Prever (Naos Design): “Troppe norme (alcune errate) sulla sostenibilità creano incertezza tra gli armatori”
Secondo l’esperto ingegnere navale Roberto Prever l’India sarà la prossima frontiera della cantieristica navale. Fra i nuovi progetti anche un piccolo traghetto bidirezionale per Caronte&Tourist

Trieste – “Abbiamo dimostrato che in alcuni casi le normative sulle emissioni (Eedi in particolare) costringono a progettare navi che producono più CO2 di quanto potrebbero. Ma questa è la legge e cambiarla richiede tempo. Così, in questo clima di incertezza, dove nessuno sa quale sia la soluzione migliore, anche gli armatori prendono tempo. La nuova frontiera della cantieristica? Sarà l’India”.
Roberto Prever, è il presidente di Naos Ship and Boat Design, società di progettazione navale fondata nel 1993 con una particolare specializzazione nel campo delle navi ro-ro e ro-pax. Ha iniziato la sua attività principalmente progettando per il Cantiere Navale Visentini, ma si è progressivamente espansa nel mercato internazionale, con un fatturato che vale almeno il 50%.
Oggi è la capofila di un gruppo di uffici presenti in Italia, Spagna, Croazia e Svezia, con un totale di 40 persone impiegate. Investe nella ricerca e nei nuovi metodi di progettazione più del 15% del suo fatturato, e ha al suo attivo innovazioni in parecchi settori della progettazione navale.
SHIPPING ITALY ha intervistato il presidente di Naos Ship and Boat Design, l’ingegner Roberto Prever, per parlare di presente e futuro della progettazione e della costruzione di navi passeggeri.
Naos Design è conosciuta per il suo approccio innovativo; in quiesto momento quali sono le caratteristiche che distinguono i vostri progetti rispetto ad altri?
“Dipende intanto di che concorrenza parliamo. Noi stiamo lavorando su un mercato abbastanza internazionale. Facciamo progetti per l’Europa e fuori dall’Europa. Quindi la concorrenza alla fine non è tantissima perché siamo specializzati nel settore dei traghetti RoRo e RoPax. In Italia possiamo dire di non avere concorrenza proprio. All’estero ovviamente ne abbiamo, ma facciamo parte di un gruppo di cinque sei competitor al massimo; quindi, tutto sommato molto molto limitata e non è sicuramente una concorrenza agguerrita.
Ci distingue storicamente un po’ la nomea che ci siamo fatti sulla parte idrodinamica e dell’efficienza globale delle navi che abbiamo progettato, non solo perché siamo bravi, ma anche per le collaborazioni che abbiamo avuto sia con cantieri, come Visentini, sia con altri armatori, per cui siamo andati verso una strada di navi semplici ed efficienti. Non ci siamo mai occupati di aspetti come il lusso sulle navi da crociera o cose di questo genere. Noi abbiamo progettato sempre solo mezzi di trasporto dove l’armatore normale chiede efficienza, che vuol dire bassi costi di esercizio e buona capacità di trasporto”.
Proprio in termini di efficienza, di riduzione delle emissioni, quali sono le ultime soluzioni che avete adottato?
“Non ci sono delle singole soluzioni, la cosa su cui puntiamo è l’integrazione delle varie soluzioni, che è l’aspetto più importante, perché per guadagnare globalmente bisogna essere in grado di sapere che si può perdere un pochettino da una parte per guadagnare di più dall’altra.
Quando invece ci si concentra su singoli aspetti, spesso questa cosa viene meno. Per esempio le vasche navali, laboratori sperimentali di idrodinamica, sono specializzati solo nell’idrodinamica. Ma se io riduco il consumo di una nave del mezzo percento, per dire, ma trasporto tre camion di meno, cosa ho fatto? Probabilmente ho fatto peggio. Quel mezzo percento non mi compensa i tre veicoli che non riesco a trasportare perché non c’è lo spazio per infilarli, no? Quindi bisogna avere una visione veramente globale del progetto”.
La digitalizzazione e l’intelligenza artificiale stanno influenzando la progettazione navale?
