In attesa di capire la nave del futuro la navalmeccanica italiana si concentra sott’acqua
Cantieri, fornitori e armatori a confronto su nuovi carburanti e nuove tecnologie per il trasporto marittimo di domani
Genova – Un’idea chiara e condivisa su quale sarà la migliore, o quantomeno la più diffusa, tecnologia per la propulsione marittima del futuro ancora non c’è ma, in attesa che si delinei un quadro più preciso e completo, il maggiore costruttore navale italiano concentra la sua attenzione futura anche sull’underwater.
La materia è stata oggetto di approfondimento in occasione del convegno intitolato “Futuro del trasporto marittimo: sfide, opportunità e tecnologie” organizzato da Comune di Genova e City of London e andata in scena presso villa Pallavicino delle Peschiere, quartier generale genovese di Lockton – P.L Ferrari, società di brokeraggio assicurativo P&I.
Analizzando le dinamiche geopolitiche e marittime attuali, Massimo Debenedetti, vertice della Research & Innovation naval business unit di Fincantieri, ha spiegato come “il cittadino medio adesso inizi ad avere consapevolezza della vulnerabilità del mare dopo avere scoperto l’importanza dei trasporti marittimi a seguito del sinistro che ha visto coinvolta la nave Ever Given nel canale di Suez. Ma la nostra sicurezza passa anche sotto il mare perché se i cavidotti venissero interrotti resteremmo senza internet. Ci siamo resi conto che il mare va difeso”. Anche per questo Fincantieri si aspetta una crescente domanda di navi militari perché “il mare è una risorsa vulnerabile da difendere”. Debenedetti ha evidenziato però che anche il dominio dell’underwater sta cambiando: “Abbiamo fatto analisi e conti secondo cui dal 2024 – 2030 ci sarà un volume di fatturato che arriverà a 400 miliardi di dollari: di questi, 90 miliardi sono riconducibili al settore della difesa, 250 alle energie rinnovabili, 15 all’oil&gas, 18 all’undersea mining e una parte all’Ict. Ecco perché l’altro pezzo di futuro che vediamo è nel dominio subacqueo”.
A tenere banco durante la sessione convegnistica dedicata a tecnologie emergenti e ingegneria navale sono stati però i carburanti del futuro, argomento sul quale ancora le opinioni degli esperti non convergono.
Ugo Salerno, presidente del Rina, ha menzionato il Gnl e il metanolo come alternative percorribili ma sottolineando che l’ammoniaca è la via più semplice per trasferire idrogeno a bordo seppure sia molto tossica e quindi richiede impianti e condizioni di sicurezza particolari. “A bordo delle navi – ha spiegato – rispetto ai tradizionali esperti di meccanica avremo sempre più personale con competenze in materia digitale e di gestione dei rischi. Il controllo tecnico da remoto delle navi, da terra, sarà un altro tema per il futuro che comporterà sfide importanti in tema di safety e trasferirà sempre più responsabilità dal ponte di comando agli uffici”.
Salerno è sempre stato un convinto sostenitore della propulsione nucleare e come lui la pensa anche Debenedetti guardando al lungo termine. “Le tensioni geopolitiche alimentano la domanda e ci chiedono di accelerare produzione e consegna delle navi. Da parte nostra cerchiamo di andare incontro a questa richiesta attraverso lo sviluppo concorrente, e non più sequenziale, della costruzione delle navi cercando così di massimizzare l’utilizzo della risorsa scarsa del cantiere che è lo scalo” sono state le parole del rappresentante di Fincantieri. A proposito di nuove tecnologie e sistemi propulsivi ha riferito poi che la sfida del gruppo “è quella di rendere massimamente flessibili le navi che si costruiscono. Integriamo a bordo delle navi dei generatori e dei motori in grado di funzionare con più carburanti (gasolio, metanolo, ecc.), nel medio-lungo termine celle a combustibile ma il problema è che l’idrogeno è difficilmente trasportabile e l’ammoniaca è tossica. Sullo sfondo vediamo come opzione la propulsione nucleare con un reattore che durerà per tutta la vita della nave” ha concluso Debenedetti, invitando a non sottovalutare l’impatto della digitalizzazione sullo shipping.
Parlando di nuove propulsioni nel navale, Gianluca Bononi ha afffermato che in Rolls-Royce Solutions Italia vedono il metanolo come carburante per il futuro: “Ci stiamo già lavorando per i nostri motori. Nello yachting ci sono anche soluzioni ibride già disponibili. Crediamo nei combustibili liquidi a bordo delle imbarcazioni (meno sui gassosi)”. Alessandro Sabbini, intervenuto per Eni, ha ‘promosso’ invece l’Hvo come fuel disponibile e sostenibile economicamente nel trasporto via mare: “Si integra perfettamente con le motorizzazioni esistenti così come con i depositi costieri per lo stoccaggio”.
Chi non ha ancora le idee chiare sul tema ma intanto si muove in tutte le direzioni diversificando gli investimenti è Augusto Cosulich, amministratore delegato della Fratelli Cosulich, che ha già puntato su Lng bunker tanker, su bettoline per il trasporto e la fornitura di metanolo e sta considerando la costruzione di una bettolina per ammoniaca. “Stiamo diversificando perchè gli armatori stanno facendo scelte diverse. Fra 5-10 anni – ha previsto – le navi che andranno a combustibile tradizionale saranno molto poche. Tutti gli armatori si riconvertiranno perché le sanzioni e il costo dei certificati metteranno fuori mercato le navi che consumano carburante tradizionale”.
Su tempi così brevi per assistere a un massivo phase out della flotta è parso scettico Stefano Messina, presidente di Assarmatori, secondo il quale la transizione verso nuovi carburanti e la sostituzione del naviglio (o quantomeno dei carburanti utilizzati nel trasporto marittimo) richiederà tempi più lunghi.
ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER QUOTIDIANA GRATUITA DI SHIPPING ITALY
Guerre, sanzioni, navi ombra ed Ets: consumatori e contribuenti pagano il conto