Wista Italy chiede che almeno metà delle port authority italiane abbiano donne al vertice
Fra il 2020 e il 2022 la percentuale di donne attive nel mondo dello shipping italiano è diminuita
In concomitanza con la Giornata Internazionale delle donne nel settore marittimo, Wista Italy ha proposto una riflessione sulla presenza femminile nel settore.
“Per parlare di disparità di genere – si legge in una nota dell’associazione – bisogna sempre iniziare dai numeri e bisogna ammettere che nel mondo dei porti, dei trasporti e dello shipping mancano anzitutto dati chiari, aggregati e rilevazioni periodiche che indichino la consistenza della presenza femminile nel settore. Stando ai dati disponibili, le donne mancano in modo ancora importante e crediamo sia necessario fare
finalmente un significativo passo in avanti. Le donne, per esempio, mancano ancora completamente nella governance delle autorità perché
attualmente su quindici Autorità di Sistema Portuale del Paese non abbiamo neanche una donna Presidente di Autorità e solo due donne Segretario generale.
Le donne segretario generale nel recente passato sono state sei: Marina Monassi a Trieste, Emma Mazzitelli a Savona, Claudia Marcolin a Venezia, Roberta Macii a Civitavecchia, Antonella Scardino a Venezia e Federica Montaresi alla Spezia e ci sono state due donne presidenti, Marina Monassi a Trieste e Carla Roncallo a La Spezia. “Forse in trent’anni di realizzazione della legge 84/94 si poteva fare qualcosa di
più” sottolineano da Wista. Per poi aggiungere: “Alla fine del 2024 ci saranno numerose cariche da presidente di Autorità Portuale in rinnovo e pensiamo che questa volta sarebbe il caso di cercare delle figure femminili qualificate per almeno la metà delle cariche in rinnovo”.
Il settore portuale, grazie ad Assoporti, realizza un censimento annuale dell’occupazione nelle tre categorie di imprese che la legge 84/94 ha stabilito che possano lavorare nei porti italiani: imprese che fanno operazioni portuali di carico, scarico, deposito e trasbordo (art.16), le cosiddette “compagnie portuali” che erogano manodopera alle imprese di cui all’ art. 16 (art.17) e le imprese previste dall’art. 18 ossia i
terminalisti che hanno in concessioni aree demaniali e le banchine usate per svolgere le suddette attività.
In questo ambito, il quadro della presenza femminile è molto limitato. Difatti, nel 2022 questo comparto economico contava 20.123 dipendenti ma le donne rappresentavano solo l’6,3% cioè 1.269 persone divise, in modo diverso, nei tre settori di appartenenza. Questa percentuale risulta addirittura diminuita rispetto alla stessa rilevazione del 2020; infatti tra il 2020 e il 2022, mentre gli addetti del settore sono compleissivamente cresciuti del 6,7%, la componente femminile è diminuita.
Piu’ precisamente:
nella categoria di lavoratori previsti dall’ art 16 della legge 84/94, le lavoratrici delle operazioni portuali nel 2022 erano il 6% cioè 480 ma sono diminuite del 15% rispetto alla rilevazione del 2020 quando erano 562;
tra i lavoratori di cui all’art. 17 della norma, le lavoratrici delle compagnie portuali nel 2022 erano l’1,7% cioè 45 e anche queste sono diminuite del 22% in due anni;
tra i lavoratori di cui all’art. 18, le lavoratrici dei terminal privati sono l’8% pari a 744 e queste, invece, sono aumentate del 21% in due anni.
Questi numeri, va detto, non sono omogenei in tutti i porti ma ci sono situazioni particolarmente virtuose e altre molto più indietro.
Nelle compagnie portuali le presenze femminili sono ancora molto rare; fa eccezione solo il porto di Livorno che vede un 20% di presenza femminile.
Guardando alle imprese di cui all’ art.16 e 18, invece, i soli porti nei quali la percentuale della presenza femminile è a doppia cifra sono nei porti liguri, del Tirreno, dell’Adriatico centrale e dello Stretto. Resta, comunque, ancora una presenza sparuta e poco omogenea.
Diversa, invece, la presenza femminile all’interno delle Autorità di Sistema Portuale, l’istituzione che regola e definisce il lavoro portuale dove le donne nel 2023 raggiungevano il 46% delle presenza arrivando alle 700 unità. Un numero interessante che rimane buono anche nelle posizioni apicali dove troviamo il 47% di figure femminili come quadri e il 31% di donne tra i dirigenti. Questi dati sono notevolmente migliorati negli ultimi tre anni. Resta il deficit nella massima posizione apicale.
“La richiesta che facciamo al mondo dello shipping – scrivono le socie di Wista Italy – è, in primis, di attivare e mantenere aggiornato un censimento sui dati aggregati del settore che metta in luce, ogni anno, la presenza femminile e i ruoli ricoperti dalle donne”. L’ultimo censimento sull’occupazione di questo settore risalga all’agosto 2019 quando Cnel e Inps hanno pubblicato uno studio che, per la prima volta nella storia del settore marittimo, fornisce il numero ufficiale dei lavoratori italiani e comunitari a cui si applica il Ccnl Confitarma (32.893 unità) e di quelli a cui si applica il Ccnl Fedarlinea (3.090), per un totale di 35.983 unità. Di questi, 8.117 rappresentano personale di terra e 27.866 personale imbarcato italiano/comunitario. Considerando le rotazioni necessarie a garantire i riposi a terra, rappresentano circa 38.000 marittimi.
“Se da da un lato tali dati confermano che grazie all’istituzione del Registro Internazionale (Legge n.30/1998) la bandiera italiana si colloca oggi al primo posto in Europa per marittimi comunitari impiegati (di cui la grande maggioranza sono italiani), dall’altro va sottolineato che quanti di questi siano donne è un dato che assolutamente non è noto né alle associazioni datoriali, né ai sindacati, né, tantomeno, all’Inps” sottolineano da Wista. Che poi ancora aggiunge: “Sarà il caso, quindi, di richiedere e lavorare a un censimento nazionale in questo senso perché solo studiando l’evoluzione del fenomeno si può capire come lavorare per la parità di genere o, in alcuni casi più realisticamente, alla mera presenza del genere femminile. Sono dati che dimostrano come, dopo trent’anni dalla fondazione, la presenza di Wista Italy sia più che mai necessaria, sentinella inamovibile della necessità di evoluzione del settore e, quindi, del Paese intero”.
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