“Il digitale sicuramente. Io sono stato uno dei primi in Italia a lavorare con l’informatica nella progettazione navale alla fine degli anni ’80, inizio ’90. L’intelligenza artificiale direi assolutamente nulla per adesso, anche se c’è chi sta cominciando a dire: ‘Faremo questo, faremo quell’altro’, ma adesso direi nulla di fatto ancora. Digitale sì, tantissimo, chiaramente vari software. Ad esempio, siamo gli unici in Italia a usare questo software, Dessault System 3D Experience, nel campo navale ed è avanzatissimo: è un pacchetto che permette di fare virtualmente tutto, curare tutti gli aspetti della progettazione navale, dalla struttura all’impiantistica, il calcolo strutturale, il calcolo idrodinamico, ecc., ma ancora con la testa dell’uomo dietro. L’intelligenza artificiale non può fare altro, per adesso, che imparare dall’intelligenza umana. E ci vorrà ancora un bel po’ e poi comincerà. Poi migliorerà, chiaramente. Sicuramente”.
Le normative Imo e le politiche europee sulle emissioni sono sufficienti per spingere il settore verso la decarbonizzazione?
“Sostanzialmente penso che, non è bello dirlo, ma penso che siano in una certa parte sbagliate. Sufficienti non lo so, sicuramente qualcosa fanno in quella direzione, ma in molti casi lo fanno in maniera troppo complessa e poco gestibile. Siamo stati anche a Oslo, al Dnv per discutere di un problema legato a una normativa dell’Imo, che è quella delle Energy Efficiency Design Index (Eedi), che è formulata in maniera erronea, cioè, spinge a fare delle navi che producono più CO2. Noi l’abbiamo dimostrato e il Dnv ha convenuto su questo fatto, ma ha detto: ‘Eh, ma è così, per cambiare, ci vogliono dieci anni’. I tempi dell’Imo sono lunghi”.
Invece in termini di alimentazione si parla di idrogeno, ammoniaca e altri nuovi carburanti: quali possono rappresentare il futuro?
“Sicuramente penso che la via da perseguire sia quella di carburante. Attualmente non c’è disponibilità dei carburanti sintetici… Allora, l’idrogeno per produrlo e stoccarlo ci vuole una quantità di energia che è circa quattro volte quella che produrrà in seguito. Quindi attualmente è una chimera, è giusto che si studino tutte le cose, è giusto che si facciano progressi, ma siamo ancora lontani. L’ammoniaca anche è un po’ simile a questo e poi è molto pericolosa per la tossicità. Noi abbiamo lavorato con la nostra sister company in Svezia, a Göteborg, che lavora da 20 anni sul metanolo e produciamo anche motori a metanolo, piccoli per adesso. Il metanolo è un ottimo combustibile da mettere a bordo perché non ha i problemi che ha l’idrogeno, che ha il Gnl perché è molto più facile da gestire, non ha bisogno di essere a temperature estremamente basse (-160 -250 gradi), ecc. Però non è classificato bene nella sua forma ‘grigia’ dalle nuove norme Fuel Ee che l’hanno ‘bastonato’ dal punto di vista delle emissioni globali. Cosa che, secondo me, al momento ne scoraggia l’adozione anche se nella forma “green” sarebbe ideale. Quindi sì, è molto importante lavorare sui combustibili sintetici perché i motori a combustione sono un ottimo sistema, perché il combustibile liquido è sempre il combustibile che ha maggior densità di energia per peso. E l’importante è fare combustibili che o hanno assorbito la CO2 in fase di produzione oppure non ne producano proprio. Però l’idrogeno lo vedo ancora piuttosto fantascientifico”.
Nei prossimi anni, quali pensa saranno i segmenti di mercato più promettenti, in cui vi vedete più impegnati?
“Penso che noi rimarremo sul trasporto passeggeri e rotabili, perché ritengo sia un settore che durerà sicuramente parecchi decenni. Finché esistono automobili, camion sulle strade, esisteranno le navi che le devono trasportare. Quindi penso che rimarremo in quel settore. La parte degli yacht l’abbiamo vissuta e ci abbiamo lavorato per molti anni, ma non è più di nostro interesse sostanzialmente”.
Voi avete iniziato lavorando con il Cantiere Navale Visentini ma ora la stragrande maggioranza delle navi passeggeri viene costruita in Cina. Come avete affrontato questo spostamento del mercato?
“Bisogna distinguere la progettazione della costruzione. Ci siamo mossi anche noi verso la Cina. Abbiamo fatto navi in Cina, ne stiamo facendo anche adesso, in questo momento. La cantieristica si è sempre spostata dove costa meno; la cantieristica è un lavoro di basso valore aggiunto. Qui sta in piedi grazie al Bangladesh, tutti lo sanno. E nessuno si sognerebbe di fare un cantiere navale a Montecarlo. Si va dove conviene costruire e il prossimo Paese sarà l’India. Dicono tutti che l’India diventerà la prossima Cina”.
