Lo stop alla ‘Nuova via della seta’ allontana anche Fincantieri dall’allenza con Cssc
Commenti soddisfatti per la scelta del Governo Meloni sono giunti da Merlo (Federlogistica) e Uggè (Fai – Conftrasporto)
La tanto temuta e discussa “Nuova via della seta” (o Belt and Road Initiative che dir si voglia) finirà in archivio senza aver realmente prodotto nessun effetto negli ultimi quattro anni.
L’Italia è uscita ufficialmente da questo accordo politico (firmato dal primo Governo Conte nel 2019) con una nota consegnata a Pechino nei giorni scorsi e prima preceduta da una missione in Cina del segretario generale della Farnesina Riccardo Guariglia in estate e, a seguire, dalla visita del ministro degli Esteri Antonio Tajani. Negli incontri era stata di fatto confermata l’intenzione di coltivare il partenariato strategico tra i due Paesi ma implicitamente traspariva già l’intenzione di fare un passo indietro rispetto all’intesa del 2019 (avversata anche dall’Europa e soprattutto dagli Stati Uniti).
Da Palazzo Chigi nessun commento sulla decisione di non estendere la durata del memorandum sulla oltre la scadenza del periodo di validità (22 marzo 2024) ma un’apposita comunicazione risulta sia stata inviata dalla Farnesina nei giorni scorsi all’ambasciata della Repubblica popolare cinese.
“Abbiamo già convocato per l’anno prossimo a Verona la riunione intergovernativa Italia-Cina per affrontare tutti i temi di commercio internazionale. Continuano a esserci ottimi relazioni e rapporti, pur essendo un Paese che è anche un nostro competitor a livello globale” ha commentato il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, rispondendo a una domanda sull’uscita dell’Italia dal Memorandum sulla via della Seta.
La cosiddetta “Belt ad Road Initiative”, lanciata da Xi Jinping nel 2013, è uno dei cardini del piano del Dragone per rafforzare la propria economia attraverso una rete di infrastrutture fra tre continenti che favorisca gli scambi commerciali sulle direttrici est – ovest. Il memorandum con l’Italia – unico Paese del G7 ad aderire – era stato firmato come detto dal primo governo Conte nel 2019 ma fin da subito aveva fatto molto discutere.
Dal mondo dei trasporti è prontamente arrivato il commento di Luigi Merlo, presidente di Federlogistica, e di Paolo Uggè, presidente di Fai – Conftrasporto. Quest’ultimo ha parlato di “sacrosanta uscita dell’Italia. Quella della Seta – ha detto – era una via sconsiderata, che si configurava già dall’inizio come un errore strategico che, a danno dell’Europa, avrebbe favorito un Paese assetato di egemonia. Non solo: quel disegno relegava l’Italia a un ruolo marginale nei traffici provenienti dal Canale di Suez”.
Allo stesso modo la pensa Merlo secondo il quale la decisione comunicata ufficialmente dal Governo italiano a Pechino “segna una svolta tanto importante quanto più volte auspicata proprio da Federlogistica-Conftrasporto; sancisce infatti un principio determinante per il futuro dell’Europa. Giusto promuovere in ogni modo possibile lo sviluppo dei traffici marittimi e delle relazioni commerciali, ma la cessione di grandi infrastrutture europee di trasporto e di mobilità delle merci, per di più a un Paese che ha un preciso disegno egemonico, rappresenta da ogni punto di vista un errore strategico fatale per il futuro dell’Europa”.
Secondo Merlo “l’Italia sta prendendo finalmente coscienza dell’importanza dei porti e delle infrastrutture logistiche, sia in chiave strategica che commerciale; la scelta di uscire dal Patto per la Via della Seta non è destinato né a compromettere i rapporti con un grande partner commerciale quale è la Cina, né a incidere negativamente sull’interscambio e i traffici”.
Il presidente di Federlogistica richiama anche la notizia rivelata recentemente da SHIPPING ITALY relativa alla prossima chiusura della partnership fra Cssc e Fincantieri nella navalmeccanica dicendo: “Credo che anche in un altro settore industriale strategicamente importantissimo, quello della cantieristica (navale, ndr), il Governo si stia muovendo nella stessa direzione favorendo una rapida uscita di Fincantieri, che ne aveva già manifestato l’intenzione, dall’accordo che consentirebbe ai cantieri asiatici di costruire navi da crociera e erodere, forti di costi infinitamente più bassi, una quota di mercato italiana, ed europea, che è stata conquistata non grazie a dumping, ma a professionalità, qualità e innovazione”.
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