“Con l’estensione del Registro Internazionale Italiano l’80% delle navi ha scelto la bandiera maltese”
Nell’ultimo anno 25 navi sono state iscritte nell’elenco dei beneficiari dei vantaggi fiscali italiani ma non batteranno il tricolore
Napoli – Ultima chiamate per salvare la bandiera italiana. Quello lanciato dal Ship Day organizzato alla Stazione Marittima di Napoli da Confitarma è stato l’ennesimo, ma forse il più incisivo mediaticamente, grido d’allarme lanciato dalla confederazione presieduta da Mario Zanetti per chiedere al Governo attenzione e interventi efficaci per rendere il Registro Internazionale Italiano delle navi competitivo almeno quanto lo sono altri registri concorrenti come quello di Malta.
Durante il “panel nave driver competitivo” alcuni numeri forniti da Nicola Coccia, presidente del gruppo tecnico Finanza e Diritto d’impresa di Confitarma sono stati emblematici: “Da dicembre scorso è andata a compimento la riforma che ha aperto i benefici del Registro Internazionale Italiano anche alle altre bandiere comunitarie. Da quel momento a oggi 25 sono state le navi iscritte nell’apposito elenco, pari a circa un milione di tonnellate di stazza lorda, e l’80% di queste ha scelto la bandiera di Malta (alcune erano navi che si sono trasferite dalla bandiera italiana mentre altre erano nuovi acquisti entrati in flotta”. È giunto il momento indispensabile – ha sottolineato Coccia – di sburocratizzare il Registro altrimenti il rischio è che fra qualche anno non ci siano più navi battenti bandiera italiana attive su rotte di traffico internazionale”. Le uniche navi che rimarranno sotto bandiera italiana saranno quelle attive sul cabotaggio nazionale.
Cosa significhi in concreto questo rischio lo ha illustrato in maniera netta e chiara Stefano Basso, Equity partner dello Studio tributario e societario Deloitte, sottolineando che “anche la Tonnege Tax sarà aperta ed estesa alle altre bandiere europee. L’Italia – ha rimarcato Basso – deve decidere quanto vuole pesare nel futuro della politica marittima internazionale. Rischiamo di mantenere le aziende in Italia ma perdere un peso politico internazionale”.
Il messaggio, forte e chiaro, arriva proprio mentre “è in corso ma non si vede la riforma della Tonnage Tax” per il prossimo decennio e il rischio è che “questo processo di rinnovo sia come la ristrutturazione di un palazzo antico, dove viene rifatta la facciata ma non sarà uno stabile anti-sismico”. Tradotto: la futura Tonnage Tax italiana rischia di crollare di fronte al terremoto generato anche dalla riforma della tassazione minima globale avviata in sede Ocse e che riguarda anche l’attività marittima, a cui è stata riconosciuta e confermata l’importanza dei benefici fiscali per competere a livello internazionale.
Introducendo i temi al centro del panel dedicato alla competitività del trasporto marittimo italiano, Coccia ha anche evidenziato come questa si sia spostata, a seguito di un perfetto allineamento dei costi, verso un confronto sugli oneri amministrativi e burocratici che sono a carico dell’impresa per la bandiera che innalza.
“Dopo la scomparsa del Ministero della Marina Mercantile – ha affermato – oggi la bandiera italiana deve confrontarsi con nove diversi dicasteri a vario titolo interessati. Si è creato recentemente un Comitato interministeriale (Cipom) che cerca di avere una governance unitaria e questa è una buona notizia ma abbiamo necessità prioritaria di sburocratizzare a livello normativa la bandiera italiana. Se non hai un certo peso come bandiera non conti negli organismi internazionali, in primis all’Imo (International Maritime Organization)”.
Il presidente del gruppo tecnico Finanza e Diritto d’impresa di Confitarma, ha infine ricordato come le prime cinque posizioni a livello mondiale per flotte iscritte siano occupate da registri di comodo, poi c’è la Cina e a seguire il primo paese comunitario risulta essere Malta; l’Italia è al 17° posto. “Malta ha 6 volte il tonnellaggio dell’Italia per navi iscritte perché ha saputo organizzare un registro moderno, digitalizzato, flessibile, ecc.” è l’amara conclusione a proposito del lavoro e del modello che l’Italia dovrebbe seguire ma che non sembra suscitare l’auspicato interesse a livello politico nazionale.
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Dieci richieste da Confitarma al Governo per salvare la competitività delle navi italiane