La Corte dei Conti certifica il fallimento del Pnrr sul rinnovo flotte green
Degli 800 milioni di euro inizialmente stanziati e gestiti da Mit e Rfi, verrà impiegato, salvo sorprese, il 13,5%

La cosa era nota, ma ora i numeri della Corte dei Conti la incorniciano in modo inequivocabile: le misure del Pnrr – Piano Nazionale Complementare per il rinnovo della flotta mercantile italiana, affidate a Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e in parte a Rfi, sono state un fallimento pressochè totale.
Gli 800 milioni di euro inizialmente stanziati nell’ambito del fondo complementare al Pnrr (500 per nuove navi green e retrofit delle esistenti, 220 per la filiera Gnl marittima e 80 per i servizi Rfi sullo Stretto di Messina) sono stati via via definanziati fino a scendere a 257,7 milioni di euro di stanziamenti attualmente disponibili. Secondo l’ultimo report dei magistrati contabili, gli “impegni” dovrebbero ammontare a circa 108 milioni di euro mentre, come mostra la tabella in pagina, le risorse finora effettivamente erogate sono state poco più di 43,6 milioni di euro (peraltro in almeno un caso, quello di Gnl Med, per un progetto che non ha ancora concluso l’iter autorizzativo e che pure s’è garantito un finanziamento complessivo di 21,6 milioni di euro).
Il risultato peggiore è quello del primo filone (capitolo 7605 nella tabella in pagina). La Corte riporta che “su 88 domande ammesse solo 38 sono divenute progetti pari a 47 milioni di contributi”, meno del 10% delle somme inizialmente previste. Di queste 38, appena 13 riguardano nuove costruzioni (5 concluse) e 25 interventi di retrofit (10 conclusi). A definire questo scenario, si legge nel report, “ha inciso in modo determinante la complessità di contesto esterno già rappresentata; a ciò si è aggiunto – elemento non trascurabile – l’elevato costo di riconversione della propulsione sul mercato europeo rispetto a quello asiatico (dumping); per cui gli originari accorrenti hanno preferito rinunciare alla domanda appena hanno realizzato che il contributo corrisposto, anche nel massimo importo, comunque non avrebbe consentito di recuperare il margine di dumping dei minori costi di riconversione, senza alcun contributo pubblico, sul mercato asiatico”.
Se lo stanziamento per la filiera del Gnl (capitolo 7603) è stato quello di maggiore appeal (6 progetti ammessi a finanziamento per circa 60 milioni, il 27,2% rispetto all’iniziale stanziamento), scadente è stato il risultato degli interventi pensati per Rfi sullo Stretto (capitolo 7505), dato che la società del gruppo Fs userà meno del 14% (11 milioni di euro) degli 80 milioni inizialmente previsti. Rfi, infatti, dopo aver modificato il progetto iniziale relativo ai mezzi veloci dual fuel gnl/elettrico in diesel/elettrico a causa del naufragato progetto (dell’Autorità portuale locale) di realizzare un deposito di Gnl a Messina, ha rinunciato del tutto all’investimento, “stante il silenzio del ministero circa la richiesta di modifica”.
E ha ridimensionato la prevista ibridizzazione dei mezzi esistenti (attuata quella delle navi Iginia e Messina e cancellata l’installazione di motori dual fuel su una terza unità di nuova costruzione, nuova costruzione che dovrebbe esser finanziata dal contratto di programma), mentre le restanti risorse impegnate saranno utilizzate per “la realizzazione di sistema di collegamento a terra, da utilizzarsi durante le soste in invasatura delle navi ibride”.
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