Fallito (per ora) un tentativo di rimozione del divieto di autoproduzione di operazioni portuali
Prossimo all’approvazione invece l’emendamento che consentirà di riempire i cassoni della diga di Genova con le terre di Sestri Ponente ricche di amianto e con i fanghi di dragaggio di La Spezia
Non è entrato nel testo della legge annuale sulla concorrenza, approvato ieri dalla Camera dei Deputati, l’emendamento che si prefiggeva di rimuovere il divieto di autoproduzione delle operazioni portuali da parte delle compagnie di navigazione.
A proporlo, prima in Commissione e poi in Aula, era stato il deputato Luigi Marattin, eletto con Italia Viva e poi passato al gruppo misto in occasione della fondazione del suo nuovo partito Orizzonti Liberali. L’emendamento Marattin si prefiggeva la riscrittura del comma 4-bis dell’articolo 16 della legge 84/94, cancellando la premessa, che consente l’autoproduzione solo “qualora non sia possibile soddisfare la domanda di svolgimento di operazioni portuali né mediante le imprese autorizzate ai sensi del comma 3 del presente articolo (cioè le imprese portuali autorizzate dalle Autorità di sistema portuale, ndr), né tramite il ricorso all’impresa o all’agenzia per la fornitura di lavoro portuale temporaneo” (cioè le imprese autorizzate in base all’articolo 17 della stessa norma).
Secondo indiscrezioni raccolte da SHIPPING ITALY l’emendamento potrebbe essere riproposto nel corso dell’iter di approvazione della Legge di bilancio.
Esito opposto, inevec, per un’altra norma di materia portuale. La Commissione ottava del Senato, infatti, ha approvato un emendamento all’articolo 5 del Decreto ambientale n.153 che affina la norma cosiddetta ‘salva diga’, seppur in una formulazione leggermente differente alla prima versione partorita dai tre deputati leghisti firmatari alcune settimane fa, e ad horas la modifica passerà al voto dell’assemblea di Palazzo Madama.
Grazie a questo intervento il commissario per la nuova diga foranea del porto di Genova, Marco Bucci, neopresidente della Regione Liguria, potrà applicare le deroghe consentite dal Decreto per il riempimento dei relativi cassoni non solo ai materiali rinvenienti dal dragaggio previsto dalla realizzazione stessa della diga e alla risulta della costruzione del nuovo tunnel subportuale, bensì anche “ai materiali provenienti dalle operazioni di dragaggio dei porti di La Spezia e Marina di Carrara”.
I piani per l’utilizzo di questi materiali andranno approvati dalle Autorità di sistema portuale di Genova e di La Spezia/Marina di Carrara, che dovranno concordare fra loro “modalità e i termini per il conferimento e il riutilizzo” dei materiali spezzini. Bucci dovrà chiedere il “parere vincolante” a Regione, Asl e Arpal (che avranno solo 15 giorni per il rilascio), ma potrà superare eventuali contrarietà semplicemente adottando i piani proposti dalle due Adsp. In tal senso, altra novità rilevante introdotta (già nell’originaria versione) dall’emendamento leghista è quella di poter far rientrare fra i “sottoprodotti” utilizzabili per il riempimento anche i “materiali geologici naturali e inorganici, idonei in termini di caratteristiche qualitative e granulometriche, derivanti da scavi in roccia oppure dall’escavo di substrati naturali appartenenti all’originale litorale o al fondale sottostante di pertinenza demaniale”.
Tutt’altro che un dettaglio, che si inserisce nella complessa dialettica, in seno di procedura ambientale innanzi il Ministero dell’ambiente, fra Adsp Genova e uffici tecnici della Regione Liguria in merito alla possibilità di utilizzare per il riempimento circa 220mila metri cubi di materiali rinvenienti dall’escavo di ciò che si trova al di sotto dei bacini dello stabilimento Fincantieri di Sestri Ponente, oggetto di un appalto (cosiddetto ribaltamento a mare) per la realizzazione di un nuovo maxi-bacino di costruzione.
I tecnici regionali hanno eccepito che per stabilire la qualifica di “sottoprodotti” (invece che di “rifiuti”) e quindi la possibilità di riversare nei cassoni quei materiali non possa essere utilizzata la norma relativa ai dragaggi di fondali marini (Dm 173/2016), perché quei sedimenti, “sin dagli anni ’60 ricoperti da materiale di riporto e dai manufatti che costituiscono gli attuali bacini, non sono più ascrivibili a un fondale marino che possa essere oggetto di dragaggio, in quanto le sue caratteristiche tessiturali (porosità e compattezza) sono state alterate”. Spia del problema sarebbe l’accertata e “poco indagata” presenza di amianto e nichel.
Anche nell’ultima versione del piano risalente agli ultimi giorni di novembre, invece, Adsp insiste nell’inquadramento come “materiale inerte geologico naturale mai interessato direttamente da attività antropiche”. Cosa che, per la qualifica di sottoprodotti ambientalmente compatibili, aprirebbe all’utilizzo del Dm 173, per il quale la presenza di amianto non rileva.
Raccogliendo l’input della Regione, a inizio novembre l’Adsp ha comunque approfondito la campionatura dei materiali. Su 15 campioni, uno risulta fortemente superiore al limite di compatibilità ambientale (1.000 mg/kg) e 10 sono oltre soglia, anche se l’Adsp li definisce curiosamente “non non conformità” in forza dell’incertezza della misurazione (che considerando la ‘quota’ negativa, fa rientrare il valore campionato sotto la soglia, pur spingendolo ben al di sopra per la ‘quota’ positiva di incertezza) ma soprattutto rimarca che in ogni caso tali “concentrazioni non pregiudicano l’opzione di gestione proposta di riutilizzo in mare in ambiente conterminato ai sensi del Dm 173/2016”.
Ora l’emendamento leghista taglierà la testa al toro, attribuendo in ogni caso (che li si consideri cioè rocce da scavo o materiali costieri naturali) la qualifica di sottoprodotti a tali materiali, consentendone così lo sversamento nei cassoni a prescindere dalla presenza e quantità di amianto contenuto.
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