Canale di Suez: i timori di un lungo stop, le soluzioni al vaglio e i rischi per i commerci internazionali
Nonostante nelle scorse ore l’agenzia marittima locale Gac abbia fatto circolare un messaggio rassicurante sul fatto che nel brevissimo termine l’incaglio della nave Ever Given sarebbe stato risolto, la portacontainer da oltre 20.000 Teu che da un giorno e mezzo ormai è insabbiata all’imboccatura sud del canale di Suez rimane immobile. Tutto ciò nonostante da […]
Nonostante nelle scorse ore l’agenzia marittima locale Gac abbia fatto circolare un messaggio rassicurante sul fatto che nel brevissimo termine l’incaglio della nave Ever Given sarebbe stato risolto, la portacontainer da oltre 20.000 Teu che da un giorno e mezzo ormai è insabbiata all’imboccatura sud del canale di Suez rimane immobile. Tutto ciò nonostante da ore lo scafo sia ‘circondato’ da una decina di rimorchiatori che tentano a turno e in maniera coordinata di rimettere la nave in posizione corretta per consentirle di tornare in galleggiamento. Le operazioni di salvataggio sono state affidate alla società olandese Smit e alla giapponese Nippon Salvage Co. La nave è infatti operata commercialmente dalla compagnia di navigazione taiwanese Evergreen ma è di proprietà della società armatoriale giapponese Shoei Kisan Kaisha, mentre la gestione tecnica è curata dalla Bernhard Schulte Shipmanagement (Bsm).
E’ stata proprio quest’ultima società a smentire le notizie secondo cui l’emergenza sembrava già praticamente risolta e spiegando come invece lo scafo non si sia ancora mosso. Poco chiare sono anche le cause dell’accaduto: escluso (ufficialmente) il guasto meccanico, Evergreen ha attribuito al vento la responsabilità dell’uscita ‘fuori pista’ anche se molti addetti ai lavori rimangono perplessi di fronte alla spiegazione che una nave di tali dimensioni e a pieno carico possa subire un effetto tale per 30 nodi di vento (condizione nemmeno troppo inusuali lungo quella via d’acqua).
Il primo effetto a cascata di questo incidente è l’attuale coda di almeno un centinaio di navi rimaste ferme all’imboccatura nord e sud del canale egiziano non potendo proseguire con la navigazione (né fare ‘marci indietro’). Si tratta della prima volta nella storia che una portacontainer ultra large di ultima generazione e di queste dimensioni rimane incagliata in questo tratto di mare. In anni recenti (nel 2016) era successo ad esempio a due navi di Msc (Msc Fabiola da 12.500 Teu) e di Maersk (Maersk Shams da quasi 10.000 Teu) me nell’arco di una giornata era stato possibile rimediare al problema e consentire la ripresa dei transiti.
Ad oggi nessuno si sbilancia a prevedere quanto tempo possa richiedere il disincaglio della Ever Given anche se il caso simile della portacontainer Cscl Indian Ocean avvenuto lungo il fiume Elba nel 2016 (che però non era non sabbioso) aveva richiesto 6 giorni di tempo per liberare la nave. Nei prossimi giorni è atteso un rialzo della marea che potrebbe contribuire positivamente alle operazioni di salvataggio così come pare che siano in arrivo una o due draghe per approfondire maggiormente parte del fondale attorno alla nave disegnando un cerchio attorno allo scalo al fine di agevolare l’operazione di rimessa in galleggiamento. Una soluzione che però richiederà non poco tempo. A questo proposito hanno già fatto il giro del mondo le prime immagini della ‘piccola’ scavatrice che cercava già di liberare la prua della nave operando su un lato degli argini del canale.
Altra possibilità al vaglio dei tecnici, nel caso il disincaglio dovesse rivelarsi un compito arduo, è quella di alleggerire la nave di una parte del proprio carico di container (a bordo ci sono oltre 10mila box). Questa soluzione richiederebbe tempi abbastanza lunghi (settimane) e significherebbe mantenere in canale di Suez chiuso troppo a lungo.
In queste ore gli armatori di tutto il mondo con navi che avrebbero in programma di passare dall’Oceano Indiano al Mediterraneo (o viceversa) si trovano a dover decidere se ordinare ai propri comandanti di circumnavigare l’Africa doppiando il capo di Buona Speranza oppure optare per il passaggio nel canale liberato. Una scelta, la prima, che comporterebbe costi maggiori (in primis di carburante, anche se consente di risparmiare la tariffa di transito) ma che, se il blocco del canale dovesse prolungarsi (così come la coda di navi in attesa), si rivelerebbe vincente al fine di limitare i giorni di ritardo per l’arrivo a destinazione. Circumnavigare il continente nero richiede infatti circa una settimana in più di navigazione.
Molto dipenderà dunque da quello che avverrà nelle prossime ore con i tentativi e la strategia di salvataggio che la compagnia marittima asiatica deciderà di attuare. Un blocco prolungato del canale di Suez avrebbe certamente un impatto sui traffici marittimi mondiali e sugli scambi commerciali, quantomeno in termini di tempi e costi maggiori. Basti pensare che nel solo mese di febbraio appena trascorso sono transitate lungo questa via d’acqua 1.519 navi, di cui 392 erano portacontainer (una media di 50 navi al giorno, di cui 14 boxship). Il noto analista di SeaIntelligence, Lars Jensen, ha stimato in circa 55.000 Teu il volume di container che ogni giorno transitano attraverso il canale di Suez dall’Asia all’Europa.
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