Carnival condannata per Covid in Australia
La prima sentenza di una class action di 700 passeggeri ammalatisi sulla Ruby Princess ha riconosciuto una responsabilità della compagnia nella diffusione del virus
Secondo i ricorrenti di una class action potrebbe diventare un caso pilota il riconoscimento a carico di Carnival Australia e Princess Cruises, da parte di un tribunale australiano, della “negligenza nei loro doveri”, relativamente a un caso di focolaio di Covid-19 registratosi durante una crociera nel marzo 2020.
Si trattava di una crociera di 13 giorni del marzo 2020 con partenza dall’Australia a bordo della Ruby Princess (nave da crociera da 113.561 tonnellate di stazza lorda con 3.080 passeggeri e 1.200 membri dell’equipaggio). La crociera è partita proprio mentre la pandemia si stava diffondendo in tutto il mondo e nel giro di pochi giorni il settore delle crociere avrebbe sospeso ovunque le operazioni.
La nave da crociera ha interrotto il suo viaggio di ritorno in Australia. Più di 660 dei 2.671 passeggeri a bordo sarebbero risultati positivi al virus e le autorità sono risalite alla fonte di diffusione del virus in Australia. Le autorità hanno riferito che 28 passeggeri sono morti a causa del Covid-19 e un’indagine successiva ha rilevato che la compagnia di crociera ha commesso “errori imperdonabili” nel gestire i passeggeri e infine nello sbarcarli, creando le condizioni per la diffusione del virus all’interno della comunità.
La sentenza, che ha riguardato un singolo caso, afferma che la compagnia avrebbe dovuto avere una ragionevole aspettativa dei pericoli ed era ragionevole e consigliabile in quel momento cancellare la crociera. E stabilisce che Carnival Australia ha fatto dichiarazioni fuorvianti nelle sue comunicazioni prima della crociera, suggerendo ai clienti che la crociera era “ragionevolmente sicura”. Il giudice ritiene che in quel momento la compagnia avrebbe dovuto essere consapevole del fatto che le procedure di screening non erano in grado di identificare tutti coloro che erano stati infettati dal virus, anche considerando le precedenti esperienze di Princess Cruises con la Diamond Princess, che è stata messa in quarantena in Giappone a causa del virus, e la Grand Princess, che ha ricevuto un trattamento speciale negli Stati Uniti dopo che i passeggeri sono risultati positivi.
Il giudice ha tuttavia respinto la maggior parte delle richieste del ricorrente principale, citando un rimborso da parte della compagnia di crociere che, secondo il giudice, copriva ampiamente i danni per lesioni personali e angoscia, e riconoscendo alla querelante 4.400 dollari australiani (2.800 dollari USA) più gli interessi per le spese mediche sostenute.
Gli avvocati della class action hanno dichiarato che ogni passeggero dovrà dimostrare i propri danni individuali, pur prevedendo che alcuni casi avranno richieste di risarcimento molto più ampie e raggiungeranno la soglia del giudice per i premi per i danni alla persona che superano il rimborso da parte della compagnia di crociera.
Gli avvocati sollecitano Carnival Australia a trovare un accordo con l’insieme dei ricorrenti invece di procedere con ogni singola richiesta di risarcimento, anche perché secondo l’Alta Corte australiana potrebbero essere ben 700 i passeggeri della Ruby Princess potenzialmente inclusi nell’azione collettiva. Carnival Australia ha cercato di escludere i passeggeri americani citando una rinuncia all’azione collettiva nel loro contratto di crociera. La compagnia ha dichiarato inoltre di aver preso visione della sentenza e che la sta esaminando in dettaglio.
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