Anche la stagione 2025 a rischio limitazioni per le crociere a Genova
L’Adsp allunga di due mesi il termine dell’intervento che quest’anno costerà a Stazioni Marittime 200mila crocieristi, ma i rilievi ambientali (smaltimento, lungaggine del cold ironing, carenze documentali) rischiano di posticipare ulteriormente la disponibilità dell’accosto
Come nel 2024 (previsto un calo di 200mila unità), anche nel 2025 le crociere genovesi potrebbero non aver la possibilità di toccare i fasti dei 1,7 milioni di passeggeri movimentati nel 2023.
La causa è sempre la stessa: i lavori di ampliamento di Ponte dei Mille che precluderanno l’utilizzo dell’accosto di levante. Ma il quadro dei ritardi sta via via peggiorando. Una settimana fa una nota dell’Autorità di sistema portuale, in risposta ad una polemica intervista rilasciata a Primocanale da Edoardo Monzani, presidente del terminalista interessato Stazioni Marittime (gruppo Msc), ha svelato uno slittamento di due mesi del termine dei lavori finora previsto (e tutt’oggi leggibile sul sito dell’ente): non aprile 2025, bensì giugno 2025.
Ma la situazione ora potrebbe anche peggiorare.
Due giorni fa, col cantiere aperto per i lavori propedeutici da 7 mesi, nell’ambito della procedura di verifica di ottemperanza alle condizioni ambientali richieste dal ministero dell’ambiente per il rilascio, nel 2022, del parere di non assoggettabilità a Valutazione di impatto ambientale, gli uffici tecnici della Regione Liguria hanno infatti riscontrato nuove problematiche.
Una delle condizioni, in particolare, è stata formalmente giudicata come non ottemperata. E difficilmente appare possa essere ottemperabile. Si tratta della richiesta di “produrre un piano di cantierizzazione per il coordinamento del progetto di ampliamento della banchina di Ponte dei Mille con il progetto di elettrificazione delle banchine del terminal passeggeri”. Una sincronizzazione, insomma, dei due interventi in grado di “mitigare in maniera efficace le emissioni derivanti dalle navi durante lo stazionamento”.
L’Adsp, scrive la Regione, ha indicato che il progetto di elettrificazione “sarà in continuità con l’intervento oggetto dell’ottemperanza, non fornendo ulteriori dettagli circa le tempistiche di attuazione dello stesso, né cronoprogrammi di intervento”, con documentazione “che non consente di conoscere tempistiche chiare e definite”. Del resto, stando alle informazioni ufficiali pubblicate sul sito dell’ente portuale, il cold ironing non sarà pronto prima di marzo 2026.
Non è tutto.
Secondo le istruzioni impartite nel 2022 dal Mase, durante gli scavi si sarebbero dovute “adottare le opportune modalità operative e le necessarie cautele, a tutela dell’ambiente e della salute delle popolazioni esposte e dei lavoratori impegnati, per evitare la dispersione aerea delle frazioni fini delle terre e rocce contenenti, come già accertato, anche amianto”.
La Regione ha però eccepito una duplice discrepanza nei documenti messi a disposizione di Arpal: le due caratterizzazioni che normalmente si effettuano sulle terre di scavo, una più grossolana per valutarne le caratteristiche come rifiuto, una più sofisticata per valutarne l’utilizzabilità quali sottoprodotti, sono incongruenti fra loro, con la seconda che, paradossalmente, non avrebbe rilevato la presenza d’amianto. Per contro, invece, la prima “ha evidenziato una diffusa contaminazione da idrocarburi e idrocarburi policiclici aromatici”. Ragion per cui l’ente ha chiesto ad Adsp “un chiarimento in tempi brevi”, a prescindere “dalla procedura di verifica di ottemperanza” lasciata quindi giocoforza in stand by.
Se a ciò si aggiungono altre svariate carenze (in particolare sulla documentazione sanitaria richiesta al fine di precisamente valutare gli effetti emissivi dell’opera), prima del via libera ministeriale occorreranno quantomeno diverse integrazioni documentali, che rischiano di spostare in avanti il termine di un’opera già largamente in ritardo.
L’intervento infatti venne inserito dall’Autorità portuale nel programma straordinario – l’insieme di opere da realizzarsi, sotto la sua supervisione, con le stesse scorciatoie consentite al commissario per la ricostruzione del Morandi Marco Bucci – all’atto della prima revisione dello stesso, nel febbraio 2020, con una tempistica attagliata all’epidemia di Covid-19 allora ai primordi: col settore fermo, il momento era giusto per adeguare le banchine alle meganavi in costruzione.
Solo che, in analogia a quasi tutto il programma (che ex lege avrebbe dovuto chiudersi con tutte le opere realizzate a gennaio 2022), anche per Ponte dei Mille i superpoteri commissariali si sono rivelati utili per alleggerire le norme su concorrenza, trasparenza e tutela ambientale ma non per accelerare i tempi. Di slittamento in slittamento e malgrado in virtù proprio delle deroghe si sia proceduto senza una gara, l’appalto integrato da quasi 24 milioni di euro è stato con negoziazione aggiudicato (per 18,6 milioni) solo nell’agosto 2021 alla rodata accoppiata Technital-Fincosit (progettista ed esecutore), la stessa della nuova diga foranea.
All’epoca l’Adsp stimava di iniziare i lavori a gennaio 2022 per terminarli nel marzo 2023. A gennaio 2022, invece, è stato approntato il progetto definitivo (l’esecutivo arriverà solo a marzo 2024), quel tanto che bastava ad iniziare l’iter per verificare l’assoggettabilità alla Valutazione di impatto ambientale. Che, causa carenze documentali e necessità di integrazione, si concludeva solo a giugno 2022, con parere di non assoggettabilità condizionato al rispetto di alcune prescrizioni ante operam. I cui inciampi stanno appunto mettendo a rischio anche la scadenza di giugno 2025, senza che, a quel che risulti (l’ente non ci ha fornito ragguagli), Adsp abbia finora eccepito nulla all’appaltatore.
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