Si fermano per evitare il Mar Rosso anche due navi che approvvigionano il rigassificatore di Rovigo
Dopo le portacontainer e gli scafi riconducibili a interessi israeliani, ora anche quelli legati agli Usa preferiscono circumnavigare l’Africa
Mentre la situazione nel Mar Rosso continua ad aggravarsi con l’attacco, respinto, condotto nelle scorse ore dagli Houthi con un missile cruise antinave lanciato contro una nave militare americana vicino al porto di Hodeidah, nella rotta che passa dallo Stretto di Bab-Al-Mandeb si fermano anche i transiti di gas naturale liquefatto.
Qatar Energy, ovvero l’azienda energetica del Qatar, che gestisce le esportazioni di Gnl e petrolio, avrebbe infatti annunciato lo stop all’invio di navi per la rotta sotto minaccia. Nel dettaglio, riferisce Reuters, si sarebbero fermate al largo dell’Oman le unità Al Ghariya, Al Huwaila e Al Nuaman, che avevano caricato a Ras Laffan, apparentemente a seguito all’intensificarsi degli attacchi. Queste ultime due navi, ha evidenziato Staffetta Quotidiana, sono unità da circa 210 mila metri cubi di capacità abilitate a servire anche il terminal Adriatic Lng di Porto Viro. La nave Al Rekayyat, che invece stava tornando nel paese, si è fermata lungo la sua rotta lo scorso 13 gennaio.
Secondo indicazioni raccolte da Reuters, quella attuale sarebbe stata descritta da rappresentanti della società come una “pausa per raccogliere consigli sulla sicurezza”, che potrebbe portarla a valutare di seguire la rotta del Capo di Buona Speranza, la quale – secondo Alex Froley, analista di Icis Lng – aggiungerebbe circa 9 giorni ai 18 giorni di viaggio alle Gnl carrier in partenza dal Qatar.
In Mar Rosso intanto la tensione continua a crescere. Uno dei leader degli Houthi Ali al-Qahoum ha detto, in un’intervista all’agenzia iraniana Irna, ripresa dal Times of Israel, che lo Yemen si trasformerà in un “cimitero” per le forze statunitensi. “Diciamo agli americani che le vostre azioni contro lo Yemen saranno sconfitte e che vi affronteremo con tutta la nostra forza. Dopo questa aggressione, lo Yemen si trasformerà nel cimitero degli americani e questi lasceranno la regione umiliati” ha dichiarato al-Qahoum. Poche ore dopo una nave è stata colpita da un missile al largo dello Yemen secondo quanto confermato dall’agenzia per la sicurezza marittima britannica (United Kingdom Maritime Trade Operations).
Si tratterebbe della Eagle Gibraltar, una portarinfuse battente bandiera delle Isole Marshall, di proprietà di Eagle Bulk, una società con sede nel Connecticut, quotata alla Borsa di New York. Lo scafo non ha riportato danni significativi e non ci sono stati feriti per cui la nave sta proseguendo il suo viaggio. L’attacco ha preso di mira interessi statunitensi in risposta agli attacchi Usa contro le posizioni Houthi nello Yemen.
Contemporaneamente almeno sei petroliere si stanno allontanando dal Mar Rosso meridionale in seguito agli attacchi del gruppo yemenita Houthi sostenuto dall’Iran, l’ultimo in ordine di tempo contro un mercantile di proprietà Usa colpito da un missile balistico antinave. Secondo Intertanko le Forze marittime combinate (Cmf) guidate dagli Stati Uniti con sede in Bahrein venerdì hanno avvertito tutte le navi di evitare lo stretto di Bab el-Mandeb, all’estremità meridionale del Mar Rosso.
Prima degli attacchi statunitensi e britannici allo Yemen, erano soprattutto le navi portacontainer ad evitare il Mar Rosso, con il traffico di petroliere sostanzialmente invariato nel mese di dicembre. Ma dopo l’avvertimento del Cmf, un numero crescente di petroliere sta evitando la regione, aumentando il rischio di interruzioni della fornitura di petrolio da est a ovest attraverso il Canale di Suez. Con le sei petroliere che hanno cambiato rotta oggi, un totale di almeno 15 navi ha allungato il percorso circumnavigando l’Africa ed evitato il Mar Rosso, come mostrano i dati di tracciamento. La deviazione implica che la tratta allunga il percorso fino a 3 settimane. Alcuni dei maggiori gruppi armatoriali di navi cisterna, tra cui Torm, Hafnia e Stena Bulk, hanno affermato che eviteranno Bab el-Mandeb, mentre Euronav ha ribadito la sua sospensione temporanea dei transiti attraverso il Mar Rosso.
“Una più attenta valutazione di quanto sta accadendo nel Mar Rosso evidenzia sul fronte energia due elementi determinanti: se si eccettua il caso di una petroliera norvegese, il traffico di petrolio nel Mar Rosso sembra godere di una sorta di lasciapassare da parte degli Houthi. E molti analisti mediorientali pensano che ciò possa riflettere l’intenzione dell’Iran di evitare un’escalation del conflitto inevitabile se fosse colpito il traffico petrolifero (un quarto del traffico mondiale transita attraverso Bab el Mandeb)” rileva il centro studi Giuseppe Bono. “Non solo – aggiunge – per il petrolio iraniano di alta qualità, il beneficio di un comunque inevitabile aumento delle quotazioni (non fosse altro per i premi assicurativi rischio guerra) sta rappresentando un vantaggio concreto specie per quanto riguarda l’export verso la Cina. Non è un caso quindi, se il numero medio delle navi petroliere in transito nella zona a rischio missili e droni, è praticamente immutato rispetto alle medie del 2023, ma anche che le uniche navi cisterna dirottate sulla rotta della circumnavigazione dell’Africa siano tutte operate direttamente o indirettamente da interessi americani o israeliani”.
Sempre secondo i risultati dell’analisi in corso svolta dal centro Giuseppe Bono, mentre il milione di barili di greggio in transito nell’area a rischio non dovrebbe subire eccessivo impatto dalle azioni dei ribelli Houthi, ben diverso sembra essere il crash sul traffico di gas, in particolare quello del Qatar ma anche sull’oleodotto transarabico sino al porto di Yanbu sul Mar Rosso. Traffico considerato da numerose “intelligence” ad alto rischio. E non è un caso che anche il gasdotto fra Egitto e Israele, abbia cessato di operare e quindi di garantire forniture all’Egitto già a poche ore dall’avvio dell’operazione Gaza. Idem per l’oleodotto fra Eilat sul Mar Rosso e Ashdod, sulla costa mediterranea di Israele.
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