Sulla diga di Genova Anac ribadisce le accuse e coinvolge Rina Check
Contestate a Signorini tutte le controdeduzioni (con l’eccezione di quelle sul caso Rettighieri) e alla società incaricata di verificare il progetto il mancato controllo
Le controdeduzioni che il commissario straordinario all’opera, l’ormai ex presidente dell’Autorità portuale di Genova (stazione appaltante) Paolo Emilio Signorini, ha opposto ai rilievi mossi dall’Anac sull’appalto integrato da 950 milioni di euro per la realizzazione della nuova diga foranea di Genova, non hanno convinto l’Autorità Anticorruzione.
Il garante guidato da Giuseppe Busia all’inizio d’agosto aveva aperto un’istruttoria articolata sulle modalità di aggiudicazione dei lavori al consorzio Pergenova Breakwater, guidato da Webuild, già annullata dal Tar di Genova (con affidamento però confermato per le norme Pnrr, che finanzia l’opera per mezzo miliardo) e poco dopo finita anche nel mirino della Procura di Genova, con recente trasmissione degli atti anche alla Procura europea in ragione del previsto uso di fondi comunitari.
Proprio sugli aspetti che hanno acceso l’attenzione dei magistrati i colleghi dell’Anac hanno rigettato completamente la difesa di Signorini (nel frattempo passato a guidare Iren, multiutility dei comuni di Torino, Genova e Reggio Emilia), dopo aver smontato le eccezioni preliminari basate sulla presunta insindacabilità delle scelte riguardanti un’opera doppiamente commissariata: la diga oltre a essere un’opera speciale Pnrr rientra fra gli interventi portuali che il commissario per la ricostruzione del ponte Morandi, Marco Bucci sindaco del capoluogo ligure, può effettuare con le stesse deroghe usate per il ponte.
In particolare Anac ha smontato la tesi che l’inserimento in questo elenco (il piano straordinario delle opere) fosse una scelta del legislatore, come tale inattaccabile, e non solo del duo Bucci e Signorini, “dunque sindacabile sotto il profilo dell’errato utilizzo delle procedure di scelta del contraente”. La nuova diga secondo l’Anac “risponde a una esigenza strategica di lungo corso” e “non parrebbe rientrare in un contesto emergenziale”. Insostenibile cioè per l’authority che un’opera tale, ventilata da 20 anni, avesse a che fare con l’urgenza di ravvivare l’attività portuale intaccata dagli effetti del crollo del viadotto.
Da questo assunto, in punto di diritto l’Anticorruzione ha rintuzzato ogni argomento posto dal commissario sull’uso della procedura negoziata in luogo di una gara aperta, non conforme nemmeno in ordine al “rispetto dei tempi di attuazione del Pnrr”. E altrettanto ha fatto quanto al mancato aggiornamento dei prezzi che Signorini avrebbe dovuto applicare, che “potrebbe essere stata la causa della mancata presentazione dell’offerta da parte delle imprese invitate, e dunque aver determinato una distorsione della concorrenza, attese le inadeguate condizioni economiche poste a base di gara”.
Webuild e la rivale Eteria, infatti, uniche partecipanti alla prima procedura, non presentarono offerta. Ma, avviata da Signorini una seconda negoziazione (in luogo, secondo Anac, di quella che avrebbe dovuto essere anche in questo caso una gara), lo fecero solo dopo aver ottenuto dalla stazione appaltante una modifica a capitolato e contratto di gara.
È l’accusa centrale di Anac oltre che il perno dell’inchiesta penale ed è stata pienamente confermata e meglio circostanziata dai funzionari dell’anticorruzione. In sintesi gli appaltatori avrebbero chiesto e ottenuto che ogni eventuale difformità dalle condizioni geotecniche e geologiche attese venga trattata come una variante e di essere sgravati dal dover prevedere diversi scenari e relative soluzioni. Ma “tale mancata previsione espone fra l’altro l’amministrazione al concreto rischio che eventuali modifiche alla soluzione di progetto (…) possano alterare gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti, con particolare riferimento all’equilibrio economico del contratto”. Il rischio cioè è che il costo di una necessaria sostanziale modifica al progetto si riversi per intero sulle spalle del committente pubblico.
La probabilità di una ‘simile’ sorpresa fu ritenuta tale dall’ex project manager Piero Silva da dimettersi. Inoltre, ha rilevato Anac, il Consiglio Superiore dei lavori pubblici aveva dato indicazioni simili, segnalando altri aspetti da valutare prima dell’affidamento perché incidenti sui costi, relativi in particolare a possibili accorciamenti della lunghezza e accorgimenti in materia di riuso dei materiali. Aspetti su cui in effetti, come rivelato da SHIPPING ITALY per l’uno e per l’altro, sono intervenute modifiche progettuali post aggiudicazione, col risultato di garantire cospicui risparmi che avrebbero secondo Anac potuto esser considerati in sede di aggiudicazione (e che andranno invece a favore dell’appaltatore, in assenza di ritocchi al ribasso del quadro economico fino ad oggi non avvenuti).
Queste prescrizioni furono però ignorate e per questo ora Anac nel mirino ha messo anche la società chiamata a verificare la correttezza delle scelte progettuali di Signorini, Rina Check (consorella della società Rina Consulting che si è aggiudicata la direzione lavori con una gara che costituisce il secondo filone d’indagine della Procura).
Confermati anche i rilievi sulla nomina di un secondo collegio di esperti tecnici dopo che le offerte economiche erano già state aperte, cosa che “potrebbe aver potenzialmente leso l’imparzialità dell’operato dei Commissari”.
Sull’ultimo rilievo, riguardante la posizione di Marco Rettighieri, per due anni responsabile del piano straordinario di opere in cui rientrava la diga, poi assunto da Webuild, Anac ha preso atto delle controdeduzioni, sostanzialmente basate sul fatto che le dimissioni dell’incarico avvennero ben prima della procedura che portò all’aggiudicazione.
Per tutto il resto Signorini e Rina avranno altri 30 giorni per un’ulteriore replica, cui dovrebbe seguire la delibera conclusiva.
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