Piero Silva: “Non demolire la vecchia diga di Genova prima che la nuova subisca una forte mareggiata”
Dal Consiglio regionale della Liguria arrivato l’ok a sottoscrivere un mutuo che garantisca i 57 milioni che servono per finanziare anche i lavori contestuali della seconda fase dell’opera
Come prevedibile, la maggioranza in Consiglio regionale della Liguria non s’è sfaldata e ha oggi approvato il finanziamento da 57 milioni di euro necessario a integrare le risorse statali recentemente stanziate per la realizzazione della seconda fase della nuova diga foranea del porto di Genova.
“L’opera ha un valore complessivo di 1,3 miliardi di euro ed è finanziata per 1,223 miliardi con fondi statali tra cui Piano Nazionale per gli Investimenti Complementari, Fondo Infrastrutture e legge n.56 del 2024. La differenza, pari a 77 milioni di euro, viene coperta col Disegno di Legge 179 con 57 milioni a carico della Regione Liguria e 20 milioni a carico dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale” ha spiegato una nota della Regione Liguria.
I dubbi relativamente all’esito di un voto che meno di un mese fa sarebbe stato scontato sono emersi nelle ultime due settimane, sulla scorta dell’inchiesta che ha portato alle misure cautelari a carico, fra gli altri, del presidente della regione Giovanni Toti e dell’ex presidente dell’Adsp del mar Ligure Occidentale e commissario straordinario per la diga Paolo Emilio Signorini.
A gettar benzina sul fuoco, inoltre, due note, redatte a cavallo dei fermi e rivelate da Il Secolo XIX, che il direttore dei lavori e il responsabile unico del procedimento (Giuseppe Galluzzo e Marco Vaccari) per l’appalto hanno mandato a Pergenova Breakwater, il consorzio appaltatore della prima fase (950 milioni di euro) guidato da Webuild.
Vi si lamenta perentoriamente e diffusamente una “fortissima preoccupazione” per il ritardo dei lavori e si richiama la responsabilità di Webuild nella decisione di procedere venerdì alla posa del primo dei 97 cassoni della diga (i blocchi di cemento dai 18 ai 34 metri di altezza che, poggiati sullo scanno di rocce, ne costituiscono la struttura portante e che diverranno 105 se sarà approvata la variante per l’accorpamento delle due fasi) senza prima aver concluso i test (“campi prova”) di tenuta geotecnica dei fondali.
Webuild non ha commentato ufficialmente ma ha circolato alle agenzie alcune informazioni che ufficialmente nulla smentiscono ma tentano di gettare acqua. Si segnala ad esempio la realizzazione di 3.800 colonne di ghiaia (propedeutiche al consolidamento del terreno) senza dire che ne sono previste oltre 70mila.
Il sindaco di Genova Marco Bucci, attuale commissario all’opera, ha invece derubricato a “consueta dinamica di discussione tra appaltante e impresa esecutrice” e di “ricostruzioni dei fatti sostanzialmente sbagliate” pur dicendosi “confidente che si possa recuperare il tempo perso” e che il Consiglio regionale voterà per il finanziamento alla fase due dell’opera (cosa oggi in effetti avvenuta).
Del resto la firma delle due note non è indifferente e pare segnare un ripensamento nei rapporti fra Adsp (stazione appaltante) e struttura commissariale, finora imperniati sulla piena uniformità di vedute. Galluzzo è infatti colui che Rina Consulting chiamò al posto di Piero Silva quando quest’ultimo, due anni fa, si dimise per il diniego di Signorini e Bucci di ascoltarne l’allarme su tempi e fattibilità geotecnica del progetto.
In vista dell’imminente posa del primo cassone in assenza di garanzie geotecniche (un’apposita celebrazione è prevista per venerdì 24 maggio) torna a pronunciarsi Piero Silva con questa intervista rilasciata a SHIPPING ITALY.
Cosa ne pensa Ing. Silva della posa del primo cassone, ora che l’Autorità portuale ha ammesso avverrà senza aver completato i test di tenuta dei fondali?
“La situazione è preoccupante. Malgrado gli innumerevoli segnali di problemi, si continua a non mettere le carte sul tavolo e a giocare col fuoco. Mai e poi mai si inizia a costruire un’opera marittima senza aver concluso positivamente le verifiche geotecniche.”
Cosa si rischia per l’instabilità dei fondali?
“Il collasso geotecnico: il crollo cioè dell’opera, che rischia di provocare un’onda lunga (dell’ordine dei 150 secondi) con conseguenze potenzialmente devastanti. Ci sono casi noti in letteratura, in primis quelli di Nizza del 1979, che fece anche diverse vittime, o Sibari nel 1977, il cui piccolo scalo fu fortemente danneggiato. Figurarsi cosa accadrebbe nel primo porto italiano.”
Uno scenario e un rischio in qualche modo ancora evitabile?
“Se proprio non ci si vuole fermare e ripensare il progetto, il minimo è evitare di demolire la diga vecchia prima che la nuova non sia sottoposta a una mareggiata importante, il più valido dei test. Ma è chiaro che si tratterebbe d’un ripiego, che non risolve il rischio di realizzare un’opera costosissima, inutile e con tempi molto più lunghi di quelli che si propagandano.”
Si potrebbe invece ancora fare qualcos’altro?
“Certo, anzi sarebbe doveroso! L’attuale progetto continua a esser propugnato senza vere ragioni tecniche, nell’incredulità dei maggiori esperti europei, dato che si potrebbe migliorare l’accessibilità nautica al porto con una diga realizzata su fondali meno profondi e più stabili. Bucci e Signorini hanno sempre opposto come pretesto il vincolo della Soprintendenza su 200 metri della diga esistente. Ma nessuno ha mai provato a discutere con quest’ente, in altre occasioni sensibile alle ragioni di porto e città, i vantaggi che il progetto alternativo garantirebbe a fronte del sacrificio del mantenimento in situ dell’attuale diga ottocentesca (peraltro preservabile diversamente).”
Quali sarebbero tali benefici?
“Innanzitutto i risparmi. L’attuale progetto non costerà meno di due miliardi di euro. A spanne, con una diga su fondali non superiori a 30-35 metri, tracciato possibile, si risparmierebbero circa 900 milioni. Una cifra che permetterebbe importanti interventi di sviluppo dello scalo, dall’elettrificazione piena delle banchine al miglioramento delle connessioni terrestri, tema particolarmente sentito a Genova.”
E in secondo luogo?
“L’incertezza geotecnica sarebbe come detto contenuta e l’abbattimento del troncone di vecchia diga consentirebbe di posizionare il cerchio di evoluzione (dove le navi fanno manovra nei porti ad ingresso unico, ndr) in un luogo migliore. E poi i tempi, aspetto su cui le menzogne sono ridicole e tragiche. Basta considerare le altre dighe a cassoni di realizzazione recente. A Nador, in condizioni di fondale decisamente migliori non s’è andati oltre i 350 metri l’anno come ritmo di costruzione. L’attuale progetto genovese, al netto di inconvenienti, non terminerebbe prima del 2036. Ridimensionandolo si potrebbe puntare al 2030.”
Ma perché allora continuare così?
“Fatico a spiegarmelo. Bucci è persona intelligente, non può non aver capito. Ma non si può nemmeno attribuire un simile errore e i possibili danni che ne deriveranno all’ego di una sola persona. D’altronde ad altre spiegazioni non voglio nemmeno pensare. Quel che mi preme è che un progetto cresciuto nella menzogna, torni nella verità: siamo ancora in tempo.”
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