Nessuno sconto a Caronte&Tourist per il rimorchio a Porto Empedocle
Inammissibile un ricorso che contestava modulazione tariffaria della Somat e obbligatorietà del servizio
Non cambierà, almeno per ora, il paradigma che disciplina l’attività di rimorchio ai traghetti nel porto di Porto Empedocle.
Lo ha sentenziato il Tar della Sicilia dichiarando un ricorso di Caronte&Tourist di inizio 2020, che metteva nel mirino da una parte l’applicazione da parte della concessionaria del servizio di rimorchio, Somat (gruppo Cafimar), delle maggiorazioni tariffarie previste da un’ordinanza della Capitaneria del 2018, e, dall’altra, la Capitaneria stessa, rea di un’interpretazione di una sua ordinanza del 1998 in base a cui l’obbligo del rimorchiatore sarebbe stato impropriamente esteso alle navi superiori alle 4.000 tonnellate di stazza lorda anche in caso non trasportino merci pericolose.
L’impugnazione, ha esposto la compagnia armatoriale, nasceva dalla revisione che Caronte stessa aveva avviato sulle fonti di costo dei servizi nei quali a partire dal 2016 era subentrata alla compagnia pubblica Siremar, fra cui appunto la linea fra Porto Empedocle, Linosa e Lampedusa. Ma proprio tale aspetto – il fatto che gli atti della Capitaneria impugnati nel 2020 fossero semplicemente confermativi provvedimenti ben più datati e mai contestati – ha orientato la scelta dei giudici.
“A fronte della contestazione, tanto dell’ordinanza n. 19/1998 sull’obbligatorietà del servizio in questione, quanto dell’ordinanza tariffaria n. 2 del 2018, l’Autorità marittima non ha fatto altro che confermare i propri precedenti provvedimenti (la cui legittimità peraltro non era mai stata contestata dalla Siremar, dante causa dell’odierna ricorrente), ai quali d’altronde si era ottemperato nel corso degli anni senza che mai fosse stata avanzata riserva alcuna. Le note impugnate con le quali l’Autorità marittima ha confermato l’interpretazione della propria ordinanza n. 2/2018 con la quale sono state determinate le tariffe per l’espletamento del servizio in questione, altro non sono che meri atti confermativi, di provvedimenti ormai divenuti inoppugnabili” ha sentenziato il Tar, dichiarando “inammissibile” il ricorso e assorbendo il merito delle censure.
A.M.
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