Già saltato l’equilibrio del nuovo terminal crociere di Ravenna
Rccl ha chiesto all’Adsp di rivedere durata e tariffe. Silenzio dell’ente sul contratto criticato da Anac per lo squilibrio a favore del concessionario
Da poco incassato il via libera ai lavori, la nuova stazione marittima di Ravenna, il cui restyling l’Autorità di sistema portuale aveva affidato al nuovo concessionario (Ravenna Civitas Cruise Port, società controllata dal gruppo Royal Caribbean e partecipata dal fondo d’investimento Icon) con un contributo di 6 milioni di euro, è già fuori budget.
Lo si apprende dalla delibera con cui il presidente dell’Adsp Daniele Rossi ha autorizzato il responsabile di quel progetto, Daniele Petrosino, ad avvalersi del supporto della società inglese Steer Davies & Gleave Limited per il servizio di “Assistenza analisi del Pef (Piano economico finanziario, ndr) revisionato dal Concessionario”.
Si apprende infatti dalla delibera che alla fine dello scorso gennaio Rccp ha presentato un’istanza di riequilibrio del Pef, seguita un paio di settimane fa da una relazione tecnica, allo scopo di chiedere all’Adsp alcune non meglio precisate modifiche al documento sottoscritto sul finire del 2021, “volte a ripristinare l’equilibrio economico e finanziario e alla valutazione della proposta di revisione con specifico riferimento alla durata della concessione e alle tariffe”. In sostanza, a lavori praticamente da iniziare, i costi dell’opera si sarebbero rivelati significativamente più elevati del previsto, tanto da indurre la società a bussare alla porta dello Stato.
Per il resto bocche cucite, tanto dal concessionario quanto dall’amministrazione (“l’istruttoria è in corso”), pure sulle due delibere, menzionate ma non pubblicate, con cui a febbraio e aprile è stato modificato il bilancio preventivo del 2024.
Il contratto con Rccp era già finito a fine 2022 nel mirino dell’Autorità nazionale Anticorruzione, che aveva raccomandato all’ente alcuni correttivi, ritenendolo troppo sbilanciato a favore del concessionario, dal momento che, scriveva Anac, “il rischio resta, per la maggior parte, a carico del solo concedente in contrasto con la norma”.
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