Sul rinnovo del Ccnl porti la tensione resta alta
Sul fronte sindacale si rafforza l’ipotesi dello sciopero, mentre Assiterminal getta l’esca della crescita dei tempi determinati
Il secondo appuntamento del tour di assemblee unitarie fra i delegati dei lavoratori portuali di Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – inaugurato la scorsa settimana a Livorno dalle segreterie sindacali a valle della interruzione della trattativa di rinnovo del Ccnl per valutare le iniziative da intraprendersi – pare aver inspessito ulteriormente il clima.
Lo evidenzia la nota congiunta rilasciata dopo l’incontro genovese, cui hanno partecipato Amedeo d’Alessio, Maurizio Diamante e Giuliano Galluccio Segretari nazionali di Filt Cgil Fit Cisl Uil trasporti e le Segreterie territoriali e regionali di categoria. Oltre un centinaio i delegati presenti: “Lo scorso 2 febbraio, in sede di confronto con le parti datoriali, le Segreterie hanno registrato una netta distanza dalle controparti rispetto alla richiesta economica sindacale per il triennio 2024/2026 e ciò ha provocato l’interruzione della trattativa. Per Filt Cgil Fit Cisl Uiltrasporti è impensabile che le controparti non vogliano riconoscere un recupero adeguato del potere d’acquisto dei salari, visti i dati inflattivi degli ultimi due anni e le straordinarie performance registrate dall’industria armatoriale e da molti terminal portuali a partire dalla crisi pandemica da Covid-19”.
Quella salariale non è l’unica tematica su un tavolo complicato – “necessari impegni tangibili sulla sicurezza per rimettere al centro sia il necessario aggiornamento normativo sia gli strumenti contrattuali su salute e sicurezza” – tanto da non potersi escludere alcun tipo di iniziativa, anche quella di un blocco delle attività portuali: “L’assemblea ha chiesto alle Segreterie di continuare la trattativa e di attivare tutte le forme di lotta ivi inclusa la proclamazione di sciopero”.
Difficile interpretarne il messaggio fra le righe, ma una risposta a mezzo stampa è arrivata a stretto giro di posta da Assiterminal, una delle controparti datoriali (le altre sono Assoporti, Fise Uniport, Assologistica, Ancip).
“Si tratta di una trattativa difficile. Assiterminal ha sempre dimostrato di credere fortemente nel Ccnl, frutto di un enorme e significativo lavoro svolto dalle parti sociali nel 2000 e che è stato capace di unificare in un unico e valido strumento ben 14 contratti preesistenti. Oggi le parti devono saper dimostrare la stessa tenacia e la stessa determinazione in questa trattativa di rinnovo che si tiene nel contesto più complesso degli ultimi anni” ha esordito il presidente Luca Becce.
La nota è sapientemente pensata da un punto di vista retorico, perché Becce prosegue con un’apertura – “Assiterminal auspica che si possa proseguire la trattativa potendo contare sullo sforzo reciproco delle parti che devono cercare di capire le ragioni delle rispettive posizioni per trovare un punto di intesa che sia in grado di portare nei tempi più rapidi possibili a un rinnovo sostenibile del Ccnl” – ma subito sgombra il campo da possibili illusioni rivendicando l’asserita magnanimità della parte datoriale: “Il nostro Ccnl è giunto all’ottavo rinnovo. I livelli economici riconosciuti nei diversi rinnovi sui minimi inderogabili sono tra i più alti delle categorie economiche industriali e sono sempre stati più alti delle previsioni inflattive. Su questi agisce una diffusione che non ha eguali della contrattazione integrativa, aziendale e territoriale, resa pressoché indispensabile dalla struttura del Ccnl. La combinazione tra questi due fattori fa sì che i livelli retributivi riconosciuti nelle aziende del nostro comparto siano significativamente più consistenti che negli altri ambiti”.
Ma soprattutto, prima di una conclusione ‘propositiva’, basata cioè sul rinnovo dell’invito a un’azione bipartisan per pressare il Governo sull’attuazione del fondo per gli esodi anticipati e sul riconoscimento del lavoro usurante, ecco la carota a tentar di mascherare il bastone: “I livelli retributivi riconosciuti nelle aziende del nostro comparto sono significativamente più consistenti che negli altri ambiti. E questo è un bene, perché ha consentito al nostro comparto di godere delle necessità di flessibilizzazione dell’orario (ma non del rapporto di lavoro, per il quale registriamo una percentuale di contratti a tempo indeterminato ben superiore al 90% del totale) e di un positivo legame con gli indici di produttività e di presenza al lavoro”.
Una parentesi che pesa: modificare gli attuali rapporti fra determinati/indeterminati non può che significare un ripensamento del modello di lavoro portuale fondato sull’equilibrio fra articoli 16, 17 e 18, ma come e quanto? È una proposta o una polpetta avvelenata per spaccare il fronte sindacale prospettando migliori condizioni a 16 e 18 a fronte del ridimensionamento dei 17?
Anche dalla risposta che il sindacato si darà a queste domande dipenderà il barometro sulle banchine italiane nelle prossime settimane
A.M.
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