Da Lavazza il timore per la perdita di traffici nei porti italiani dalla crisi del Mar Rosso
L’a.d. Baravalle ha espresso preoccupazione per l’aumento dei costi e dei transit time per i trasporti marittimi dal Vietnam
Se in Italia Illy, dopo il primo acuirsi delle tensioni nel Mar Rosso, aveva detto di non temere ripercussioni sull’attività aziendale, un altro big del caffè a distanza di circa un mese dall’inizio dell’escalation lancia ora un allarme rispetto a conseguenze della situazione su “tutta l’industria europea”.
A farlo è stato nello specifico l’amministratore delegato di Lavazza, Antonio Baravalle, che ha paventato la possibilità di una recessione nel continente e, per la Penisola, che i suoi porti siano “tagliati fuori in favore di quelli del Nord Europa”. In particolare il manager ha spiegato di temere un aumento dell’inflazione, considerato che “un container dal Vietnam, principale produttore di caffè insieme al Brasile, impiega fino a 20 giorni in più e il costo è schizzato da 1.300 a 4.000 dollari”. L’azienda, ha spiegato, compra caffè per circa 1 miliardo di euro l’anno, a fronte di un fatturato di 3 miliardi. “Per noi un centesimo di variazione della materia prima significa 10 milioni di costo aggiuntivo”.
Il funzionamento della supply chain di Lavazza dal Vietnam era stata illustrata in passato dalla società genovese Mto (parte del gruppo Finsea) e dal coffee trader dell’azienda Matteo Bianchi. Parlando dei traffici, i due manager avevano spiegato trattarsi di “alcune centinaia di container all’anno”, i cui invii in Italia si svolgono solitamente per tutto l’anno ma con “un picco a gennaio e un rallentamento a dicembre”.
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