Ancora limitato (0,1%) l’utilizzo delle idrovie italiane per il trasporto merci
Uno studio di The European House – Ambrosetti mostra come l’attività sia in crescita ma frenata tra le altre cose dalle dimensioni della flotta e dalla strutturazione degli incentivi
Il trasporto per vie navigabili interne vale in Italia per solo lo 0,1% delle merci trasportate, a fronte di una media europea (Ue27 più Regno Unito) del 5,6% e di punte del 42% nei Paesi Bassi, del 25,1% in Romania e del 24,4% in Bulgaria. Ciononostante il sistema italiano, presente nel Nord Italia, sta crescendo di importanza, con l’idrovia Fissero–Tartaro– Canalbianco–Po di Levante che ha riscontrato un incremento del 160% dal 2015 a oggi (per circa 1 milione di tonnellate di merce movimentate), grazie anche alla navigabilità assicurata durante tutto l’anno e all’apertura del collegamento con il porto di Chioggia.
A dirlo, il rapporto ‘La Rete Navigabile Italiana: una nuova risorsa per il Paese. Le opportunità offerte dall’ottimizzazione e dall’efficientamento del sistema idroviario del Nord Italia” realizzato da The European House – Ambrosetti (Teha) per Confindustria Veneto Est e Confindustria Mantova e presentato ieri all’interporto di Rovigo.
Secondo l’analisi, data la progressione, la crescita media decennale del valore aggiunto del settore del trasporto fluviale di merci è del 4,3%, superiore a quella di macrosettori di riferimento come il trasporto marittimo e fluviale di merci e passeggeri (+1,8%) e all’incremento del Pil italiano (+1,8%).
Lo studio ha rilevato anche come il trasporto integrato di merci abbia generato 94,9 milioni di euro di valore aggiunto nel 2022, occupando 1.790 dipendenti. Considerando però “l’attivazione di catene di fornitura e subfornitura sul territorio nazionale”, si sale a 4.117 occupati (diretti, indiretti e indotti), mentre l’impatto totale di questa attività (pure guardando a quello diretto, indiretto e indotto) sul Pil cresce a 351,1 milioni di euro, per effetto di un moltiplicatore economico di 3,7. Nell’insieme, conclude su questo punto lo studio, il sistema del trasporto integrato nel Nord Italia, esteso a monte e a valle, sostiene la generazione di 496,2 milioni di euro di valore aggiunto, circa il 3% del Pil delle Province di Mantova e Rovigo. Tra i principali cluster industriali serviti, particolare peso hanno quelli di agroalimentare, meccanica, metallurgia e tessile.
Una possibile ulteriore fonte di sviluppo per questa modalità di trasporto sarà rappresentata dalla produzione di idrogeno da fonti rinnovabili nell’Hydrogen Valley di Valdaro (nell’area di Mantova) e nell’Hydrogen Park di Porto Marghera, in quanto l’idrovia tra le altre cose potrà servire per la distribuzione dei nuovi combustibili nelle città industriali della valle del Po.
Sulla crescita del trasporto per vie navigabili interne – in particolare lungo l’idrovia Fissero–Tartaro–Canalbianco e l’Asta Navigabile del fiume Po – permangono però, secondo lo studio, alcuni “fattori ostativi”. Le critiche vanno in primis agli ostacoli normativi e in particolare alla strutturazione della misura dell’Idrobonus, tale che solo il 5,4% dei fondi previsti per il 2022 è stato effettivamente erogato (108.300 euro su 2 milioni). In particolare, secondo il report, i decreti di attuazione “hanno una platea ristretta di codici Ateco”, con il risultato che “i potenziali attori del cambiamento come le imprese manifatturiere, le imprese di logistica e di trasporti a tutto tondo, non hanno ricevuto appropriati incentivi da destinare alla cantieristica fluviale”.
Secondo tasto dolente, secondo l’analisi, è quello relativo agli incentivi per il carburante, validi solo per il trasporto di merci (e non il trasporto turistico) e in seconda battuta non relativi a sistemi di propulsione a idrogeno o combustibili Hvo. A questi limiti, lo studio aggiunge il fatto che “la distanza di navigazione promiscua si limita a un miglio dalla costa”, mentre “accogliere la richiesta di estensione a 3 miglia permetterebbe la riduzione di diverse rotture di carico”.
Inoltre, viene rilevato come la normativa del trasporto idroviario adotti “parametri tecnici per le navi e titoli professionali del personale impiegato non riconosciuti nelle acque marittime e viceversa”, per cui si rende necessario “un provvedimento normativo nazionale che renda compatibili i due mondi”.
L’analisi sottolinea poi come la flotta italiana sia mediamente di piccole dimensioni (7,5 mila tonnellate di merce trasportata per imbarcazione), circa un decimo rispetto alle unità olandesi. Rispetto ai carichi, si evidenzia inoltre che le acque del Fissero–Tartaro–Canalbianco–Po di Levante sono “navigabili con naviglio di V classe Cemt, salvo alcuni colli di bottiglia rimasti di IV classe”, che portano a una limitazione del carico pagante (in particolare per container e casse mobili). “La possibilità di superare il limite delle due file di container sovrapposti, portandola a tre, aumenta del 50% il carico attualmente trasportabile rispetto alla classe di navigazione IV, evidenzia lo studio al riguardo. Infine, una ulteriore criticità dell’idrovia Fissero–Tartaro– Canalbianco–Po di Levante è legata alla “manutenzione, volta a garantire un fondale costante lungo tutto il suo sviluppo con una lama d’acqua di almeno 3,50m”.
A fronte di queste criticità, l’analisi osserva però anche che gli investimenti programmati nell’infrastruttura potrebbero generare un giro d’affari aggiuntivo pari a 1,4 miliardi di euro entro il 2030, portando i volumi trasportati a crescere fino a 5 volte rispetto a quelli attuali, con una occupazione totale di 3.500 addetti. Per favorire questo scenario, l’analisi ha individuato sei linee d’azione prioritarie per rilanciare il settore. In primis, il superamento delle criticità normative che scoraggiano la scelta del sistema idroviario e che ostacolano l’integrazione con le leggi del sistema marittimo, soprattutto in riferimento alle acque promiscue e ai limiti doganali attuali per la previsione nell’idrovia Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante di un corridoio doganale dal mare ai porti interni. Relativamente agli incentivi, si chiede si inserirli in un piano di medio-lungo periodo allo scopo di favorire gli investimenti dei privati, attribuendo valore alla cantieristica fluviale. Fondamentale inoltre che il sistema idroviario sia integrato in un “ecosistema di trasporti intermodale”, soprattutto per carichi di dimensioni eccezionali. L’analisi evidenzia poi l’importanza della promozione della realizzazione di distretti industriali lungo la rete idroviaria che possano essere sinergici tra loro, così come di una pianificazione integrata e che preveda lo scambio di dati tra sistema di trasporto fluviale e marittimo. A queste azioni dovrà infine affiancarsi una attività di comunicazione e sensibilizzazione delle imprese verso le opportunità e i benefici offerti. Da ultimo lo studio invoca una pianificazione urbanistica maggiormente integrata e coordinata tra le aree adiacenti all’idrovia.
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