarà problematico non solo per i porti di transhipment ma anche per traffici fra Asia e Nord America che domani non faranno più scalo in Europa. Trasbordando il carico o semplicemente sdoganandolo si sposteranno in Nord Africa e da lì raggiungeranno le coste italiane per ragioni di pura convenienza economica. Pensate oggi che valore avrebbe un porto di transhipment in Montenegro”, paese extra Ue ma geograficamente in Europa.
Secondo Duci sarà da aspettarsi “una crescita esponenziale del trade fra Italia e Nord Africa e allora si dovrà capire quali navi potranno essere più adatte ai traffici intra-Med. Abbiamo una strategia nazionale per il ro-ro? Dal punto di vista armatoriale sì, i porti italiani a mio avviso no. Genova ancora no. Nella prossima riforma portuale serve regia unica nazionale che stabilisca quali siano i 7/8 porti in Italia meglio collegati all’autostrada su cui puntare per i traghetti” è stata la conclusione.