Niente Ires sui canoni di concessione fino a 2021 compreso per le Adsp
Sposando le tesi degli enti di Trieste, Cagliari e Palermo, la Cassazione stabilisce che la modifica imposta da Bruxelles non ha effetti retroattivi
Per i canoni di concessione incassati fino a tutto il 2021 compreso le Autorità di sistema portuale non devono versare allo Stato alcuna imposta sui redditi.
Lo ha ribadito nei giorni scorsi la quinta sezione civile della Corte di Cassazione con un ‘pacchetto’ di 8 sentenze gemelle riguardante altrettanti ricorsi dell’Agenzia delle Entrate contro la decisione delle commissioni tributarie regionali di Friuli Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia di non riconoscere soggetti ad Ires i redditi da canoni concessori realizzati dalle Autorità portuali di Trieste, Olbia e Palermo in diverse annualità della prima decade dei duemila.
Le sentenze effettuano una ricostruzione storica che arriva fino alla sentenza del Tribunale dell’Unione Europea dello scorso dicembre che confermò in larga parte la decisione della Commissione Europea di tre anni prima, in base a cui l’esenzione da Ires di tali redditi venne dichiarata incompatibile col diritto comunitario.
La Cassazione, tuttavia, ricorda come la Commissione abbia “qualificato l’esenzione dall’Ires come aiuto di Stato “esistente”, perché istituito precedentemente all’entrata in vigore dei Trattati Ue. Di conseguenza, ne ha disposto l’eliminazione, ma non il recupero”.
Tanto che, ricorda ancora la Cassazione, lo Stato intervenne, per sanare la propria posizione con Bruxelles, ancor prima della pronuncia del Tribunale, modificando la legge portuale in modo da prevedere l’imponibilità Ires dei canoni portuali percepiti in relazione alle concessioni demaniali, quali redditi diversi, ridotti del 50 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese: “La modifica normativa, per espressa disposizione, ha effetto per i periodi d’imposta che hanno inizio a decorrere dal 1° gennaio 2022 e fa salvi i comportamenti adottati anteriormente, prevedendo , comunque, che non si faccia luogo al rimborso di quanto già versato” ha ora sottolineato la Cassazione.
In conclusione, “dalla decisione della Commissione europea non può̀ ricavarsi l’obbligo per lo Stato italiano di recuperare gli aiuti già concessi, né per l’amministrazione finanziaria di recuperare a tassazione i canoni di concessione per i quali non è stato corrisposto il tributo” e “non rileva la nuova normativa, emessa dallo Stato italiano al fine di adeguarsi alla decisione della Commissione, perché essa si applica ai periodi di imposta dal 1 gennaio 2022 e fa salve le condotte anteriori”.
Da qui il rigetto dei ricorsi dell’Agenzia delle Entrate.
A.M.
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