Il marittimo di un’impresa di rimorchio non è tenuto al solo servizio portuale
Fratelli Barretta rende nota la vittoria in Cassazione sul ricorso di due dipendenti licenziati al rifiuto di prestazioni di lavoro in altura

“Il rifiuto dei marittimi di eseguire un servizio extraportuale costituisce un inadempimento contrattuale che giustifica il licenziamento”.
Lo afferma l’impresa di rimorchio di Brindisi Fratelli Barretta, a valle di due sentenze di Cassazione (dalla società diffuse, con nomi oscurati) che l’hanno vista prevalere, come nei precedenti gradi di giudizio, in merito ai ricorsi di due marittimi contro il licenziamento intimato loro, si legge nella sentenza, “in seguito a due contestazioni disciplinari irrogate per il rifiuto (in due momenti diversi) di eseguire prestazioni consistenti in lavoro fuori porto di Brindisi (cd in altura)”.
Secondo quanto ricostruito da Fratelli Barretta e confermato dalla suprema Corte, i marittimi avrebbero giustificato il rifiuto facendo appello al fatto che la concessione dell’impresa è limitata al servizio portuale. Per i giudici, però, “la valutazione dell’esigibilità della prestazione lavorativa deve essere condotta sulla base delle obbligazioni negoziali che vincolano le parti (e dunque sullo specifico Ccnl di categoria), non potendo invocarsi alcun tipo di forza vincolante all’atto amministrativo tra le parti in causa nella disciplina del contratto di lavoro subordinato”.
In particolare, ha sentenziato la Cassazione, “la possibilità di impiego della forza-lavoro in servizi extra-portuali non è esclusa, né direttamente né indirettamente, dagli artt. 327 cod. nav. e 172-bis cod. nav. (in materia di arruolamento per più navi dello stesso armatore)”, respingendo “la tesi del lavoratore circa la sola volontarietà delle prestazioni in altura, perché in contrasto con le disposizioni
contenute nella contrattazione collettiva di categoria”. Il Ccnl, infatti, prevede “la possibilità per l’armatore di adibire componenti di equipaggio ad un servizio diverso da quello per il quale sono stati imbarcati, purché non inadeguato al loro grado e qualifica, l’indennità per il servizio in altura, una procedura sindacale specifica per superare eventuali difficoltà nel raggiungimento di un accordo sui compensi per le prestazioni in altura”.
Infine la sentenza ha specificato che “il contratto di arruolamento, quale fonte del rapporto di lavoro stipulato tra l’armatore o proprietario di imbarcazione e il personale marittimo, non è condizionato dal contenuto della concessione marittima eventualmente esistente in favore dell’armatore”.
Per l’impresa pugliese “Questa decisione rappresenta un importante precedente nel diritto del lavoro marittimo, chiarendo i confini tra l’obbligo di obbedienza del lavoratore e i diritti dell’impresa, rafforzando la posizione delle imprese marittime nella gestione operativa del personale, richiedendo ai lavoratori flessibilità e rispetto degli obblighi contrattuali”.
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