Allarme di Costa Crociere per i certificati medici richiesti ai riparatori
Perso il ricorso contro il dispaccio del Ministero della salute che equipara ai marittimi i manutentori attivi in navigazione: “Si rischia di non poter garantire l’ordinaria e concreta operatività degli interventi manutentivi sulle navi”
“Il personale tecnico di manutenzione senza libretto di navigazione e imbarco a passaporto o altro documento di identità necessita del Clm (Certificato del lavoratore marittimo, ndr) e della visita preventiva d’imbarco se l’intervento è effettuato mentre la nave è in navigazione”.
La prescrizione è stata disposta a gennaio da un dispaccio del Ministero della salute e diramata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a tutti i comandi delle Capitanerie di porto e in sostanza equipara a dei lavoratori marittimi, ai fini delle autorizzazioni sanitarie, i tecnici delle riparazioni navali che le compagnie armatoriali ingaggiano per le manutenzioni da effettuarsi mentre la nave è in navigazione. Una pratica molto in uso soprattutto fra chi ha tempi rapidi di imbarco/sbarco e tende quindi a restare in porto per un tempo spesso inferiore a quello necessario ad una riparazione, cioè, in particolare le compagnie crocieristiche.
Non a caso la previsione – che nelle intenzioni dell’amministrazione chiarisce un orientamento normativo risalente al 2015 ma mai di fatto posto in atto – è stata impugnata da Costa Crociere, che nel ricorso ha paventato conseguenze serie dalla sua applicazione, introducendo “una rilevantissima modificazione nell’assetto tradizionale e consolidato dei requisiti per i tecnici di manutenzione, nei casi di interventi nel corso di navigazione, dal momento che tali figure dovrebbero munirsi del certificato del lavoratore marittimo e della visita preventiva di imbarco”, con i conseguenti gravi problemi operativi per la ricorrente, che non sarebbe in grado di reperire presso le società terze, delle quali si avvale per le prestazioni manutentive, soggetti in possesso dei menzionati requisiti, considerato, altresì, che l’intervento dei tecnici spesso riveste carattere di urgenza, incompatibile con le tempistiche necessarie a ottenere i certificati in questione.
In sostanza Costa vede “un rischio sostanziale e concreto di impossibilità di garantire l’ordinaria e concreta operatività degli interventi manutentivi sulle navi, compromettendo la possibilità di effettuare e svolgere con regolarità i servizi e le attività crocieristiche”, dal momento che “l’ottenimento dei due requisiti (Clm e visita preventiva di imbarco) richiede, allo stato, tempistiche non inferiori, indicativamente, a circa quattro/cinque giorni”.
Dal canto suo l’amministrazione “ha puntualizzato come la ratio della disposizione impugnata risieda evidentemente nella tutela della salute, atteso che, in un contesto internazionale, come quello odierno, in cui molti lavoratori e tecnici che vengono imbarcati dalle compagnie di navigazione, come pure affermato dalla ricorrente, provengono dall’estero, anche da aree extra UE, in cui sono endemiche o potrebbero esserlo certe patologie infettive, il non effettuare alcuna verifica di idoneità a salire a bordo, nonché il non escludere patologie infettive o acute in atto prima dell’imbarco, appare in contrasto con il principio di precauzione il cui necessario rispetto è ben noto all’esito di quanto avvenuto durante la pandemia da Covid 19; senza considerare che un qualsiasi medico competente non rilascia l’idoneità a lavorare bordo nave ma l’idoneità lavorativa sulla terraferma e, invece, a causa delle condizioni del mare e del conseguente aumentato rischio di vomito e nausea durante la navigazione, l’uso di determinati farmaci (i.e anticouagulanti, anti-epilettici, insulina etc) assunti normalmente per via orale per curare specifiche condizioni cliniche sulla terraferma potrebbe non essere possibile o addirittura controindicato a bordo nave ed è proprio per questa specificità e peculiarità del lavoro svolto ‘a bordo delle navi’ che esistono gli uffici Usmaf-Sasn e i medici fiduciari del Ministero della salute e, di qui, l’importanza per tutti coloro che salgono a bordo delle navi di essere sottoposti alle visite mediche dai competenti uffici e medici del Ministero della salute”.
Decisiva per la risoluzione della causa a favore dei Ministeri da parte del Tar di Roma la corposa disamina interpretativa della normativa internazionale alla base di quella nazionale, letta in termini antitetici dalle parti.
Costa ha infatti “dedotto, nella sostanza, che, come emergerebbe dalla normativa internazionale, comunitaria e nazionale nella specifica materia, i tecnici di manutenzione che operano a bordo delle navi in navigazione per un arco temporale di tempo ridotto e al solo fine di effettuare le necessarie attività di riparazione/manutenzione degli impianti non possono essere ricompresi nell’ambito dei lavoratori marittimi e, pertanto, ad essi non può legittimamente applicarsi la normativa specificamente riguardante il necessario possesso del certificato Clm e dell’attestazione di avvenuto espletamento della visita preventiva di imbarco”.
Per i giudici del Tar invece “è possibile evincersi la volontà del legislatore di estendere la nozione di lavoratore marittimo rispetto al passato e, pertanto, l’ambito applicativo delle convenzioni internazionali in materia per quanto attiene il profilo di interesse. I lavoratori marittimi non in possesso del libretto di navigazione e che, pertanto, imbarcano a passaporto (ossia con il solo documento di identità e non invece anche con un certificato rilasciato ai sensi della convenzione Swct che attesti il possesso dei requisiti per lo svolgimento della specifica funzione) devono, infatti, possedere un certificato che, anche se non necessariamente redatto in conformità alla Regola A-I/9 del codice Stcw, tuttavia, ne attesti l’idoneità ad esercitare l’attività lavorativa in mare, tenendo conto delle prescrizioni di cui alla predetta regola A-I/9 del codice Stcw”.
A.M.
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