Stop regionale al dragaggio di Porto Petroli a Genova e alla nuova diga di Vado Ligure
Negata l’autorizzazione allo sversamento in mare e bocciata la documentazione progettuale relativa alla seconda fase di realizzazione dell’opera. Adsp e Bucci intanto appellano la sentenza sui depositi chimici
Il dragaggio di Porto Petroli, il terminal petrolifero di Genova gestito da omonima società controllata da Eni, è stato di fatto bloccato dalla mancata autorizzazione da parte della Regione Liguria. L’intervento un anno fa era stato fortemente caldeggiato dagli agenti marittimi genovesi, costretti a loro dire a fare i conti con una ridotta accessibilità nautica per le navi cisterna.
L’operazione di escavo era così stata imbastita dall’Autorità di sistema portuale del capoluogo ligure, dopo che la Capitaneria di porto – si legge nella documentazione ora ottenuta da SHIPPING ITALY attraverso accesso agli atti – rilevò alcune “limitazioni dei pescaggi”, che hanno “ridotto in modo significativo l’operatività” del terminal, portando Porto Petroli, su sollecito appunto della clientela attraverso Assagenti, a chiedere ad Adsp di “ripristinare le quote di fondale atte a garantire l’ormeggio in sicurezza e senza vincolanti limitazioni per il naviglio normalmente destinato all’attività del terminal con conseguente ripresa per l’operatività dello stesso”.
L’ente elaborò quindi un progetto che prevedeva la rimozione di circa 15mila metri cubi di sedimento, inquadrandolo come spostamento in ambito portuale (che prevede analisi meno accurate di un escavo vero e proprio, rendendo più facilmente autorizzabile così la soluzione dello sversamento in mare della risulta) e chiedendo a inizio anno alla Regione il via libera per il conferimento in due fosse marine a circa 4 e 6 miglia nautiche da luogo di escavo, presso le due imboccature dello scalo.
Alla fine dello scorso maggio, però, è giunto il diniego da parte degli uffici regionali, nel frattempo finiti nel mirino della Procura di Genova coi colleghi di Adsp (indagine chiusa da poco con 8 indagati) per l’inquadramento come spostamento intraportuale (e la conseguente autorizzazione allo sversamento di fanghi non sversabili in mare stando alla normativa che avrebbe dovuto applicarsi, secondo gli inquirenti, data la mole in gioco) di un maxi dragaggio (oltre 700mila mc) di porto passeggeri e bacino di Sampierdarena.
Il motivo del diniego attiene però ad altra problematica, cioè l’incapienza delle fosse individuate come destinazione: “Dalla ricostruzione dei volumi conferiti in tali fosse dal 2019 al 2023 è emerso che il volume versato avrebbe dovuto esaurire la capacità iniziale di entrambe. I volumi disponibili riportati nella documentazione trasmessa e nei file dei due rilievi indicano invece una disponibilità residua. Tale contraddittorietà dei dati dei volumi conferiti e residui nelle fosse. non assicura l’assenza di dispersione del sedimento conferito e pertanto costituisce motivo ostativo al prosieguo della pratica”.
A tale rilievo, apparentemente superabile attraverso l’individuazione di soluzione alternativa (noto l’attivismo di Adsp in materia di dragaggi e riempimenti), l’Adsp – spiega il decreto regionale di diniego – non ha però presentato “alcuna osservazione”. Sicché il progetto di dragaggio parrebbe definitivamente tramontato, malgrado il tema continui a preoccupare gli operatori.
Se Porto Petroli (che a fine giugno registrava traffici appena superiori a quelli dei primi sei mesi 2023) ha preferito il no comment, Assagenti ha infatti ribadito la propria posizione: “Mesi or sono avevamo in questa ottica sollecitato l’Autorità di Sistema Portuale a compiere verifiche importanti sui pescaggi del Porto Petroli, segnalando il rischio cogente di una progressiva riduzione degli stessi. La nostra posizione non è mutata e ribadiamo la necessità di verifiche costanti sui pescaggi, nella piena fiducia nell’operato dell’Adsp”.
La port authority, da quando è stata ri-commissariata e affidata a Massimo Seno e Alberto Benedetti, ha ridotto all’osso ogni comunicazione con l’esterno e non è possibile trovare risposte ad alcuna domanda sull’operato dei nuovi vertici. Da capire se l’approccio sarà differente quanto a una seconda recentissima doccia fredda piovutale addosso proprio in queste ore dagli uffici della Regione.
Nell’ambito della procedura di verifica di assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale del progetto preliminare per l’allungamento della diga foranea di Vado Ligure, avviata innanzi al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, gli uffici tecnici della Regione hanno infatti comunicato che “lo studio preliminare ambientale non ha i contenuti minimi per consentire la valutazione del progetto”, inducendo quindi il Mase a chiedere integrazioni all’Adsp entro 30 giorni per poter procedere con la pratica.
Più nel dettaglio è entrato il limitrofo Comune di Bergeggi, eccependo la mancata considerazione dei “possibili impatti negativi” sulle grotte sottomarine della zona, (la cui recente alterazione strutturale sarebbe “verosimilmente dovuta al progressivo ampliamento dell’area portuale e industriale di Vado Ligure”) e “sull’evoluzione della linea di costa e delle batimetriche sotto costa nella zona tra Punta Bergeggi e Punta del Maiolo”, la mancata “individuazione di soluzioni o indicazioni su azioni/interventi di mitigazione che verrebbero adottati nel caso le attività di monitoraggio evidenziassero impatti non sostenibili dovuti alle lavorazioni” e la mancanza di “studi necessari alla valutazione dei possibili impatti e disturbi, nel corso delle fasi di cantiere, alle specie di interesse conservazionistico”.
Nel frattempo malgrado il cambio al vertice Adsp, insieme alla struttura commissariale guidata dal sindaco Marco Bucci (nei cui programmi rientra il progetto), ha proceduto – arrivate oggi le notifiche alle controparti – ad appellare la sentenza del Tar della Liguria che tre mesi fa ne aveva bocciato gli atti prodromici al trasferimento a Ponte Somalia dei depositi chimici di Superba.
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