Pechino contrariata dalla vendita di Hutchison a Blackrock – Til (Msc)?
La comparsa di un editoriale critico sull’operazione nella rassegna stampa di un organo amministrativo del Partito comunista cinese scatena la stampa occidentale

Diversi media occidentali, fra cui Reuters, riprendono una lettura originariamente offerta dal South China Morning Post (testata controllata dal colosso di e-commerce Alibaba) secondo la quale il governo di Pechino non approverebbe l’operazione di cessione di buona parte del business portuale del gruppo CK Hutchison di Hong Kong all’accoppiata formata da Blackrock e Til (gruppo Msc), operazione da 22,8 miliardi di dollari (record nel settore) svelata la scorsa settimana.
Sarebbe un segnale di tale contrarietà – e conseguentemente un’ombra sullo sviluppo di una trattativa ancora da definire – il fatto che il Hong Kong and Macao Work Office del Partito comunista cinese ha riportato nella propria rassegna stampa online di ieri un editoriale del quotidiano di Hong Kong Ta Kung Pao, ritenuto (dai giornali occidentali) filogovernativo. Editoriale in cui, però, si evidenziano per lo più fatti riconosciuti come tali pacificamente, a Pechino come qui.
E cioè che è stata la più parte della stampa occidentale a mettere in relazione l’operazione con i desiderata espressi da Donald Trump fin dall’elezione del novembre scorso in merito a Panama (a partire dal Financial Times, che ha riferito, non smentito, come il fondo, prima di muoversi, abbia informato il presidente Usa allora in pectore per sincerarsi del suo appoggio), tanto da esser pubblicamente plaudita dall’inquilino della Casa Bianca durante il discorso al Congresso tenuto il giorno dopo l’annuncio del deal.
E che la compravendita andrebbe interpretata come pendant delle iniziative daziarie abbozzate dall’amministrazione Usa in materia portuale e navalmeccanica, dichiaratamente ostili alla Cina, risultando quindi potenzialmente pericolosa per gli interessi commerciali dell’industria cinese. “Si può vedere che questa transazione è un atto di egemonia da parte degli Stati Uniti, che usa il potere nazionale per violare i legittimi diritti e interessi di altri paesi attraverso mezzi spregevoli come coercizione, pressione e induzione. È una politica di potenza confezionata come ‘comportamento commerciale” conclude il collega di Ta Kung Pao, facendo propria l’opinione di non meglio precisati commentatori sul presunto “tradimento di interessi cinesi” e sostenendo che le aziende “dovrebbero pensarci due volte, riflettere e valutare attentamente su quale posizione assumere e da che parte schierarsi”.
Che poi questa lettura corrisponda a quella del governo di Pechino è, quantomeno al momento, una ricostruzione dei media occidentali dato che, come riferito da Reuters, né Hong Kong and Macao Work Office né CK Hutchison hanno commentato la cosa e che nessun altro elemento – oltre a quanto detto – è stato portato a supporto di tale tesi, per quanto verosimile essa possa apparire.
A.M.
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