Ma in Cina non è più tutto come prima a livello di prezzi…
“No, è cambiato molto, è cambiato moltissimo. È cambiato tutto il mondo dal 2019 in una maniera pazzesca. Noi abbiamo fatto fare una piccola nave della Siremar in Turchia: è stata contrattata a suo tempo, non tantissimi anni fa, mi pare nel 2019, a 40 milioni. Quando gli è stata chiesta un’offerta per una sorella gemella, tre anni dopo, erano diventati più di 60 milioni. Anche la Cina ha avuto una progressione e non sono più i tempi di fare questi affari. Sicuramente costa meno che in Europa, però il gap si è ridotto”.
I vostri armatori arrivano da tutto il mondo, è riconosciuto il made in Italy in questo settore?
“Nel mondo c’è l’idea diffusissima che una qualsiasi cosa fatta in Italia sia fatta bene. Questo è sicuro. Nel mondo delle navi commerciali, diciamo, un po’ meno, anche perché purtroppo la cantieristica di navi commerciali che non siano le navi della crociera o yacht, in Italia è sparita, è rimasto solo Visentini”.
Rispetto a dieci anni fa, come sono cambiate le richieste degli armatori?
“Gli armatori negli ultimi dieci anni sono tutti alle prese con questa follia della transizione ecologica, per cui nessuno sa come fare una nave. Se usare ammoniaca, pensare alle batterie, pensare al metanolo, nessuno lo sa. Questo sta bloccando tutto e adesso sta succedendo una cosa paradossale: si sta tornando indietro, alla nafta pesante con gli scrubber, perché nell’incertezza totale torno su una cosa che so che mi permette, con lo scrubber, di essere conforme ai regolamenti e di spendere poco di combustibile. Poi adesso, con questa tassazione sulle quote di emissioni di CO2 (l’Ets, ndr), uno che avrà una nave così in esercizio (un traghetto passeggeri, ndr) dovrà pagare un milione e mezzo, due milioni di tasse all’anno solo per le emissioni di CO2, che non è pochissimo”.
A quali progetti state lavorando?
“Stiamo lavorando a tre diversi progetti di navi per la compagnia Stena, di tre taglie diverse, una passeggeri e due di tipo solo carico, una molto grande e una intermedia. Poi stiamo seguendo Visentini per le nuove costruzioni che ha in programma. Stiamo seguendo un armatore italo-francese, Corsica Ferries e stiamo seguendo una compagnia armatoriale greca che deve fare dei nuovi traghetti da 2.000 passeggeri. È un progetto che ha una gestazione piuttosto lunga, perché è già un paio d’anni che ci stiamo dietro, in buona parte a causa di questa incertezza. Perché anche se tu dici: ‘Va bene, ho deciso che il combustibile migliore è il metanolo, lo trovo al Pireo il metanolo? Quanto mi costa? Poi quando sono andato a Creta, lo trovo a Creta?’. Stessa cosa anche il Gnl che ha preso un po’ piede su certe rotte, ma nel Mediterraneo pochissime. Con Caronte&Tourist/Siremar, che è un nostro cliente, stiamo progettando un altro traghettino bidirezionale piccolo, da 100 metri, alimentato anche a gas”.
Dopo il debutto a bordo di Gnv Bridge, qual è il futuro delle vele per le navi? Dove le vedremo?
“Sì, c’è molto futuro. Adesso stiamo sviluppando la nuova versione del nostro progetto, quella era la primissima versione embrionale. Ora abbiamo sviluppato una versione che ha un’efficacia maggiore del doppio, due volte e mezzo quella originale, a parità di superficie. E siamo in un progetto cofinanziato da Regione Friuli Venezia Giulia e Comunità Europea e che è iniziato a ottobre scorso e vedrà la luce fra 12 mesi circa qui a Trieste, con il prototipo in full scale in zona portuale, che sarà installato a terra, in una zona esposta al vento, in modo da poter prendere tutte le misure di forza ecc. e trovare tutti i difetti, i perfezionamenti possibili. Sarà una torre di 36 metri, già abbastanza impegnativa. Comunque, di futuro ce n’è molto, anche se questo futuro è un po’ drogato perché alcune di queste norme, sia Imo che europee, danno dei benefit nel caso di utilizzo di sorgenti alternative. Questi benefit, a rigor di logica, dovrebbero essere parametrati sul reale risparmio che ti fa fare questo device. Invece una parte è calcolata sul reale risparmio, una parte è forfettaria: basta che sia installato a bordo”.
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