Banca Mondiale ancora severa con i porti container italiani
Savona-Vado a parte, l’organizzazione colloca in fondo alla sua classifica globale per efficienza delle performance Genova, La Spezia e Trieste
Quello di Vado Ligure (Savona) si conferma il più performante tra i porti container italiani, ovvero – in estrema sintesi – quello in cui in media intercorre meno tempo tra l’ingresso di una nave e la sua fuoriuscita dallo scalo dopo essere ‘stata lavorata’.
Lo evidenzia l’ultima edizione del Container Port Performance Index, che per il 2023 colloca lo scalo ligure in 36esima posizione, dalla 68esima dell’anno prima. Elaborato dalla Banca Mondiale su dati del programma S&P Global’s Port Performance, l’ultima classifica vede primeggiare Yanghshan, seguita da Salalah, Cartagena, Tanger-Med, Tanjung Pelepas, Chiwan, Cai Mep, Guangzhou, Yokohama e Algeciras, primo scalo europeo della lista globale, che chiude la Top Ten, migliorando quindi rispetto al 16esimo posto dell’indice 2022.
Savona a parte – scalo ad alto tasso di automazione grazie in particolare al terminal Vado Gateway, e che complessivamente nel 2023 ha gestito 360mila Teu – anche l’elenco 2023, come il precedente, non risulta molto benevolo con i porti italiani, in particolare verso alcuni scali di grande rilievo come Genova (319°), La Spezia (329°) e soprattutto Trieste (396° su 405 porti considerati).
Prima di entrare nel vivo della lettura dell’elenco, è utile ricordare che il Cppi si basa su dati del programma S&P Global’s Port Performance, che a sua volta fa uso di informazioni raccolte tre le 10 maggiori compagnie di trasporto marittimo di container, combinandole con i segnali Ais delle stesse portacontainer. Per l’edizione 2024, lo studio ha considerato come detto 405 scali (contro i 348 dello scorso anno), per un totale di 182.855 toccate nave (erano 156.813 nel report 2023). Il suo oggetto di studio è la permanenza di una nave in porto, ovvero il tempo che intercorre dal suo ingresso nello scalo fino a quello in cui si allontana dalla banchina, un intervallo che il report scompone in sei diverse fasi. Senza entrare nel merito delle molteplici considerazioni proposte, vale la pena evidenziare solo che le operazioni di carico e scarico, rileva lo studio, costituiscono “a sorpresa” in media solo il 60% del tempo passato da una portacontainer in un porto, cosa che suggerisce che margini per il miglioramento dell’efficienza vadano ricercati anche altrove. Nel merito della lavorazione, il Cppi osserva poi come fattori fondamentali siano il numero di gru dislocate e la velocità a cui queste operano e lega la durata di questa fase al numero di movimentazioni eseguite (il numero di Teu trasbordati). A incidere invece sul tempo di arrivo in porto (ovvero la fase che intercorre tra l’ingresso della nave nel bacino e l’ormeggio) l’elemento più significativo appare la dimensione della stessa nave.
Con queste premesse, come detto l’elenco vede come primo scalo italiano quello di Savona-Vado (36esimo), seguito a una distanza da Gioia Tauro (183°) e quindi da Ravenna (191°), Civitavecchia (200°), Salerno (218°), Palermo (241°), Ancona (245°), Bari (255°), Venezia (270°), Catania (297°), Livorno (306°), Genova (319°), La Spezia (329°), Napoli (339°) e infine Trieste (396°).
Il report propone poi sguardi più ravvicinati offrendo classifiche su base geografica e per volumi gestiti. Relativamente alla sola area di Europa e Nord Africa, il podio va nell’ordine a Tanger Med, Algeciras e Port Said, ma Savona figura già in quinta posizione. Bisogna però poi superare la 50esima posizione per trovare Gioia Tauro (53°), Ravenna (55°), Civitavecchia (58°) e così via. Disaggregando invece sulla base dei traffici annui gestiti, va detto innanzitutto come quest’anno la categorizzazione della World Bank in porti small, medium e large risulti coerente rispetto ai dati italiani (nello scorso, alcuni scali risultavano impropriamente attribuiti alla fascia media, tra gli 0,5 e i 4 milioni di Teu/anno). Anche quest’anno prevedibilmente non si ritrovano presenze tricolori in prima fascia (porti che movimentano oltre 4 milioni di Teu), mentre in seconda fascia (tra gli 0,5 milioni e i 4 milioni di Teu) svetta in decima posizione Savona, seguita sempre a distanza da Gioia Tauro (82esimo), Venezia (82esimo posto) e così via. I porti italiani restano infine nelle retrovie se si guarda alla classifica degli scali più piccoli (sotto il mezzo milione di Teu movimentati per anno), dove per trovare il primo, Ravenna, bisogna infatti scendere fino alla 66esima posizione.
Passando infine a una panoramica generale, l’analisi rileva come nel 2023 abbiano continuato ad affievolirsi gli effetti causati dalla pandemia da Covid-19, mentre altre criticità – crisi del Mar Rosso, siccità di Panama in primis – si stiano affacciando sul settore. Durante l’anno, la durata in media di una toccata di una portacontainer è stata di 40,5 ore, in aumento quindi sulle 36,8 ore del 2022. Circa l’11,7% del totale (ovvero 3,71 ore) è stato rappresentato da momenti di inattività all’ormeggio prima e dopo le operazioni di carico e scarico. Esiste pertanto secondo il report “l’opportunità di eliminare quasi quattro ore di ‘tempo portuale’ per ogni toccata a livello globale semplicemente attraverso una migliore pianificazione, preparazione, comunicazione e razionalizzazione dei processi. Questo tempo risparmiato equivale a più ore in mare, con conseguente riduzione della velocità di navigazione, minori emissioni di gas serra e risparmi sui costi per l’operatore della nave, il che sarebbe significativo per ciascun porto”.
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