“L’Ets fa guadagnare gli armatori, non va depotenziato”
L’Ong T&E invita a non cedere a esenzioni e alleggerimenti in materia di decarbonizzazione, perché lo shipping è in grado di ribaltare sulla merce anche più di quanto queste misure gli costano
Lungi dal rappresentare un aggravio operativo, l’Ets sarebbe una fonte di reddito aggiuntiva per i liner globali del trasporto container. Lo sostiene un recente studio dell’Ong Transport&Environment.
“Un campione di oltre 500 viaggi da e per i porti europei mostra che in quasi il 90% dei casi, le compagnie di navigazione addebitano ai clienti più dei costi effettivi dell’Ets. In un caso estremo, la compagnia danese Maersk probabilmente guadagnerà più di 300.000 euro in più da un singolo viaggio” si legge in una nota diffusa per presentarlo.
Quanto all’auspicio di diversi paesi del Mediterraneo (Italia in primis) di esentare alcuni loro scali particolarmente soggetti alla concorrenza dei porti extraeuropei dirimpettai, T&E sostiene che “non dovrebbe essere usato come scusa per ridimensionare l’Ets. Infatti è improbabile che le compagnie di navigazione eludano l’Ets se in realtà ne traggono profitto”.
Ancorché poco significativo a livello statistico generale, il traffico registrato nei primi mesi dell’anno a Gioia Tauro – ritenuto fra gli scali più a rischio – pare collimare con le tesi dell’Ong. “L’indagine di T&E ha esaminato 565 viaggi di 20 navi diverse di ciascuna delle quattro maggiori compagnie di navigazione europee: Maersk, Msc, Cma Cgm e Hapag-Lloyd. Nel caso più estremo, in un singolo viaggio dalla Cina alla Germania, è probabile che Maersk realizzi 325.000 euro di profitti aggiuntivi.
Si stima che Maersk realizzi i maggiori profitti dalla sovrattassa, in media 60.000 euro per viaggio, seguita da Msc (25.000 euro), Hapag Lloyd (23.000 euro) e Cma CGM (14.000 euro). Sebbene i profitti per ciascun viaggio non siano sempre così elevati, per i vettori con centinaia di navi ciò rappresenta milioni di profitti aggiuntivi ogni anno”.
Secondo T&E per i liner è facile sovrastimare i surcharge, dal momento che il costo marginale sul singolo bene è quasi impercettibile, tanto che il fenomeno si ripete quale che sia la natura del sovraccosto, anzi a volte in modo più significativo: “I costi dell’Ets impallidiscono ad esempio rispetto ai surcharge legati al passaggio in Mar Rosso, teatro degli attacchi Houthi. In un caso analizzato da T&E sulle rotte effettuate dalla compagnia di navigazione francese Cma Cgm dall’Asia all’Europa, il costo dell’Ets rappresenta meno dell’1% del prezzo di un container, il surcharge Mar Rosso quasi il 18% del costo totale”.
Riconosciuto a Maersk l’impegno nella definizione “di piani ambiziosi per la produzione e l’utilizzo di carburanti alternativi”, la conclusione di T&E è che “il costo non è un ostacolo alla decarbonizzazione dello shipping, dato che le misure verdi più ambiziose aggiungono solo pochi centesimi alla maggior parte dei beni di consumo”. Un invito all’Ue a perseverare.
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