Il Ccnl porti non scalda i lavoratori dell’alto Tirreno
Nell’exit pool del voto sulla proposta di rinnovo contrattuale a Genova e Savona prevale il no, a Livorno e La Spezia l’astensione. Ma il sì è prospettato al 75-80% a livello nazionale, mentre Usb parla di consultazione illegittima
La mancata firma della delegazione genovese della Filt Cgil è stata un’interpretazione corretta della volontà dei lavoratori da parte dei loro rappresentanti: oltre il 73% dei votanti, su un campione di più di 1.300 portuali del capoluogo ligure chiamati a esprimersi sull’ipotesi di nuovo Ccnl porti recentemente sottoscritta dalle segreterie sindacali nazionali, s’è espresso negativamente, con un’astensione che avrebbe raggiunto quasi il 28%.
Il non voto è stata la scelta dominante a Livorno, dove quasi 7 lavoratori su 10 su un campione di oltre 1.000 persone hanno preferito non votare, anche se a pesare saranno solo gli ‘altri 3’ e il loro maggioritario (quasi 77%) appoggio al nuovo Ccnl.
Alto tasso di no accompagnato da forte astensione anche a Savona e La Spezia. Dalle prime indiscrezioni nel primo caso avrebbero votato 276 su 636 aventi diritto (43,4%), coi si prevalenti per 4 voti, mentre a La Spezia sarebbe rimasto a casa un portuale su due su oltre 1.100 aventi diritto, col si prevalente al 67% fra i votanti. Considerando i campioni di Genova e Livorno riportati nella tabella sottostante e i dati ufficiosi di La Spezia e Savona, di quasi 4.200 portuali aventi diritto, quasi 2.000 non avrebbero votato (più del 47%). Fra i restanti, il no avrebbe raccolto 49,3% dei votanti, il si il 46,8% e le schede bianche il 3,9%.
Secondo diversi interlocutori interpellati da SHIPPING ITALY , tuttavia nel resto d’Italia, il sì sarebbe maggioritario, tanto da esser stimato complessivamente intorno al 75-80%. Cifre che difficilmente potranno ribaltare il pronostico di una firma di tutte le sigle sindacali confederali a valle dell’incontro per la sottoscrizione definitiva, non ancora calendarizzato ma previsto per metà novembre.
Resta il dato di un contratto bocciato dai portuali degli scali che rappresentano il 25% dell’intero traffico merci nazionale, cui si aggiungerebbero, secondo indiscrezioni, altre significative ed eloquenti ‘sacche’ di astensione (in primis a Trieste, primo porto nazionale per tonnellaggio, dove si prospetta una percentuale di votanti largamente inferiore al 40%).
Un disagio diffuso, ben fotografato da un appello al voto contrario apparso poco prima del voto sul sito Giornate di Marzo, area programmatica d’alternativa in seno alla Cgil: “L’accordo dello scorso 8 ottobre non può che lasciare i lavoratori delusi ed esterrefatti. Dopo tanti sacrifici e una lotta dura, i sindacati hanno di fatto ratificato l’offerta iniziale dei padroni, la stessa offerta che aveva fatto scoppiare la rabbia dei lavoratori, spostando semplicemente 50€ dall’Edr ai minimi retributivi. Nel corso degli scioperi che hanno paralizzato i porti e messo in campo tutta la forza organizzata della classe operaia in un settore così cruciale, i lavoratori avevano chiesto un aumento salariale di 280€ lordi (18% sul quarto livello). Per quanto i sindacati si possano dire ‘molto soddisfatti’, l’accordo in ballo (150€ lordi + 50€ di Edr spalmati su 3 anni) corrisponde a poco più della metà di quanto chiesto e non riesce neanche a mettere gli stipendi al passo con l’inflazione. A questo si aggiunge la ‘paghetta’ umiliante di 120€ di welfare annui e un pagamento di 600€ una tantum diviso in 3 tranche”.
In attesa delle posizioni ufficiali di segreterie confederali e parti datoriali, una nota critica sulle prime risultanze del voto è arrivata da Usb Mare e Porti, che ha innanzitutto stigmatizzato di non esser stata fatta “partecipare al tavolo di rinnovo contrattuale”, a dispetto della soddisfazione “delle loro regole di rappresentanza”.
Usb ha citato il dato genovese con “922 no su 1.437 votanti, pari al 64,16%”, la massiccia astensione di Livorno, il caso di Trieste, “dove non ci sono dati ufficiali delle singole aziende ma solo il dato cumulativo con Monfalcone, dove ha prevalso il si al contratto, sebbene il no avrebbe prevalso nelle aziende più grosse come Adriafer, Tmt e Alpt”.
In attesa dei dati degli altri porti, per Usb “emerge una consultazione illegittima, un’operazione portata avanti senza un metodo comune e in alcuni casi senza neanche una votazione ufficiale, come nel caso di assemblee non chiamate, di assemblee chiamate senza verifica dei numeri, di votazioni senza quorum e altre amenità del genere. In ogni caso, emerge netto un vasto dissenso contro questa ipotesi di contratto nazionale, che manifesta insoddisfazione in particolare per il dato economico di un accordo calato dall’alto. Non ci illudiamo che le organizzazioni sindacali firmatarie trovino il coraggio e la decenza di riflettere su un dato di questa portata e siamo certi che l’ipotesi di Ccnl verrà ritenuta approvata nella peggiore tradizione sindacale di questo Paese”.
Secondo il sindacato di base, che ha preannunciato imminenti assemblee nei porti di Genova, Livorno e Trieste, “questo dissenso deve avere una prospettiva che porti a condizioni di lavoro migliori sulle banchine e impedisca il declino della portualità italiana”.
A.M.
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