La fine dello sciopero dei porti in Usa si allontana e i vettori marittimi introducono surcharge
Mentre la Casa Bianca si schiera con il sindacato Ila, incrociano le braccia anche i lavoratori di alcuni terminal canadesi
Lo sciopero dei lavoratori nei porti affacciati sulla costa est degli Stati Uniti, iniziato ieri, entra nel vivo e all’orizzonte non si vedono segnali di una sua possibile conclusione in tempi rapidi. Di questo è convinto Lars Jensen, noto analista di mercato per Vespucci Maritime.
Questo pensiero l’esperto, pare di capire, lo ha maturato considerando la presa di posizione espressa anche ieri sul tema dalla Casa Bianca, la quale da tempo ha fatto intendere di non volere utilizzare nei confronti dei lavoratori la mano pesante, ovvero non fare uso del Taft-Hartley Act, con cui in teoria potrebbe imporre loro la fine dell’astensione dalle attività.
In una nota pubblicata nella giornata di ieri il presidente Joe Biden si è schierato apertamente dalla parte dei portuali, dicendo di avere “chiesto con urgenza alla Usmx (United States Maritime Aliance, ndr), che rappresenta un gruppo di carrier di proprietà estera”, di “sedersi a un tavolo” e presentare ai lavoratori della International Longshoremen’s Association una “offerta equa”, che assicuri una paga “appropriata”, in linea con il loro “incommensurabile contributo”. Ancora più duri i toni finali della nota, in cui Biden ha sottolineato che, mentre il paese sta “affrontando le conseguenze dell’uragano Helene”, “non è tempo per i carrier di rifiutarsi di negoziare un salario equo per dei lavoratori essenziali” mentre “accumulano maxi profitti”.
Da qui evidentemente la previsione di Jensen, secondo cui, a meno che la Usmx non faccia marcia indietro accettando le richieste della Ila, la conclusione dello sciopero sarà più questione “di settimane, anziché giorni”.
Nel frattempo, proprio alcuni dei vettori rappresentati dalla United States Maritime Aliance hanno annunciato l’introduzione di nuovi surcharge proprio in conseguenza dello sciopero. Msc ha varato un Emergency Operation Surcharge per spedizioni dal Nord Europa al Nord America (2.500 dollari per Teu dal 1 novembre, dopo i 1.500 dollari/Teu dal 1 ottobre) che si sommerà a un Peak Season Surcharge di 2.000 dollari/Teu dal 1 novembre sulla stessa tratta (dal 1 ottobre questo ammonta a 1.000 dollari/Teu).
Cma Cgm, così come One, ha invece reagito allo sciopero dichiarando lo stato di forza maggiore. Il vettore francese ha quindi segnalato che potrà inserire qualunque costo operativo aggiuntivo per la merce in viaggio in mare alla data del 1 ottobre e con destino un porto della costa est Usa o del Golfo del Messico. In aggiunta a questa applicherà un a Local Port Charge a partire dall’11 ottobre. Anche Hmm ha risposto introducendo un extra costo, nella forma di un Gri (General Rate Increase) di 3.000 dollari/Teu dal 1 novembre per carichi diretti verso le coste est di Usa e Canada.
Proprio dal Canada arriva nel frattempo una nuova sorgente di criticità. Anche i terminal di Maisonneuve e Viau del porto di Montreal, che insieme gestiscono circa il 40% del traffico container dello scalo, si sono infatti fermati da lunedì per uno sciopero di tre giorni che ruota attorno al tema degli incrementi salariali.
Secondo Jensen gli effetti di questo stato di crisi potrebbero tradursi nel giro di poche settimane in una crescita della congestione degli scali del Centro America e in una generalizzata diminuzione della capacità di trasporto per carichi in uscita dalle regioni di America Meridionale ed Europa. In queste stesse aree si potrà quindi anche assistere a un aumento della congestione dato che la merce destinata agli Usa potrebbe dover restare a lungo in attesa di una nave che la imbarchi a bordo.
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