“Cinque richieste per riformare la governance del sistema portuale”
Assiterminal non ritiene di intervenire per indicare quale soluzione tecnico giuridica sia da adottare, ma intende sottolineare le condizioni che devono essere soddisfatte
Contributo a cura di Luca Becce *
* presidente Assiterminal
Da qualche mese il Governo sta parlando dell’opportunità di riformare la “governance” del sistema portuale italiano. Presso il MIT è stato istituito un gruppo di lavoro che dovrebbe impostare il disegno di legge delega su cui avviare l’iter di riforma. Presso la IX Commissione della Camera sono state presentate 3 risoluzioni (on. Frijia, on. Ghio, on. Traversi, on. Furgiuele) che hanno dato il via a un ciclo di audizioni con i soggetti più rappresentativi (associativi e istituzionali) del cluster della portualità.
Assiterminal ha auspicato in ogni sede che la Riforma sia oggetto di una approvazione parlamentare fuori dalla logica maggioranza/opposizione come condizione di stabilità normativa essenziale per un provvedimento che incide in modo significativo sull’economia.
Assiterminal non ritiene di intervenire per indicare quale soluzione tecnico giuridica sia da adottare, ma intende sottolineare le condizioni che devono essere soddisfatte.
- Governance. Livelli decisori accorciati e snelli: la riforma scellerata del Titolo V della Costituzione del 2001, il proliferare di enti e istituzioni cui il nostro settore è stato assoggettato nel tempo è dannoso, così come la sovrapposizione di funzioni esercitate da più enti pubblici sia nell’ambito merci che passeggeri: tutto ciò crea lentezze e eccessiva dispersione nel prendere decisioni e nel rendere efficaci i processi operativi. Simile ragionamento vale anche con riguardo al ruolo, responsabilità, autonomia e vincoli posti alle AP ora AdSP, che purtroppo la riforma degli anni 2016/2017 ha appesantito rispetto alla situazione precedente.
1a) la visione sulla politica dei trasporti (intermodalità) deve essere centrale, così come la capacità (politica e di indirizzo) di fare scelte e prendere decisioni sugli investimenti infrastrutturali funzionali allo sviluppo/modulazione di modelli portuali.
1b) la portualità per essere gestita come sistema (partendo dal presupposto che la sua industria si sviluppa su asset pubblici dello stato – i porti – interagendo con il sistema industriale del Paese anche attraverso le infrastrutture che lo Stato governa (ferrovie e autostrade) deve essere regolata dal centro anche per quanto concerne le interazioni con il mercato.
- ADSP. Le ADSP (a prescindere dall’essere enti pubblici economici o non) devono essere in grado di gestire le proprie attività attraverso strumenti tipici del mondo privatistico, semplificando la possibilità di acquisire know how internamente o in outsourching;
2a) le adsp devono essere in grado di effettuare attività di dragaggio alla stregua di attività di manutenzione ordinaria, conseguentemente gli adempimenti e procedure per realizzare tali opere vanno ridotti e semplificati
2b) E’ opportuno consentire alle AdSP di essere in grado di svolgere direttamente o indirettamente determinate attività economiche diverse dall’handling portuale nonché di effettuare investimenti funzionali allo sviluppo intermodale di asset/direttrici di interesse del Paese.
2c) se si intendesse mantenere un criterio di governance “partecipativa” per le ADSP, gli operatori terminalisti e le imprese portuali dovrebbero tornare ad avere un ruolo centrale (attraverso la terzietà delle associazioni di rappresentanza) nei Comitati di Gestione.
- Transizione energetica. La portualità italiana deve essere messa in grado di sviluppare una reale capacità di autoproduzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e hub di produzione/distribuzione di carburanti alternativi: ciò non solo per garantire l’attrattività al mercato dello shipping ma anche per sviluppare processi produttivi di fonti energetiche funzionali alle altre modalità di trasporto (treni e camion) e per i territori/collettività limitrofi. La proposta che Assiterminal ha elaborato insieme ad altre 8 associazioni di settore per creare reali presupposti di sviluppo delle CERP va in questo senso.
- Regole. Un “sistema” efficace deve partire dal presupposto di avere regole condivise sulla base del quale operare. Non possono continuare a sussistere regolamenti sulle concessioni diversi da porto a porto, che determinano metriche di calcolo di canoni concessori diversi e criteri di assegnazione di concessioni nonché di autorizzazioni diverse.
L’emanazione dei dm 202/22 e 110/23 non va nella direzione auspicata. Va anzi 9in “direzione ostinata e contraria”.
- Lavoro. Circa la regolamentazione del lavoro portuale, se si intende mantenere il modello attuale discendente dalla corretta applicazione delle norme di cui agli artt. 16. 17 e 18 della L. 84/94 (che ha dato ampia prova di tenuta ed attualità). Se si creasse anche su questi aspetti una cabina di monitoraggio a livello centrale sarebbe certamente auspicabile.
Avviare la revisione della normativa del dlgs 272/99 sulla sicurezza del lavoro in ambito portuale, tenendo conto del documento tecnico già elaborato in passato presso il MIT.
Inoltre, per agevolare il ricambio generazionale (la media anagrafica nel nostro settore vede più del 50% dei lavoratori con + di 50 anni), si deve procedere ad avviare il fondo per il prepensionamento dei lavoratori portuali (prevedendone un possibile potenziamento in termini di risorse finanziarie)
si deve procedere all’individuazione di alcuni profili del lavoro portuale tra i lavori usuranti
rendere strutturale (rivedendone magari i presupposti) i principi che prevedono la possibilità, in capo alle ADSP, di mettere a disposizione risorse economiche per la formazione e prepensionamento dei lavoratori portuali.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY