Rixi svela la riforma: “Si parte del coordinamento delle Adsp. Porti Spa in stand by”
Il Viceministro prefigura con la Finanziaria la nascita di un nuovo soggetto centrale che coordinerà lo sviluppo infrastrutturale in banchina e affronterà sia i cambiamenti di mercato che i grandi player globali
Napoli – Dal palco del convegno di Assiterminal con cui si è chiusa la Naples Shipping Week, il viceministro alle Infrastrutture e Trasporti, Edoardo Rixi, ha alzato il velo sulla riforma portuale che verrà. L’esponente Leghista di Governo ha sottolineato che “oggi serve trovare il modo di gestire la portualità italiana con una proposta complessiva. Serve un soggetto che coordini e che indirizzi gli investimenti privati; l’obiettivo di tutti è quello di coordinare le attività delle Autorità di sistema portuale”. Oltre a ciò Rixi ha aggiunto: “Usciamo dall’ideologia privato o pubblico, sicuramente il controllo deve rimanere pubblico. Non possiamo metterci nelle mani di chi non controlliamo. Ma abbiamo bisogno di capitali da investire sul sistema logistico”.
Più precisamente, secondo il viceministro, la riforma dovrà toccare questi problemi: accelerare i processi autorizzativi per le nuove opere, avere la possibilità di fare in maniera più agevole interventi come i dragaggi, garantire infrastrutture nei porti che fino a ieri non erano strategici e mettere insieme scali marittimi e retroporti con reti interne. “Se poi riuscissimo ad avere anche proiezione verso l’estero questo ci garantirebbe di avere maggiore presenza nelle direttrici con diversi Paesi europei” ha aggiunto Rixi.
Un altro tema affrontato durante il suo intervento è stato quello dei vincoli posti dalle Soprintendenze ai beni culturali e al paesaggio: “In Italia quasi il 30% delle nostre superfici portuali sono bloccate dalle Soprintendenze. Ci sono problemi spesso ridicoli, secondo me un intervento legislativo anche su questo servirebbe. Forse sopra il Papa in Italia ci sono solo le Soprintendenze”. E ancora: “Non si può pensare che dopo 70 anni tutto debba essere vincolato, mi pare che di Cappelle Sistine dopo il secondo Dopoguerra ne abbiamo fatte poche”.
A margine del convegno il viceministro Rixi ha spiegato a SHIPPING ITALY ancora più nel dettaglio quale sia il modello di riordino della legislazione portuale che ha in mente.
Viceministro le linee guida della riforma portuale che ha in mente ormai sono piuttosto chiare ma come e quando si tradurranno concretamente in un provvedimento normativo?
“Per quanto riguarda le tempistiche (la riforma, ndr) dovrebbe essere un collegato alla Finanziaria, il che vuol dire che verrà fatta ovviamente l’anno prossimo e bisogna capire da quale aspetto partire.”
Da quale appunto?
“Credo che l’aspetto di creare un elemento di coordinamento fra le varie Autorità di sistema portuale sia il momento più facile da realizzare e forse anche il più utile per il sistema. Poi se fare le Adsp in forma di Spa o lasciarle così come sono è un tema che può anche aspettare perché oggi serve presentarsi a livello globale con un sistema che possa essere il primo a livello europeo. L’Italia può esserlo.”
Dunque l’ipotesi di Port Authority Spa può attendere?
“Sì, io sono per fare le cose con condivisione, evitando tensioni e divisioni; proprio perché se si vuole unire non bisogna partire dall’ideologia ma da quello che si può fare. Poi quello potrebbe essere un domani lo strumento per andare a prendere concessioni all’estero.”
Questo nuovo soggetto che immagina, una sorta di Puertos del Estado all’italiana, che forma avrà? Ente pubblico, Spa o altro?
“Bisogna deciderlo. A me piacerebbe di più se fosse una Spa, un domani anche quotata, ovviamente a controllo pubblico come può essere Fincantieri, che si occupi anche di ingegnerizzazione dei processi e di cantierizzazione delle opere nei porti. Noi abbiamo un problema cronico di mancanza di capacità e soprattutto di mancanza di affrontare i nuovi salti tecnologici futuri e presenti.
Nelle Autorità portuali spesso non abbiamo le capacità di affrontare temi come i nuovi carburanti, piuttosto che le nuove opere, e dobbiamo tutte le volte rivolgerci con appalti pubblici fuori. Non sempre, siccome si tratta di infrastrutture sensibili, è la soluzione migliore, anche dal punto di vista tecnologico e di resilienza dei sistemi.”
Con questo schema il Governo cercherà anche di attrarre capitali privati per realizzare nuove opere?
“I capitali vengono attratti anche dal nostro sistema portuale e dai servizi. I servizi di qualità li devono garantire le Autorità portuali e i singoli operatori. Poi l’altro tema da affrontare è quello di avere un soggetto, come Stato e Governo, che sia in grado di gestire i rapporti con player particolarmente importanti. Sennò noi lasciamo da sole le Autorità portuali ad attrarre investimenti che sono utili ma devono essere anche indirizzati in un’ottica di sistema Paese.”
In Italia non si rischia un eccesso di offerta portuale?
“Anche il tema del coordinamento fra le capacità dei terminal e del sistema logistico nazionale è un elemento. Se si continua a realizzare terminal in posti dove magari non è prevista nemmeno la ferrovia sarà difficile riuscire a fare trasporti via ferro. Sembrano cose banali ma fino ad oggi non sono mai state fatte.”
Possiamo fare qualche esempio?
“Ad esempio nel quadrante nord-ovest, da Livorno in sù, noi oggi abbiamo una mancanza di capacità di porti ma rischiamo, con le attuali progettazioni, di arrivare a un eccesso di capacità rispetto alle linee ferroviarie disponibili e nonostante si stia investendo in quella direzione. Per questo dico, ad esempio, che sulla Piattaforma Europa (di Livorno, ndr) bisognerebbe mettere già in utilizzo adesso i piazzali realizzati invece che attendere, come prevedrebbe il progetto iniziale, il completamento di tutta la piattaforma. Perché a noi oggi mancano piazzali ma, un domani che entreranno in servizio altri piazzali in altri porti, rischiamo che quella piattaforma lì poi rimanga vuota.”
Il coordinamento centrale si scontra con gli interessi locali…
“Per questo dico che c’è necessità di coordinare tutte le operazioni e questo oggi, con le regole che abbiamo, difficilmente lo può fare il Ministero perché la macchina pubblica è particolarmente rigida. Abbiamo bisogno di strumenti che possano essere operativi e che possano confrontarsi con la realtà del mercato e con le realtà istituzionali di vari enti in modo rapido, anche di fronte alle fluttuazioni di mercato. Abbiamo visto che sulle navi cambia rapidamente la tecnologia, cambia anche la geopolitica del sistema marittimo e questi sono temi che vanno affrontati anche con tempi relativamente brevi. La macchina burocratica italiana di solito dà la risposta quando tu sei già defunto e questo non va bene.”
Sulle nomine dei prossimi presidenti di Adsp ha già le idee chiare?
“No, le vedremo dopo il 28 di ottobre.” (giorno in cui si terranno le elezioni regionali in Liguria)
Come affrontare invece l’usanza di alcuni presidenti (fra gli ultimi Zeno D’Agostino e Mario Sommariva) che hanno scelto di concludere in anticipo il proprio mandato al vertice delle rispettive port authority per passare nel privato?
“Quello è un tema strettamente collegato ai compensi”.
Non si può dire che i presidenti di Adsp guadagnino poco…
“No, ma i compensi dei privati sono molto più alti. Chi va via in un anno guadagna quanto ha percepito durante tutto un mandato al vertice di un porto. L’altro tema è che nel pubblico si rischia molto di più che nel privato perché c’è tutta una serie di reati (dal peculato in avanti) che nelle imprese non hai. Il problema è anche la tutela che al funzionario pubblico manca anche da parte dello Stato. Questo è un tema che va affrontato perché riguarda anche la stessa Guardia Costiera quando recupera persone in mare e spesso i singoli operatori si trovano denunciati e a difendersi da soli in tribunale. Questo non può più essere così. Servono degli strumenti dove lo Stato difende i propri funzionari e rappresentanti.”
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